lunedì 28 gennaio 2013

Le fatiche di ieri, di "E se domani" e di dopodomani


Massimiliano Ossini e gli inviati di E se domani? (Raitre, 2013).
Prima venne Piero Angela. Sul quale ho già scritto in passato, sottolineandone gli immensi meriti e il brand ormai consolidato. E poi?
Guardando il programma di divulgazione scientifica in onda in queste settimane su Raitre, E se domani, uscito dalla factory di Simona Ercolani, mi sono fatto alcune idee. Importanti anche per me, perché ai primi di marzo toccherà al nostro gruppo creativo andare in onda con un programma alla stessa ora del sabato (l'ho chiamato Metropoli e sarà condotto da Valerio Massimo Manfredi).
Luca DeBiase e gli inviati di Cosmo, pilota
in prima serata (2010).
Poiché il sabato sera di Raitre non mi è nuovo (da King Kong a Gaia all'esperimento di Cosmo in prima serata, un one shot che fece un 6% scarso ma secondo me aveva molti lati interessanti) mi permetto qualche considerazione:
1. E se domani è fatto bene. Rispetto alla prima edizione (con gli ospiti in studio e un conduttore-rivelazione come Alex Zanardi) è anche più innovativo. Si vede che dietro c'è un lavoro sui contenuti e sui linguaggi, anche per avvicinarsi allo stile del factual internazionale (come avevamo tentato di fare anche noi due anni fa con il pilota di Cosmo: inviati scientifici con specifici skill, cura dell'immagine, tono veloce e assertivo).
2. E se domani ripropone il formato del magazine scientifico. In ogni puntata si parla di tante cose, anche slegate tra loro (d'altronde anche Quark era costruito come un magazine). Con molta scienza e tecnologia e attenzione all'ambiente.
3. E se domani non ha un conduttore identificato come "esperto": però Ossini conduce da tempo una parte del pomeridiano Geo & Geo sulla stessa rete, quindi è un volto non solo gradevole ma anche già sdoganato sull'argomento.
4. I temi dei servizi di E se domani spesso sono azzeccati e intriganti.
Nonostante ciò, gli ascolti di E se domani sono bassi (attorno al 3%). E' possibile individuarne le ragioni? Ci provo:
Barbara Serra in Cosmo, seconda serata (2012).

a) il pubblico d'elezione dei programmi di divulgazione scientifica il sabato sera, fino alla metà della prima decade del 2000, era circa il 7% del totale ascolto, che saliva al 10-11% con la factory Angela, grazie alla sua credibilità e al fatto che Angela riusciva a portare su Raitre un segmento di pubblico tradizionalmente di Raiuno. La media d'ascolto di Gaia era attorno all'8%, quella di Angela padre e figlio superava stabilmente il 10.
b) Si trattava di un pubblico che viveva la divulgazione scientifica come alternativa intelligente al varietà del sabato. Un pubblico prevalentemente (ma non unicamente) maschile adulto, con una partecipazione di bambini (papà più figlio, nonno più nipote).

