domenica 24 dicembre 2017

sabato 23 dicembre 2017

Se il Topo, dopo aver letto Gramsci, mangia la Volpe

Nella casa di Topolino, o meglio nel forziere di zio Paperone è entrata anche la 21st Century Fox.
Così l’impero Disney diventa un colosso cinematografico e televisivo imponete, tra i più grandi d’America.
Nel forziere di Paperone c’erano infatti già la Pixar, Marvel Entertainment, Lucasfilm (Star Wars, Indiana Jones), tutto il comparto digitale relativo e i parchi di divertimento e resort.
Ma cos’ha comprato davvero Disney?
Non c’è più la logica dell’acquisizione delle imprese, compro una fabbrica, tengo soltanto il buono, smonto quello che non va.
Dirigenti, macchinari, network esistenti e tv esistenti su tutto il territorio?
No: Disney ha comprato il Fantastico.


I precedenti acquisti di Disney andavano già in questo senso: con 7 miliardi di dollari ha comprato Pixar e Marvel.. e la saga di Star Wars con 4 miliardi.
Se fosse in vita Marx sarebbe intrigato da questa storia e lo sarebbe Gramsci.
Marx direbbe che si tratta di “imperialismo”, Gramsci la chiamerebbe una operazione egemonica.

E’ uno schema non banale: un topo che mangia una volpe. E in questo caso la volpe è Fox.

Con questa manovra Disney ha comprato una parte di cervello di miliardi di persone, popolata di immaginario legato a Simpson, Pixar, di Star Wars, Marvel, tutti i supereroi Batman, Superman, sono finiti nella scuderia di Paperino

In fondo Disney aveva già fatto questa operazione 50 anni fa creando Disneyland: era stata una intuizione geniale di Walt  quella di far in modo che in una città prendesse vita l'immaginario collettivo.
Adesso Disney è uscita dal castello di Biancaneve e va a conquistare i territori non per conquistare una miniera di petrolio o di carbone ma per conquistare il mondo controllandone l'immaginario. Se nel mondo vendi pupazzi, giochi, usi characters da veicolare su pubblicità per invadere il mercato della TV che finirà, ma la ridistribuzione è già capillare in altri network o su canali come Netflix. (Se Disney vorrà).

Fino a 20 anni fa il potere era ancora nel format, nell’idea. Contava la produzione di racconti, la capacità di entrare nella fantasia delle persone e in qualche modo forgiarla.
Era la tv dell’antenna. Oggi canali di trasmissione come Rai, BBC, rappresentano un marchio, ma un marchio che funziona solo se riempito continuamente di idee forti.
Wall Street Jounrnal.
Wall Street Journal.

 Poi ci sono le operazioni di banca, in cui di vende fumo. Basta guardare al calcio. Chi controlla le partite in video la tv.
Nell’egemonia del topo però proprio l’Italia potrebbe avere un ruolo atStreet tivo.
Forse nessun Paese più dell’Italia è stato capace di metabolizzare l’immaginario americano fino a farsene interprete originale.
Siamo stati noi, gli inventori di Pinocchio, a rivitalizzare il western negli anni 60 ( con il genio di Leone).
Romano Scarpa di Mondadori.
Ma torniamo al topo: Topolino è un prodotto oramai italiano, solamente italiano.
In nessun paese del mondo, Stati Uniti compresi, si producono tante pubblicazioni con storie originali dei cosiddetti standard characters: Paperino, Topolino, Zio Paperone, Qui Quo Qua e tutti i personaggi canonici dell’universo Disney.
E soprattutto moltissimi di quei personaggi sono nati in Italia: Brigitta, Paperinik, Trudy, Battista…
E italiane sono le storie, che affondano nelle radici più profonde della nostra cultura: basti pensare alla parodia dell’inferno di Dante.
O entrare nelle eterne questioni irrisolte della nostra storia più recente, come per esempio il ponte sullo stretto di Messina. Ecco anche zio Paperone ha affrontato la questione nel 1982.

Dunque nell’impero dell’egemonia del fantastico, c’è posto per il genio italico. Un posto non passivo, ma creativo e competitivo. E originale.
Segnali ci sono. Un esempio per tutti: il film d’animazione Gatta Cenerentola. Un gioiello di tecnologia e poesia cresciuto nel pancia di Napoli.

mercoledì 25 ottobre 2017

Netflix toh, sul telecomando




Quando ci si arrabbia con i politici, o come dicono gli indignati di professione, con i “nostri politici”, si augurano loro le peggiori cose.
 
