giovedì 25 aprile 2013

Amazon e Apple, lotta senza quartiere

Il flyer di Lab126, il reparto Ricerca & Sviluppo di Amazon, a due passi dall'Apple.
La doccia fredda è arrivata. Dopo le attese suscitate nelle settimane scorse, l'altro ieri Tim Cook, il CEO di Apple destinato a diventare, prima o poi, l'agnello sacrificale dell'incerta fase della Mela, ha annunciato che i vari team di Infinite View stanno lavorando a "nuovi, eccitanti prodotti hardware, software e servizi" ma ha posposto la presentazione di queste meraviglie a "this fall and throughout 2014": insomma, tutto di nuovo rimandato a settembre. Se va bene.
Tim Cook, CEO di Apple.
Solo che il WWDC, il Worldwide Developers Conference di Apple è previsto per il prossimo 10 giugno. Cook si presenterà a mani vuote? Niente nuovi tablet e smartphone? Niente nuovi MacPro? Niente iWatch e iTv? Niente nuovi servizi per contrastare Spotify e gli altri distributori di streaming?
Vale a poco dire che Apple è tuttora la gallina dalle uova d'oro: gli utili per la prima volta sono i calo ma stiamo parlando di quasi dieci miliardi di dollari in un anno, iPhone e iPad continuano ad andare bene nonostante il loro overprice. E per tenersi buoni gli investitori Apple sta per far scendere su di loro una pioggia di soldi sotto forma di dividendi. Ma i mercati cercano di guardare più lontano, e la tenuta del titolo, dopo gli scivoloni di questi mesi, non è scontata.
Downton Abbey sarà distribuito
in streaming da Amazon.
Perché la concorrenza non sta affatto dormendo, Samsung e Amazon in testa. E Google. Amazon, che ha un palazzetto chiamato Lab126 Division piazzato proprio a Cupertino, sta sviluppando uno scatolotto simile all'AppleTV, un set-top box che dovrebbe consentire la distribuzione in streaming di contenuti forniti da Amazon ai televisori connessi.
Amazon ha appena finanziato e prodotto 14 pilot di nuove serie in esclusiva e sta facendo selezionare i migliori proprio dai suoi clienti. E nel frattempo si è assicurata l'esclusiva in streaming di serie hit come Downton Abbey West Wing per il suo servizio di Instant Video. 
E nel frattempo, assieme a Google ecc. si contende manager e ingegneri usciti dall'Apple.
Insomma, negli Stati Uniti c'è il mercato. Che è qualcosa di diverso dai piccoli oligopoli che conosciamo in Italia. Si chiama capitalismo e, nonostante tutto, dimostra qualche segno di ripresa. Ma a prezzo di una lotta spietata sul terreno dell'innovazione (e dei costi).