Valerio Massimo Manfredi con Andrea Vianello durante le riprese
della prima puntata di Metropoli, a Bologna.
c) Durante gli anni 2000 Italia Uno sperimentò la collocazione al sabato sera del lungometraggio d'animazione. I cartoon e i film family a tecnica mista (attori veri compositati con l'animazione) hanno cominciato ad essere disponibili in quantità rilevante sul mercato televisivo quando si è infranto il monopolio Disney. Il lungometraggio di animazione è una soluzione di marketing interessante per un pubblico cinematografico che ormai vive soltanto nei centri commerciali: i nuovi film d'animazione tengono conto di questo e cercano di creare una narrazione family con sottotesti e ammiccamenti a favore del pubblico adulto. Al tempo stesso, ridimensionano le immagini parentali in modo da essere graditi dai bambini di oggi (la figura paterna, prima espunta dalla narrazione, oggi è presente ma rappresentata in modo goffo, mentre quella materna è normativa. Di solito il plot è un piccolo romanzo di formazione in cui il figlio impara cos'è la vita e il padre impara fare il padre, ecc.). Questa offerta, resa disponibile per i network televisivi, raccoglie a metà della prima decade del 2000 una percentuale d'ascolto il sabato sera attorno al 10%, incrinando il target della divulgazione scientifica su Raitre.
Si gira Metropoli: reenactment nel Teatro anatomico
dell'Archiginnasio di Bologna.
d) l'avvento dell'anticipo di campionato il sabato sera su Sky erode progressivamente, durante gli anni 2000, un'altra parte di pubblico maschile (papà e figli maschi, ma anche pubblico femminile giovane, che avendo Sky, il sabato si guarda la partita) e inizia a penalizzare anche il cartone di Italia Uno;
e) la diffusione dei canali satellitari specializzati e dei canali di factual sul digitale terrestre fornisce a getto continuo le produzioni documentaristiche internazionali che prima erano riservate ai programmi di divulgazione scientifica del sabato sera (tutti i programmi scientifici di Raitre erano fatti per buona parte di documentari d'acquisto rieditati, mentre oggi devono ricorrere in gran parte all'autoproduzione. Un documentario medio di BBC o NatGeo di alta gamma, "blue chip", costa al suo produttore circa un milione di dollari e viene ripagato dalle vendite internazionali. Un documentario della stessa durata realizzato in Italia viene pagato dai broadcaster italiani circa 20.000 euro. E' chiaro che la qualità non può essere la stessa).
f) il pubblico più interessato a prodotti di gamma alta e innovativi anche in questo settore è distratto quindi da altre offerte, e il mood generale della rete non l'ha finora cercato in altre giornate. (Il pubblico di Fazio e quello di Report lambisce ma non occupa questi territori, su cui è insediato il gruppo Discovery). Quindi per l'effetto paradosso un linguaggio innovativo, mentre non raggiunge il suo pubblico d'elezione, può inizialmente allontanare lo zoccolo presente comunque il sabato sera su Raitre.
g) Per tutte queste ragioni lo zoccolo del sabato per un programma di divulgazione scientifica su Raitre si è ridotto di circa tre punti.
Valerio Massimo Manfredi racconta
la storia economica della mortadella.
In altre parole, non è un passeggiata. Non lo è per E se domani e non lo sarà per noi con Metropoli. La scelta fondamentale da fare, secondo me, è quella di dare comunque una forte linea narrativa ed un argomento principe ad ogni puntata. Il sabato sera di divulgazione scientifica deve comunque raccontare una storia. Appassionante, scientificamente fondata, ma una storia. Facendo uso di tutti i mezzi (effetti speciali compresi) che aiutino a renderla seducente e intrigante. E dotandosi di un mediatore forte con il pubblico.
Ho la fortuna di avere coinvolto Valerio Massimo Manfredi, che è certamente un grande narratore e uno storico. Sarà comunque un'avventura, come portare la propria nave in mare aperto quando c'è un fortunale e le sirene cantano. In caso, ci legheremo all'albero di prua (Odissea, libro XII).

mercoledì 23 gennaio 2013

Il Sanremo di Fazio: previsioni social

Fabio Fazio: al comando, assieme a Giancarlo Leone, di Sanremo 2013.

Ripropongo sul blog l'articolo sul prossimo Sanremo pubblicato la settimana scorsa dal Venerdì di Repubblica.

