giovedì 17 luglio 2014

Caro Stefano, si può fare un Channel 4 italiano?


Stefano Balassone, ex Rai3





Caro Stefano,
c’è una serie che sicuramente avrai visto e che spiega come il problema del servizio pubblico televisivo non sia solo italiano. Parlo di Black Mirror.

Noi anche in questo campo ci sentiamo sempre al centro del mondo, che si tratti di parlare bene o male della Rai, di organizzare lottizzazioni o – come va di moda adesso – “leopolde”. Ma noi non siamo gli unici al mondo ad aver deciso – nel Novecento – che il modo migliore per far nascere e crescere la televisione fosse quello di affidarla nelle mani della gestione pubblica, sotto l’occhiuto controllo dello Stato. E non siamo gli unici al mondo nemmeno ora – nel ventunesimo secolo – ad aver capito che il servizio pubblico televisivo così com’era non ha più ragione di esistere, non può funzionare in un mondo dove sono sempre di più quelli che vogliono, come dicevano quelli della Bbc, citati sempre e spesso a proposito quando si tratta di indicare un esempio per la Rai, “informare, educare, divertire”.

Insomma, basterebbe guardarsi attorno, invece che cercare compromessi autarchici. Vendere è una parola d’ordine vecchia di vent’anni, come minimo: vuoi vendere una rete o un pezzo di Rai? Non arriverà nessuno a comprarselo, né imprenditori italiani né emiri ricchissimi. Tagliare è un’altra parola d’ordine d’abolire: un conto è ridurre gli sprechi, un conto è pretendere di investire nell’immaginario popolare e culturale di un paese andando al risparmio. Se il concetto di servizio pubblico si riduce a quello di realizzare "trasmissioni di servizio" (come la meritoria riproposizione di concerti, opere, balletti e mostre d'arte) avremo sicuramente il servizio ma molto probabilmente non avremo il pubblico.


Black Mirror
E allora? Il fine è quello di ridimensionare pesantemente il servizio pubblico stesso? Va bene, può essere un'ipotesi. Allora prendete una rete e mettetela sul mercato, fatene un Channel Four all'italiana, datele la libertà di cercare pubblicità senza limiti, di sporcarsi le mani, di mescolare alto e basso, talent e documentari, comici politicamente scorretti e fiction innovative, senza il timore di dividere il mondo in buoni e cattivi, come - appumto - Black Mirror. E con i soldi risparmiati rilanciate le altre due. Paura, eh?

Insomma, c’è una cosa sola per cui ha ancora senso, perfino nel 2014 e in Italia, parlare di servizio pubblico: la volontà di spingere in alto l'asticella e sfidare tutti a confrontarsi con un modello popolare ma più alto rispetto alle banalità. Investire sull’immaginario di un paese, e guadagnarci anche, esportandolo sotto forma di format e produzioni seriali. Oppure basta fare un bel canale su Youtube collegato con la Scala, la Biennale e l'Expo, e poi tutti a casa. Anzi no, dimenticavo: con Youtube abbiamo disdetto l’accordo.