lunedì 22 aprile 2013

La politica ai tempi di twitter e dei talk show



Servizio pubblico, su La7.
Anche oggi sembrerà che parli di politica, ma in realtà questo è un intervento sui media. Ma anche sulla politica. Difficile distinguere, eh? Appunto.
Facciamo un passo indietro, a poche ore prima del big bang. C’è una foto che esprime meglio di ogni altra un problema. E’ la foto (o il video, se preferite) dell’incontro, nell’aula di Montecitorio, tra Bersani e Alfano. Si incontrano, si sorridono, manata sulla spalla. “Ecco l’inciucio” ecc. Com’è possibile che uno come Bersani non c’abbia pensato?
Bersani e Alfano a Montecitorio.
In realtà cose di questo tipo avvenivano quotidianamente ai tempi del vecchio partito comunista (lo dico per chi ha meno di trent’anni). Non significava necessariamente “collusione col nemico”: era una consuetudine tra avversari politici che si consideravano comunque figli della Repubblica ecc. Il Pci, negli anni, riuscì a far digerire cose come l’elezione di Cossiga a Presidente, per capirci.  
Cosa c’era nella prima repubblica, qual è il tassello che manca ai dirigenti del centrosinistra che vengono dalla cultura politica del vecchio Pci? In quella cultura politica c’era (e in qualche misura c’è ancora) l’idea che tra “le masse” (leggi: gli elettori) e il Partito (leggi: quella curiosa joint-venture tra ceppi culturali e gruppi di pressione chiamata fino ad ora Pd) potesse ancora agire quella cosa che ai tempi di Antonio Gramsci (80 anni fa) veniva definita l’intellettuale collettivo. Traduzione in italiano: il Pci poteva fare le piroette politico-tattiche più spericolate per due motivi: il primo è che comunque “erano comunisti”, quindi nei militanti c’era l’idea che “se il partito ha fatto così, ci sarà sotto qualcosa di buono”. E questa la consideriamo risolta con la caduta del muro e dei fideismi politici. 
Il confronto a Sky News sulle Primarie del Pd:
quattro mesi che sembrano un'eternità.
Ma il secondo è ancora più importante: era l’idea che “il Partito” fosse un medium in grado di effettuare la “necessaria mediazione” tra le decisioni dei capi e i militanti. Enrico Berlinguer lanciava il “compromesso storico” (1973), che implicava un accordo con la Dc, le sezioni si riempivano di mugugni e proteste, e subito iniziava un defatigante –ma efficace- lavorìo per convincere, smussare, troncare, sopire, in qualche caso anche per spiegare una strategia o una tattica. Questo lavorìo si espandeva a una parte della stampa, al sindacato, ai circoli ricreativi ecc. Cose oggi impossibili. Per capirci: proposto oggi, ai tempi di twitter il “compromesso storico” come linea politica sarebbe saltato come un tappo di champagne in mezz’ora, ed Enrico Berlinguer sarebbe stato rottamato. Ma non c’è solo twitter. Durante l’ultima campagna elettorale a un certo punto il Pd, come la ragazza che si considerava la bella della festa, vede svuotarsi progressivamente il carnet. (Nell’immaginario da anni Sessanta dei leader storici del Partito Democratico si invitano ancora le ragazze a ballare).
Enrico Berlinguer.
Cosa mai era successo? Era successo che il Pd non era più centrale nell’agenda mediatica. Era successo che tutti i media, un trenino che parte dalla tv e soprattutto dai talk show, esaurita la “notiziabilità” delle Primarie, si erano rimessi a cavalcare il tema della casta, dei costi della politica, ecc., perché era (ed è tuttora) la chiave di lettura più facile, più generalista, più efficace a raccogliere ascolti e consenso nel pieno di questa spaventosa crisi economica. La locomotiva era la tv, i giornali venivano dietro, il “second screen” di twitter e facebook faceva e fa da coro greco, permettendosi in finale di partita anche dei robusti assolo. In quella fase cos’hanno fatto i dirigenti del Pd? Si sono lamentati per l’atteggiamento dei giornalisti (“invece di parlare del lavoro ecc. corrono dietro a Grillo”).
Beppe Grillo a Rona: "Arrendetevi!".
 Ma i media non corrono dietro a Grillo, corrono dietro alla issue più semplice, generalizzabile, personalizzabile. Vogliono un buono e un cattivo, la vittima e ‘o malamente. Lamentarsi di questo è come lamentarsi della pioggia.

Chi saprà fare i conti con questo mutato rapporto tra cittadini e politica si salverà, gli altri verranno travolti dall’ondata dei populismi. L’altro giorno sono entrato in palestra e c’erano quaranta persone davanti alla tv nell’atrio. Di solito avviene solo per la Formula 1 o per il MotoGP. Invece stavano seguendo Rai News. Avevano appena eletto Napolitano. Uno di loro, che sfoggiava un’invidiabile tuta Dainese, ha esclamato: “è un colpo di Stato”. In che senso? Beh, la frase era appena passata nel crawl del canale all news che stavano seguendo. L’aveva detta Grillo. E suonava molto bene. Alla salute del catoblepismo.