Il festival di Sanremo vince quando interpreta lo spirito del tempo. Nel caso di quest’anno non ho dubbi che la task force di Fabio Fazio riuscirà nell’impresa. Fazio è uno che due mesi fa confessava di non conoscere twitter e adesso tuitta da mane a sera che è una bellezza, quindi è improbabile coglierlo impreparato ai processi molecolari della storia (come avrebbe detto Gramsci, che non si rivolterà nella tomba perché egli stesso impiegò del tempo a studiare Carolina Invernizio).
Marta sui tubi.
La regola da seguire per la realizzazione del festival come evento televisivo è fondamentalmente leninista: il festival dev’essere un passo avanti rispetto alle masse. Se i passi avanti sono due, si torna indietro perché le masse (leggi: telespettatori) non ti seguono. Se però non c’è neanche un passo avanti, il festival non viene vissuto come una novità e un evento (e ugualmente non ti seguono). Devi sorprenderli senza spaventarli. Discorso che si potrebbe generalizzare: la televisione generalista italiana, Raiuno in primis, è Sanremo (e viceversa). Oggi Raiuno ha un direttore molto simile a Fazio per fiuto rabdomantico, Giancarlo Leone, e uno che su twitter si firma @giankaleone non è certo distratto rispetto alle modifiche del panorama mediatico.
Annalisa Scarrone.
Mi sono accorto che ho citato i due mastri di festa del prossimo Sanremo e in entrambi i casi ho citato twitter. Beh, questo sarà il festival di twitter. D’altronde, secondo i dati presentati recentemente al CES, la fiera mondiale dell’elettronica consumer, in America il 40% dei telespettatori spippolano con il proprio cellulare o il proprio tablet mentre guardano la tv, e nei casi di eventi televisivi la percentuale cresce a dismisura. Non c’è nessun motivo per cui non accada anche qui, nel Paese dei Telefonini. In più, un tweet o un messaggio su WhatsApp non costano niente. E in tempi di crisi, ritrovarsi sul sofà (magari con l’iPad in mano) è molto rassicurante anche per chi fino a ieri snobbava la settimana delle canzonette.
Elio e le storie tese.
Quindi questo sarà il Sanremo del grande abbraccio digitale tra tv e internet, tra cinguettii e gorgheggi, tra digitale terrestre e wifi.  Uno può dire: sì ma gran parte dei telespettatori abituali di Sanremo non sono esattamente dei “nativi digitali”, quindi che c’entra? C’entra, c’entra. Perché l’idea di poter sparlare con le amiche sulla mise dell’ospite femminile o sull’avvenenza del giovane cantante avrà la meglio sull’analfabetismo tecnologico.
Possiamo dire quindi che le serate tv di Sanremo faranno per l’alfabetizzazione informatica quello che Lascia o raddoppia fece per l’apprendimento della lingua italiana nel secolo scorso? D’accordo, non esageriamo. Però si va in quella direzione. Se ci pensate, Sanremo è sempre stato un elemento di modernizzazione per il grande pubblico, anche nel campo musicale. I più importanti cantanti e gruppi inglesi e americani, considerati celeberrimi dai giornalisti cammellati al festival e dal pubblico più giovane, risultavano sconosciuti alla casalinga di Voghera, ma ebbero tutti il proprio battesimo di massa con la presenza sul palco del Festival.
Quindi il Festival sarà iper-televisivo ed ubiquo, perché il futuro della televisione nell’era di internet non è quello di scomparire, ma di rifarsi viva dove meno te l’aspetti. Perché Sanremo è Sanremo, ma anche la tv non scherza.

mercoledì 16 gennaio 2013

Apple, fatti un esame di coscienza

La sede di Apple a Cupertino, California.
Come abbondantemente previsto, Apple comincia a perdere qualche colpo. Per carità, è sempre l'azienda più ricca di cash della galassia. E l'enorme mercato cinese è ancora da sfruttare a fondo. Ma i suoi prodotti consumer, belli, innovativi e semplici da usare ma overpriced, subiscono gli attacchi dei concorrenti, prima fra tutti l'odiata Samsung. Poi ci sono Amazon e prossimamente Google. Per non parlare di Microsoft, che sarà pure un po' goffa sul mercato consumer, come il suo avatar nei celebri spot della mela, ma ha dalla sua il primo sistema operativo adatto al mondo in transizione dal personal del vecchio pc al mobile dei nuovi dispositivi: Windows 8. E lo dice uno che non ha mai amato particolarmente Windows.
Un iPhone 5.
Come può contrattaccare Apple? Basterà pensare a nuovi smartphone e tablet più a buon mercato, pensati principalmente per i mercati emergenti (visto che l'occidente è già saturo)? Apple dovrebbe, prima di tutto, farsi un bell'esame di coscienza. Il modo in cui in questi ultimi anni Cupertino ha trattato il pubblico dei suoi early adopters, dei suoi fedeli evangelisti, quelli che "ma perché non ti compri un mac che è meglio?" rappresenta una classica case history di come si può perdere la testa di fronte alla sconfinata prateria della clientela consumer. Fino a deludere chi ti ha consentito di creare e far vivere il brand.
L'interfaccia grafica di Windows 8.
Montatori traditi dal nuovo Final Cut, musicisti e grafici abbandonati con stazioni meno performanti di un qualunque Pc da 1200 euro, programmi che scompaiono e che non girano più sulle nuove macchine, torri come i Mac Pro che non vengono rinnovate realmente da tre anni, applicazioni come iTunes riscritte con un'interfaccia talmente semplificata che fino a qualche giorno fa era difficile trovare anche dove cliccare per aggiornare il proprio iPad o iPhone. E l'elenco potrebbe continuare.
Qualunque esperto del settore potrebbe dirvi che il volume d'affari del comparto che ho appena evocato è una goccia nel mare rispetto ai milioni di iPod, iPhone e iPad venduti nel mondo. Ma cosa giustifica il ricarico pesante su quei prodotti, se non il fatto di non essere solo essere belli e solidi, ma anche legati ad un ecosistema fino a ieri considerato all'avanguardia, prima di tutto dal punto di vista tecnologico, e che oggi mostra la corda? Vogliamo parlare di Safari, il browser di Apple? O di Siri? O dei mac, che non utilizzano le più potenti schede grafiche oggi disponibili sul mercato?
Perché quando perdi le avanguardie, poi corri il rischio di perdere anche le retroguardie. Attenta Apple: il tuo vero valore è la fiducia dei tuoi clienti.


