![]() |
La Regina, scortata da James Bond, va a prendere l'elicottero. |
Quando ero piccolo mio nonno materno mi portò al cinema a vedere Mary Poppins. Dopo oltre due ore di balli di spazzacamini sui tetti di Londra, nannies volanti, ammiragli in pensione che cannoneggiavano la città ecc., uscii dalla sala estasiato. Mio nonno mi guardò severo e pronunciò una sola parola: “Americanate”.
Mio nonno non era un intellettuale, era un commerciante. Possedeva un albergo e leggeva il Borghese, figuriamoci. Però disse così.
![]() |
Mary Poppins. |
Vedendo oggi alcuni commenti alla smagliante serata di inaugurazione delle Olimpiadi orchestrata da Danny Boyle (quante imitazioni mal fatte ci sorbiremo, nei prossimi anni?) mi sono chiesto se la nostra cultura dominante non sia rimasta drammaticamente indietro rispetto a quella pop culture che ha segnato, quasi cinquant’anni fa, il tentativo di comprensione, da parte degli intellettuali anglosassoni, dei meccanismi e delle poetiche della società di massa.
Ad esempio: la categoria “Disneyland”, usata in senso spregiativo (Maltese su Repubblica), è un segnale preciso di incomprensione della modernità. L’uso estensivo del termine kitsch (Grasso sul Corriere) per inquadrare humour e autoironia, pure.
![]() |
Fellini 8 e 1/2. |
La forza della cultura britannica, in questi ultimi cinquant’anni, è stata proprio quella di comprendere l’elemento circense della mass culture e lavorarlo come un plus espressivo. Dai Beatles ai Monty Python, dal palinsesto di Channel 4 al rock degli anni settanta-ottanta, fino ad oggi. Sì, d’accordo, loro hanno fatto la Riforma e noi siamo ancora nella Controriforma, ecc. “Brains are optional but sense of humour is compulsory”.
Però. Però eravamo il Paese di Fellini e di 8 e 1/2.