lunedì 15 aprile 2013

Renzi ad Amici, un bilancio a freddo

Amici: una corazzata mediatica.
Visto che è passata più di una settimana (dalla messa in onda, dalla registrazione più di due) possiamo parlare con una qualche serenità "scientifica" dell'ospitata di Matteo Renzi ad Amici. Nel frattempo la polemica tra Renzi e il gruppo dirigente del Pd è arrivata al calor bianco, così come la situazione economica. Ma restiamo alla questione in sé, perché ha una rilevanza non indifferente anche per il futuro.
Comunque uno la pensi sul sindaco di Firenze, ha fatto bene o male Renzi ad andare ad Amici? A giudicare dai dati verrebbe da dire che ha fatto bene. Se poi la sua proposta politica sia condivisibile o no è un'altra storia, e non è l'argomento di questo post. (Così come non lo è qualunque considerazione, ad esempio, sull'attacco violentissimo di ieri alla Finocchiaro).
Renzi ad Amici, 4 minuti al
18-19% circa ad inizio puntata.
Vediamo: in tutta la scorsa, orrenda campagna elettorale, il centro-sinistra ha raggiunto la centralità nell'agenda mediatica soltanto nella prima fase, in corrispondenza del confronto sulle Primarie. Non è un caso se in tutta quella fase la stessa presenza mediatica di Grillo e del suo movimento si sia affievolita. Il Pd sembrava corrispondere ad un'esigenza di cambiamento prima di tutto perché esponeva apertamente agli elettori un "catalogo" di opzioni diverse, senza che ciò significasse scontro e lacerazione. Tutto ciò ha raggiunto una parte di elettorato "mobile", l'ha lambito, l'ha interessato ma poi altre sirene l'hanno distratto (le elezioni si sono appunto incaricate di dimostrare quanto fosse "mobile", appunto).
Verificato il vantaggio nei sondaggi (ma i sondaggi sono sempre un'istantanea di un processo in  movimento, non ti indicano la traiettoria ma solo la posizione dei cavalli in quel momento della corsa) si è ritenuto opportuno consolidare e rassicurare quello che veniva considerato dal Pd il proprio elettorato, invece che continuare a presidiare la centralità mediatica rispetto all'intera agenda e all'intero spettro degli elettori. Probabilmente si è anche sottovalutato il peso e l'effetto moltiplicatore
Bersani e Renzi nella scorsa campagna elettorale.
dell'antipolitica imposto dalle trasmissioni televisive a talk show. Si sono lette anche rampogne contro giornalisti e televisivi, comprensibili sotto l'aspetto etico ma poco sotto l'aspetto della lucidità politica. Se tu sai che ogni programma televisivo riceve un sovrappiù di ascolti se sposerà la protesta anti politica e anti"casta" devi anche sapere che nessuna rampogna fermerà la tendenza a gonfiare quell'aspetto mediatico. Ci vuole quindi una risposta che laicamente faccia i conti con quella tendenza e crei nuove "convenienze" per i media, i quali vanno dove pensano di raccogliere ascolti e copie vendute. Ogni altra lamentazione rientra, volenti o nolenti, nei "signora mia" e quindi risulta quantomeno inefficace.
La fascia dove sia Berlusconi che Grillo hanno recuperato a sfavore del centro-sinistra è plasticamente rappresentata dal profilo d'ascolto di Amici, e Dio solo sa quanto i programmi di Maria De Filippi abbiano contribuito, in questi anni (assai più dei ghirigori berlusconiani doc) a plasmare e dare identità allo spirito del tempo in fasce decisive della popolazione italiana.
Ma guardiamo i dati, che sono secchi e precisi come la lama del rasoio: Amici, proprio nella puntata del 6 aprile con l'ospitata di Renzi, ha raccolto in media il 33% sui telespettatori dai 15 ai 34 anni (uno su tre!) e il 28% nella fascia tra i 35 e 44 anni, il 25% in quella tra i 45 e 54 anni (e solo il 15% in quella over 65). Ma chi erano? In gran parte donne: una media di 3milioni e 300mila su un totale di quasi 5 milioni di telespettatori medi. Con una scolarità abbastanza bassa e una situazione socio-economica che  non le colloca tra la fasce medio-alte della popolazione. Chiedo a sondaggisti ed esperti di marketing politico di correggermi, ma non credo di sbagliare se dico che quel profilo di pubblico è stato decisivo nelle ultime elezioni. Ed è un profilo difficilmente raggiungibile in misura così larga dai talk show della Rai e della 7.
Quella fetta di elettorato oggi sente il morso della crisi. Non lo sentiva in questa misura anche solo due anni fa: anche i soldi per la scheda del telefonino scarseggiano. E' alla ricerca di una via d'uscita e non ha riferimenti precisi. Più che discutere di come uno si veste bisognerebbe discutere di cosa un politico dovrebbe dire a quell'elettorato.