sabato 12 gennaio 2013

Il day after di Silvio & Michele



Silvio Berlusconi guadagna la postazione di Travaglio a Servizio pubblico.
I duellanti, i due più grandi drammaturghi italiani viventi, la coppia perfetta, i Ragazzi irresistibili del populismo italiano, Silvio & Michele, ce l'hanno fatta ancora una volta.
La chiave interpretativa della puntata di Servizio pubblico è nell'intervento dell'imprenditrice veneta (bella, come tutte le presenze femminili nel programma di Michele) contro l'euro e il complotto demoplutocratico-trilateral-bocconiano. In quel momento si è plasticamente rappresentata la ragione delle convergenze parallele tra Michele e Silvio.
Non è solo un matrimonio d'interesse (tu mi dai l'audience, io ti offro in centro del palco). E' anche un ritrovarsi in una lettura che, fatta da sinistra o fatta da destra, vede in quello che è avvenuto in Italia in quest'ultimo anno una minaccia diretta a ciò che si rappresenta. In fondo la Seconda Repubblica, con i suoi editti più o meno bulgari e la sua politica-spettacolo centrata attorno a pochi protagonisti è una ragione di vita per entrambi. Altrimenti il discorso sulle aziende del Cavaliere e le loro gravi difficoltà (l'unico discorso che mette in discussione l'offerta dell'uomo-venuto-dalla-trincea-del-lavoro-contro-i-politicanti) non sarebbe stato messo così tardi in scaletta (come ha osservato giustamente Aldo Grasso).
              Il magistrale coup de théâtre della sedia.

Il resto è contorno. Si può parlare a ragione di grande circo, di wrestling (lo abbiamo fatto anche noi nei giorni scorsi) o di commedia dell'arte, come scrive sagacemente Stefania Carini, ma la sostanza non cambia. Simul stabunt, simul cadunt.
Fino a che il dibattito politico televisivo, in Italia, sarà fatto sostanzialmente di pancia e di talk, invece che di confronto tra opzioni diverse (com'era avvenuto invece nel Confronto a 5 di un mese fa su Sky) tutti i populismi, di destra e di sinistra, sguazzeranno allegramente (e come diceva quello, le mort saisit le vif).
A proposito: in tutto questo, salutatemi caramente l’ex Rettore della Bocconi, che, lasciato solo con le sue lezioni in tv porterà a casa molto meno di quello che pensa.
Cari sondaggisti: non è l'ascolto della puntata di Servizio pubblico in sé che deve impressionare (il 33% è tantissimo, ma si stava svolgendo quella che, nell'immaginario degli italiani, era la discesa di Silvio nella fossa dei leoni, l'equivalente dell'uomo che morde il cane). Se il 50% dei laureati davanti alla tv ha scelto la 7 (addirittura il 61% in Emilia-Romagna) ciò significa, in base alle serie storiche, che il Silvio&Michele Show ha fatto il pieno prima di tutto sugli antipatizzanti. E la campagna elettorale è ancora lunga. 
L'imprenditrice veneta Francesca Salvador.
Non so neanche quale sarà l'effetto del day after sul pubblico tradizionale di Santoro. Secondo Blogmeter il mood delle discussioni su twitter è stato negativo per la trasmissione (“#ServizioPubblico non mi avete convinta. Non voterò Berlusconi”). A giudicare da queste reazioni, potrebbe esserci un effetto Apple (gli early adopters, i più fedeli spettatori, che lentamente di allontanano e nuovi telespettatori che arrivano, a prezzo però di una perdita dell'identità e del brand di Santoro).
Ma il peso reale del Greatest Show on Earth che si è svolto giovedì scorso sta nell’agenda che contribuisce a determinare. Nel fatto che i temi al centro oggi sono nuovamente quelli del passato. E le geremiadi sullo stalliere di Arcore non ne costituiscono certo un antidoto. Perché gli interrogativi nella testa della gente sono altri. E la risposta più semplice (come ricorda Filippo Sensi) ne esce favorita. Insomma, se era tutto un complotto... perché dare la colpa della situazione attuale a quel formidabile entertainer che sta spolverando la sedia di Travaglio?

