Savona (Hipstamatic dal mio albergo). |
Comunque: ieri Linda Brunetta, che dirige l’Aiart, un sindacato di autori televisivi piuttosto combattivo, ha raccontato una storia che probabilmente dovrei conoscere ma di cui ero totalmente ignaro. La Siae (che in teoria è la società che rappresenta gli autori e gli editori) da molti anni aveva istituito un “fondo di solidarietà”, in pratica una specie di mini-pensione per i soci anziani.
La locandina di Ideona. |
Un fondo che era alimentato unicamente dalle trattenute fatte dalla Siae stessa agli iscritti (il 4% dei diritti d’autore). Il gruzzolo era di 87 milioni di euro.
Ad alcuni autori (anziani, magari disabili, talvolta in vera e propria povertà, perché com’è noto il lavoro di autore non è come lo studio di un notaio e neanche come una licenza di taxi, quando non lavori fai la fame) arrivavano circa 600 euro al mese. Arrivavano. Perché poi la Siae è stata commissariata ed è stato deciso che questi soldi non verranno più erogati. La motivazione: la nuova legge non lo consente, “per non contravvenire alle leggi normative delle Casse Previdenziali”. Ma gli autori mica beccavano la pensione. E adesso, questi soldi, chi se li prenderà? E soprattutto, da che parte sta la Siae? Mica sono soldi dello Stato: sono soldi degli autori.
La vicenda mi rammenta il discorso che abbiamo fatto anche su questo blog qualche settimana fa: il problema dei professionisti della televisione è che – in un Paese di lobby, corporazioni, consorterie e camarille – non sono un lobby, non contano un beato cazzo. Criticati come gli allenatori di serie A, ma tranne pochi casi, mal tutelati e maltrattati. Con l’idea che, in fondo, chiunque può creare un programma televisivo, o perfino dirigere una televisione. Con questa logica, mi vedrei bene alla Banca d’Italia.
La vicenda mi rammenta il discorso che abbiamo fatto anche su questo blog qualche settimana fa: il problema dei professionisti della televisione è che – in un Paese di lobby, corporazioni, consorterie e camarille – non sono un lobby, non contano un beato cazzo. Criticati come gli allenatori di serie A, ma tranne pochi casi, mal tutelati e maltrattati. Con l’idea che, in fondo, chiunque può creare un programma televisivo, o perfino dirigere una televisione. Con questa logica, mi vedrei bene alla Banca d’Italia.