martedì 9 aprile 2013

Finito il NAB: tutto costa meno



Il Nab 2013 a Las Vegas.
Il NAB è l’antica fiera della National Association of Broadcasters, diventata negli anni il punto d’incontro del mercato per presentare le novità tecnologiche della televisione, intesa come tv+internet+whatever. Il NAB 2013 finisce oggi (11 aprile) a Las Vegas. La cosa curiosa è che, anche se non tutte le novità vengono presentate al NAB, è comunque nel periodo del NAB che tutta l’industria dell’elettronica lancia i nuovi prodotti e le eventuali killer application, ed è soprattutto attorno al periodo del NAB che partono i rumors sulle novità prossime venture. Ed è attorno al NAB che si capisce che aria tira.
Anche FCPX è stato presentato tre anni fa in un evento collaterale al NAB e alla sua prima presentazione, più che di una killer application si è potuto parlare di una self-killing app, una specie di bagno di sangue.
La nuova Pocket Cinema Camera della Blackmagic, 1000 dollari.
Ma siamo nel 2013, e molte cose sono cambiate. La crisi dà una sola possibilità all’industria dell’entertainment: sviluppare tecnologie che rendano concreti modelli produttivi di qualità ma a basso costo; e che costringano i consumatori a cambiare il parco televisori. Dopo il buco nell’acqua del 3d (una delle più gigantesche sòle mai concepite, chi mai passa le serate con gli occhialini per vedere un film?) adesso si punta al 4k, cioè a schermi 4 volte più definiti rispetto all’alta definizione tradizionale. Peccato che, a parte Sky e RaiHD, tutta la televisione italiana abbia una qualità tecnica (anche grazie alle compressioni mpeg tirate all'inverosimile) che talvolta fa rimpiangere il vecchio Pal analogico. Si vede bene solo quando stanno tutti fermi. Prima o poi finirà, certo. Il 4K però ha senso se ti metti in casa uno schermo superiore ai 60 pollici e se lo guardi a non più di due volte e mezza la diagonale dello schermo (se aumenti la distanza tanto vale che metti un semplice dvd, non percepirai la differenza). E chi se lo compra? Aspettate, dicono i giganti dell’elettronica. Tanto se andiamo avanti con ‘sti pannelli a 1080p dovremo proporli sottocosto, quindi tanto vale rischiare.
FCPX di Apple: aspetta i nuovi MacPro (o come si chiameranno).