mercoledì 9 gennaio 2013

Il boom del Second Screen


Percentuale di persone che usano un secondo schermo mentre guardano la tv
(dati Usa, fonte 2nd Screen Society).

Il secondo schermo avanza a passi da gigante. Il second screen, per chi ancora non lo sapesse, è il tablet o il telefonino smart utilizzato mentre guardi la tv o per guardare la tv. Insomma, sia come companion per commentare, condividere e interagire con il programma televisivo, sia come strumento alternativo al televisore di casa per vedere un programma anche nel proprio soggiorno.
Secondo i dati presentati l'altroieri al CES, la fiera di Las Vegas dell’elettronica consumer, questo mercato vale oggi 490 milioni di dollari, ma le proiezioni a 5 anni stimano uno sviluppo fino a 5,9 miliardi di dollari entro il 2017.
Tutte le realtà di mercato interessate al Second Screen.

"Con 35 milioni di applicazioni vendute durante la stagione estiva nel 2012 e circa il 40% di tutti i telespettatori [americani] che rafforzano l'esperienza tv utilizzando un secondo schermo, questa è chiaramente la tendenza del 2013", ha detto ieri nella sua relazione al CES Chuck Parker, presidente della società Second Screen.
Non si parla solo di Twitter o di Facebook, ovviamente. Il riferimento è alle ormai centinaia di applicazioni utilizzate per scoprire, valorizzare, ampliare e condividere l’esperienza televisiva.
Naturalmente questo trend spinge le grandi aziende dell’hardware elettronico a sviluppare nuove applicazioni per il Second Screen (un esempio è SmartGlass dell’XBox, che Microsoft sta lanciando sul mercato con questa motivazione: “Il tuo telefono o tablet si trasforma in un secondo schermo, compagno ideale del televisore poiché fornisce automaticamente un ampliamento dell'esperienza dei programmi TV, dei film, della musica, dei giochi e degli sport che preferisci”).
Smart Glass di Microsoft.
In pratica, il consumatore, soprattutto il consumatore giovane, nonostante la crisi, cerca sempre di più due cose: un televisore a LED sempre più grande e un secondo schermo sempre più a portata di tasca, e vuole che i due apparecchi interagiscano, gli consentano di portarsi dietro l’esperienza di visione e di commentare e condividere con la community la sua esperienza.
Non a caso l’altra faccia della medaglia è l’ingresso sul mercato di megaschermi da 65, 70 e 80 pollici a prezzi molto più bassi rispetto al passato (2500 euro per un televisore grande quasi come una parete è sicuramente un prezzo non alla portata di una famiglia media ma rappresenta un’offerta molto interessante per chi ha i soldi per comperare un videoproiettore, non devi più oscurare casa per utilizzarlo e vedi anche meglio).
In realtà i prezzi dei pannelli continueranno a scendere, il futuro è del 4K e tra poco chi non trasmette in HD verrà penalizzato almeno nelle case delle famiglie giovani, visto che le aziende ormai producono soltanto televisori full hd.
Sky Go.

