martedì 3 settembre 2013

Perché Lorenzo non ha fatto flop


Lorenzo Cherubini.
Il concerto di Lorenzo Jovanotti (il montaggio della sua tournée, con il titolo Lorenzo negli stadi) ha raccolto su Raiuno circa 3 milioni di spettatori medi. Secondo qualcuno è stato un flop. Ma in realtà flop non è stato. Perché grazie a Lorenzo Cherubini Raiuno ha rotto l'isolamento rispetto a fasce fondamentali della popolazione attiva (raccogliendo il 17% sui ragazzi dai 15 e i 24 anni, ad esempio, e oltre il 17% tra i laureati. A cui andranno aggiunti tutti quelli che vedranno il programma grazie a rai.tv, dal loro pc o dal loro tablet).
Tutto bene allora? Per moltissimi spettatori di Raiuno l'esperienza, anche solo l'esperienza visiva, delle due ore di Jovanotti sarà stato una specie di shock culturale. In pochi istanti lo zoccolo di Raiuno è passato da un linguaggio televisivo tradizionale, che non ha avuto particolari evoluzioni rispetto alla memoria degli anni ottanta, all'alfabeto post-televisivo proprio della generazione che fruisce il video principalmente sul computer. Da una narrazione tradizionale, spesso basata sulla mistica della diretta (una mistica molto latina e quasi sconosciuta in gran parte del mondo) ad un racconto pieno di ellissi, non solo visive. 
Forse il mix audio, che sembrava più adatto ad un impianto stereo che agli orrendi altoparlantini degli odierni televisori, non avrà sempre aiutato (non accentuava la gamma sonora più adatta a creare emozione su diffusori da poco prezzo). E forse la strepitosa esperienza visiva che Lorenzo e il gruppo dei Ragazzi della prateria sanno creare durante i concerti grazie alle kinect e ad altre tecnologie non ha lo stesso impatto quando la segui in un video, tra l'altro ovviamente ed esplicitamente post-prodotto. E forse si potevano rendere più narrative le due ore di cammino con Lorenzo e l'emozione on the road del suo tour.
Ma il punto vero è se un canale family come Raiuno debba o non debba allargare il suo uditorio anche a quel pubblico centrale, quello che "si pesa" e non solo "si conta", che da tempo se ne è abbastanza distaccato. Sapendo bene che rinnovare il patto con quel pubblico non significa per Raiuno solo lanciare segnali in occasioni specifiche, ma anche rinnovare complessivamente, anche se cautamente, il suo linguaggio.
Si avvicina l'anniversario del 60 anni della tv italiana: quando la Rai mandò in onda Lascia o raddoppia, 58 anni fa, tre quarti degli italiani parlavano in dialetto e seguivano a fatica la lingua nazionale. La Rai non mandò in onda 20 programmi in 20 dialetti diversi, preferì spostare in avanti l'asticella. E fece del bene all'Italia. Prima o poi bisognerà ricominciare.

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