Personalmente, ai politici che hanno a che fare con la televisione auguro solo un piccolo innocuo accidente: che gli si rompa il teletv.
 Una volta costretti a comprarne uno nuovo scoprirebbero, i nostri politici, che il telecomando è cambiato (ebbene sì, anche quello) e che oltre ai pulsanti tradizionali se ne sono aggiunti molti altri: accanto ai tasti che vanno dallo 0 al 9, si sono aggiunti nuovi comandi che permettono di accedere a Youtube, Netflix e Amazon Prime. Accedere a serie tv e programmi di altissima qualità diventa sempre più semplice e intuitivo ed è così possibile avere una finestra di opportunità offerta ricca e veloce. Ecco la novità : la tv intelligente, che si connette a Internet  settata già  prima dell'acquisto.
Il nuovo modello di funzione è quello che il bambino impara con YouTube. Catch and buy. Magari per un euro.
La fabbrica dell’immaginario passa da lì, dai comandi su e giù del nuovo telecomando, quelli che aprono le porte delle nuove fabbriche dell’immaginario.
 La Rai, per una volta, non è stata a guardare. Ad Antonio Campo Dall’Orto va riconosciuto il merito di aver aperto la TV di stato all’universo digitale.
Però la Rai non ha fatto accordi con i produttori di tv, pertanto non è possibile accedere a RaiPlay dalla tv così come si può fare con Netflix (ad esempio da un Panasonic).
 Un bel passo in avanti se si pensa che fino a qualche tempo fa era bandito l’uso del logo di Facebook o di qualsiasi social network nella promozione dei prodotti Rai. Una follia in anni in cui i loghi dei social compaiono anche sul cartone del latte. E così siamo arrivati a percepire come qualcosa di assolutamente normale che ogni trasmissione venga accompagnata da un hashtag e l’invito a seguire, condividere, commentare, retwittare. Se questo è avvenuto, è grazie a Campo Dall’Orto. Chapeau, signor politico. 
Sempre a lui va riconosciuto il merito di aver puntato (e investito) tantissimo su RaiPlay. Fruibile da smart tv, tablet e smart phone, la piattaforma offre servizi in linea con i suoi concorrenti internazionali: dirette, speciali, vecchi e nuovi programmi, un buon archivio e un servizio di ricerca in espansione. Ma ciò che rasenta la rivoluzione è la grafica di RaiPlay (e della Rai!): lineare, pulita, chiara, contemporanea, facilmente fruibile, finalmente comprensibile. Un balsamo per gli occhi del telespettatore medio Rai abituato, direi rassegnato, alle font e infografiche che manco in Bulgaria. Finalmente, verrebbe da dire, una Rai al passo coi tempi.
 O forse no. O meglio, forse non fino in fondo. Ancora oggi, infatti, i programmi vengono pensati in funzione del palinsesto tradizionale e gli spettatori pensati come fasce orarie: a tale ora davanti alla tv c’è tale spettatore che in genere vuole vedere quella roba lì. Ma le cose stanno cambiando: telecomando o meno, oggi lo spettatore si sta gradualmente abituando a decidere di vedere quello che vuole come e quando vuole, in tv, su smartphone o tablet, basta una connessione internet o una rete 4G. 
Delle ricadute che questo comporta per i sistemi di rilevazione si è già detto e scritto moltissimo, ma un altro aspetto altrettanto rilevante riguarda chi la televisione la pensa e la vende. Ha ancora senso presentare un progetto in termini di pubblico e fascia oraria laddove il pubblico evidentemente ancora c’è, ma la fascia oraria no? Forse sì, ma non ancora per molto. è molto probabile che in un futuro non troppo lontano guarderemo al caro vecchio palinsesto come a quel periodo in cui era proibito inserire il logo di Facebook in trasmissione. “Come eravamo ingenui, diremo, il mondo stava cambiando e noi non ce ne eravamo accorti”.
 Torniamo al nostro politico e al suo divano, immaginiamo che egli scopra le infinite possibilità che la tv disintermediata può offrire, è molto difficile che una volta assaporata la libertà di creare il proprio palinsesto decida di tornare indietro. 

Del resto, “comandi fino a quando hai stretto in tuo telecomando” cantava qualcuno. A proposito, caro politico, sai che c'è? Livestream oppure Roku. No? Tu continua a Fazio.