Appena la banda larga sarà qualcosa di più di una falsa promessa sbarcheranno in forze anche in Italia Hulu, Netflix e Amazon Prime, mentre Sky Italia con Sky Go riesce già a proporre molti canali live più molti prodotti on demand utilizzando la tecnologia del download progressivo. Un tentativo che sta facendo anche Mediaset (ma con una voce più flebile proprio verso il segmento di mercato più alto, nel quale ha perso terreno non solo per la presenza di Sky ma anche per una certa afasia nella capacità di innovare il prodotto e il brand). E vedremo cosa farà Apple.
Insomma, sta nascendo un nuovo ecosistema, in cui, a differenza delle previsioni di qualche anno fa, televisore del salotto e device portatili, figli dei computer, stanno trovando un modo per interagire. 
Per il mondo della tv la formula è ormai chiara: chi vuole sopravvivere alla crisi e prosperare in futuro dev’essere presente dovunque, su qualunque piattaforma, con qualunque mezzo di ricezione e di consumo. E deve pensare al suo palinsesto e ai suoi prodotti come a una casa di vetro. Ma soprattutto come qualcosa che abbia un preciso e riconoscibile brand.

martedì 8 gennaio 2013

Silvio & Michele: The Greatest Show on Earth

Il Circo di Barnum nella rivisitazione di Cecil DeMille:
The Greatest Show on Earth.

Salvo smentite dell'ultimo momento (e quindi con un 50/50 di probabilità di essere smentiti) giovedì 10 gennaio, nella prossima puntata di Servizio pubblico, Michele & Silvio dovrebbero mettere in scena The Greatest Show on Earth.
Non si può dire che a Silvio Berlusconi manchino coraggio e senso dello spettacolo. D'altronde, che sia un combattente s'è sempre saputo. E un grande impresario, pure. Lo stesso si può dire di Michele Santoro. 

Comunque vada sarà un "win-win", come dicono gli americani: Santoro farà il picco dei picchi dell'ascolto, e Berlusconi, in partibus infidelium, sa benissimo che in televisione si tiene sempre per chi è nella fossa dei leoni. Ma sarà veramente una fossa dei leoni? 
I duellanti.
L'obiettivo del Cavaliere è ovviamente quello di riconquistare centralità in una campagna in cui finora ha raccolto la riattivazione di soltanto una parte dello zoccolo duro dei suoi elettori. Ma la Lombardia potrebbe essere la sua linea del Piave e sulla linea dell'antipolitica e dell'anti-Monti (tutto sommato, cara anche a Santoro) lo scontro potrebbe trasformarsi in un curioso caso di convergenze parallele, per citare un padre della Prima Repubblica.
Oppure no. Oppure finisce in rissa. Magari sarà l'ultimo spettacolo. Vedremo. L'unica cosa sicura è che nessuno dei due pensa, con questo coup de théâtre, di fare un favore a Bersani.
Sofia, capitale della Bulgaria. Qui il Cavaliere
proclamò il cosiddetto "editto bulgaro".
A proposito: a P.T. Barnum, inventore del Circo moderno e non solo, personaggio troppo poco studiato e inventore, a suo modo, dell'amusement (che poi divenne entertainment) e cioé dello spettacolo moderno, si associa di solito il famoso Forer effect (che il Cavaliere possiede come dote naturale). L'effetto Forer consiste nella tecnica di creare un profilo psicologico generalizzabile, ma in cui ognuno degli ascoltatori si riconosca ritenendolo costruito su misura per lui:
Phineas Barnum.
"You have a great need for other people to like and admire you. You have a tendency to be critical of yourself. You have a great deal of unused capacity which you have not turned to your advantage" eccetera. Lui ci aggiunge: tu paghi troppe tasse, potresti vivere meglio e divertirti di più. ("Ehi, ma parla proprio di me! Mi conosce, allora! I miei problemi e i miei difetti sono anche i suoi!"). Funzionerà in tempi di profilatura di target e di Big Data? Certo, è un refrain che oggi cozza con il bilancio di una quasi ventennale esperienza di governo. Ma ci sono italiane e italiani che hanno tanta ansia, poca memoria e molta voglia di sognare.
Ricordiamoci che il colpo di genio di Phineas Barnum fu la fondazione dell'American Museum. Comprò un museo in crisi e lo riempì di freaks. Un po' quello che fece il Nostro, quattro anni fa, con il Parlamento italiano. 
Giudicheremo al calar del sipario.

giovedì 3 gennaio 2013

Ritorno alla tv: cocooning e pubblico family


Il Re Leone, un classico Disney presente in videocassetta a dvd in tutte le case, ha raccolto
oltre il 20% di telespettatori la sera del primo gennaio 2013.
Stupore generalizzato tra gli studiosi dei media per il “ritorno alla tv” causato dalla crisi. L’esempio riportato da tutti sono gli ascolti del 31 dicembre. “La gente non è uscita ed è rimasta a casa a guardare la tv”. Ma cosa mi dici mai. Veramente non si tratta di una novità, anche in questo blog lo abbiamo sottolineato non so quante volte da un anno a questa parte, e d’altronde i dati americani dell’anno scorso già mostravano tendenze simili. All’interno di questa macrotendenza gli addetti ai lavori più avvertiti, come Giancarlo Leone, fanno osservare che quelle che crescono sono le tv della galassia digitale; e che qualche problema strutturale sulle grandi reti generaliste c'è, eccome. Problemi legati alla necessità di ridefinire e rinfrescare l’offerta. Cosa più facile a dirsi che a farsi, ma da qualche parte si dovrà pur cominciare.
Cirilli imita Psy: il pezzo di maggiore successo crossmediale
 di Tale e quale show su Raiuno.
Il dato delle strenne è interessante anche perché esplicita una domanda inevasa: quella di intrattenimento e di rassicurazione family. Family non vuol dire “per vecchi”. Family vuol dire -come insegnavano ai tempi quelli della Disney- in grado di unire target diversi. E quelli che l’anno prima erano usciti a capodanno, se stanno a casa vogliono ritrovare una tv che sia come se la ricordavano, non nella grammatica antica ma nel suo essere “di alta gamma”. E cioé, a suo modo, ricca. Almeno di idee. Non a caso ieri, primo gennaio, i film family, su tutti i canali, hanno superato le rispettive medie di rete (Re Leone per primo). I programmi di light entertainment vanno bene quando rappresentano un prodotto dotato di certe caratteristiche spettacolari e in grado di unire pubblici diversi (un esempio per tutti, ultrageneralista ma non disprezzabile, è Tu cara me suena in versione italiana, il Tale e quale show di Conti). In generale, per realizzare un intrattenimento family (e dare quindi una risposta alla domanda di cocooning, di rassicurazione, che nella crisi è più forte) non basta mettere assieme una scarpa e una ciavatta, per dirla come si usa nella capitale. Ci vuole un po’ di inventiva e anche il rispetto di alcuni “production values”. La roba vecchia, povera e rifritta, da sola non fa cocooning. Ci vuole comunque uno sforzo di ideazione e di innovazione. Sennò, meglio un buon vecchio film di quelli che si guardano sotto le coperte.
Gion Uein in Edicolafiore.
In generale, con la domanda di cocooning dovranno fare i conti tutte le reti generaliste dopo le elezioni, quando i talk show politici rifluiranno nel loro zoccolo duro e ci sarà una forte domanda di intrattenimento. Ad esempio: la soluzione molto in voga di travestire un talk paragiornalistico in un programma di intrattenimento (mezz’ora a una storia di cronaca, mezz’ora di intervista a un personaggio dello spettacolo, mezz’ora di gente incazzata e via) non funzionerà ancora per molto. Serviranno di nuovo autori, idee e personaggi in grado di uscire dal cliché paragiornalistico: in grado di stupire, di divertire, di scaldare. Impariamo da Fiorello con la sua edicola. Il più bel lascito del 2012 è proprio l’Edicola di Fiorello. Che non è un programma televisivo, nel senso che non è fatto per un canale tv. E’ girato (credo) con un telefonino, meno ancora che una scarpa e una ciavatta. Ma dietro il telefonino c’è Fiorello.

martedì 1 gennaio 2013

La tv nel 2012: una regina più "social"


Ripropongo qui, per chi non l'ha letto sull'Huffington Post Italia, il mio intervento su tv e politica nel 2012. A proposito, buon anno nuovo. 


Il Confronto a 5 organizzato da Sky a novembre.
E alla fine ce l'ha fatta. Impoverita dalla crisi economica, disturbata dal fiato di internet al collo, povera di teste pensanti con una vision e con la capacità di rovesciare schemi consolidati, stretta tra la morsa dei partiti e la voracità mediatica del Cavaliere, obbligata a servire un pubblico intrinsecamente conservatore per ragioni innanzitutto anagrafiche, la televisione italiana è stata, anche quest'anno, comunque decisiva per l'agenda della politica.
Mentre i leader vecchi e nuovi si misurano, un po' goffamente, con twitter (e a Monti, o ai suoi comunicatori, non è riuscito neanche di trovare il tasto nascosto della i accentata per scrivere con l'iPad, salgo in politica); mentre gli stati maggiori dei partiti scoprono i Big Data e cercano di imparare la lezione della campagna elettorale di Obama, il vecchio tubo si gode la sua rivincita in surplace. E il suo momento aurorale è stato il pianto della Fornero.
Il pianto della Fornero, un pezzo
da antologia.
I primi a riscoprire la televisione sono stati, paradossalmente, quei nativi digitali che ci hanno trovato gusto nel second screen, nella possibilità di commentare a caldo, mentre avviene, un evento televisivo usando twitter e facebook. E dall'evento eccezionale (come Obama e la sua travagliata, ma alla fine magistrale, campaign) si è passati alla quotidianità. Sentire per la centesima volta gli ammicchi di Di Pietro e i mattinali di Travaglio in un programma di Santoro può essere noiosissimo: ma l’opportunità di proporre ai follower una battuta al vetriolo su questo o su quello non ha prezzo. La tv è diventata social, e quindi nuovamente fascinosa, per le élites. Per gli altri, per i milioni di italiani con scarsa dimestichezza con la Rete e il digitale, quelli che “mi apri tu la email che non ci riesco”, la tv non se n'era mai andata dall'orizzonte delle cose importanti della giornata. Siamo pur sempre un paese di vecchi.

Servizio pubblico, su La7.
Eppure, sotto traccia, qualcosa si muove. E i più avvertiti hanno già capito che quella che abbiamo davanti non è più, anche se l'abitudine ci porta a considerarla tale, la tv della seconda repubblica. quella che nacque con Vianello e Mike Bongiorno che nel 1994 dicevano, tra un quiz e l'altro, di votare Berlusconi. Quella tv che aveva nel suo aspetto quantitativo (più martello e più voti prendo) la sua chiave interpretativa. Il Cavaliere ragiona ancora di televisione usando come metro di misura i GRP, una cosa che scoprì ai tempi di Publitalia. Più espongo il prodotto ai suoi potenziali clienti, più vendo. O più voti prendo, che nel suo immaginario è esattamente la stessa cosa. Oggi però questo meccanismo si è assai complicato (se sia mai stato così elementare è tutto da vedere). Oggi la comunicazione politica parte con una punch line, come in passato, ma poi comincia a rimbalzare alla stregue della pallina nei vecchi flipper, e le traiettorie non sono scontate. Tutto inizia da un programma generalista ma poi rimbalza su twitter e facebook, fa discutere i quotidiani di carta e richiama un pubblici di ascoltatori differiti che se lo vanno a rivedere su youtube o sui siti online dei giornali, la notizia viene rimbalzata, triturata, scomposta dai talk show del giorno dopo (micidiale, ed estremamente potente, il moviolone di Agorà) per poi finire sui blog ed essere ri-ripresa dai giornali del giorno dopo, nelle lenzuolate degli editorialisti. L'effetto non è sempre prevedibile e non dipende meccanicamente dalla quantità di ascoltatori che ti hanno seguito "in prima istanza". 

Silvio Berlusconi a Porta a porta.
Questa nuova grammatica l'ha capita Santoro, l'ha capita Formigli, l'ha capita Vianello, l'ha capita anche Del Debbio, anche se lui gioca una partita diversa (Berlusconi con l'uso disinvolto del populismo smemorato perderà comunque le elezioni ma ha trovato un modo efficace per fare ascolto con la politica, obiettivo che fin a ieri era precluso ai talk di centro-destra. E questo anche grazie all'abilità del conduttore di Quinta colonna).
In questo meccanismo, che non è più quello lineare della vecchia televisione ma che è proprio della social tv, gli ascolti non basta contarti, bisogna anche pesarli. E un punto l'ha sicuramente marcato Sky con il Confronto a 5 dello scorso novembre per le Primarie del Pd organizzato, con regole e format del tutto nuovi per l’Italia, nello studio di XFactor. Un confronto cui i due giovani guru della politica social, @nomfup (Filippo Sensi) e @ubimaggio (Roberta Maggio) hanno affibbiato l'hashtag #csxfactor. Hashtag che in pochi minuti ha soppiantato quello ufficiale.
E in questo meccanismo - in cui il social impone modelli alla tv e viceversa - è la chiave della nuova situazione televisiva. Che ha molto di vecchio e molto di nuovo. Come la situazione politica del 2013.