Riassumendo, le novità più eclatanti sembrano essere, a oggi, le seguenti:
1) Apple sta forse abbandonando il fondamentalismo anti-prodotti professionali che aveva ultimamente abbracciato, e sta tentando i recuperare sui clienti pro, come abbiamo scritto anche noi qualche giorno fa. E’ ripartita la campagna a favore di FCPX, che è stato sostanzialmente migliorato ma deve ancora ricevere il definitivo upgrade, la 10.1, che dovrebbe cambiare le cose.
2) Ma un software più potente serve a poco se non può girare su un computer più potente. Ed ecco la vera novità: pare che dopo 3 anni di stop and go Cupertino stia finalmente per presentare il successore delle sue torri professionali, i Mac Pro. Non sappiamo ancora se saranno ancora delle torri tradizionali o se il form factor sarà completamente diverso (non lo escludo, anzi, mi sembra probabile che ci troveremo qualcosa di molto diverso dal vecchio Mac Pro).   Ma è molto probabile che la nuova flagship dei Mac arrivi tra fine aprile e fine maggio. (Questo spiegherebbe anche le improvvise cure attorno al capezzale di FCPX, il software Apple è sempre servito a vendere l’hardware).
Il Mac Pro: quello nuovo sarà diverso.
3) Ancora Apple: il televisore Apple pare stia per arrivare (fine anno?) e pare che si basi su a) uno schermo molto grande, b) un sistema innovativo per comandarlo e c) la presenza di un secondo schermo slave, una specie di iPad muletto in grado di ripetere tutto quello che vedete sul televisore e di consentirvi di portarlo anche in bagno (in pratica, una specie di AirPlay a rovescio). Dicono.
4) Chi non è stata fermo per niente è la nuova, piccola Apple australiana, la Blackmagic Design di Grant Petty. Il vulcanico Grant, dopo aver stupito il mondo un anno fa con l’annuncio della Blackmagic Cinema Camera a tremila dollari (e aver poi fatto incazzare lo stesso mondo con un colossale ritardo nelle consegne,dovuto, pare, a qualche subfornitore) oggi propone: una versione super35 della Cinema Camera, a soli 4mila dollari. In pratica qualcosa che si avvicinerebbe alla Red, girando in RAW a 4k, al prezzo di  un motorino (vediamo poi quando arriverà davvero sul mercato). Ma Petty, non contento, ha anche presentato la versione Pocket della Cinema Camera: sembra una macchinetta fotografica tascabile ma gira video con un sensore digitale “super 16” e ottiche mini35 a meno di 1000 dollari!
Avid Media Composer 7 su un MacBookPro retina.
5) E Avid? Avid sente i sudori freddi perché un’azienda che si è orientata sempre sul mercato professionale, in un momento in cui le grandi case di produzione e post produzione tendono a spendere meno che si può, non se la passa troppo bene. E allora ecco che il nuovo Media Composer, il software di riferimento di Avid, nella versione 7 (con un'architettura sempre più trasparente al mondo esterno) verrà proposta a 1000 dollari, in pratica il prezzo stracciato del vecchio Final Cut prima che diventasse un’App.
Altre novità? Le sapremo nei prossimi giorni. Comunque un conticino a spanne val la pena di farlo. Mettiamo che vogliate montare un documentario da vendere sul mercato internazionale.
Nel 2003 un Avid + Beta IMX + un compositor Flame + una suite DaVinci per la color correction, hardware, software e monitor compresi = 600mila euro circa.

Nel 2013 un sistema FCP o Avid completo + deck XDcam 4:2:2 + un Pc grafico potente con After Effects o Nuke o Smoke o quello che vi pare + un DaVinci con il controller = 100mila euro circa (e stiamo parlando del top).

Sempre nel 2013, un FCPX o Premiere su iMac + hard disk e scheda esterna in thunderbolt + digital delivery di un file quicktime + un Pc grafico medio + un DaVinci Lite sullo stesso Pc (in real time su due-tre effetti) = 7000 euro.
E' la terra delle opportunità, e siamo tutti più poveri.

lunedì 1 aprile 2013

Apple tenta di recuperare i professionisti. Tenta, eh

FCPX aggiornato: adesso è di nuovo possibile avere la doppia finestra tradizionale.

Apple ha aggiornato quattro giorni fa Final Cut Pro X. Il tentativo è quello di riagganciare gli utenti professionali e le post houses, che hanno in gran parte abbandonato la Mela dopo la tragica apparizione di FCPX due anni fa, optando per un ritorno ad Avid o (le più spericolate) sperimentando Premiere di Adobe.
Tim Cook e Steve Jobs.
E’ chiaro che il mercato pro è una goccia nel mare di fronte i soldi provenienti dal mercato consumer, ma viste le botte non indifferenti ricevute da Apple a favore dei suoi immediati competitor, come Samsung, sul largo consumo, qualcosa nella strategia generale di Apple dovrà essere ripensato, se Tim Cook non vuole passare alla storia come l’uomo che fece perdere un bel po' di miliardi di dollari alla propria azienda.

Il mercato pro è importante non solo perché spinge al rinnovamento tecnologico ma perché stabilisce uno standard tra i possibili “evangelisti”, cioé tra gli utenti che vengono considerati influencer dal mercato più vasto. Insomma, l’amico che ti diceva “ma fatti un mac!” e adesso non te lo dice più, incazzato come un torello perché Mac Pro non viene aggiornato da 3 anni e tutto il resto del software pro è in un limbo.
 
Finalmente si può mixare da pro. Ma quanto c'è voluto?
L’aggiornamento di FCPX è sostanziale (multicamera efficiente, lettura di tutti i codec più recenti, 4k ecc., le due piste che si aprono a multitraccia audio, ecc.). Ma ci sono due questioni decisive non risolte. La prima è più tecnica: il software FCPX non consente alle post houses di usare in modo efficiente XSan o Stornext. In pratica, più sale di montaggio non possono attingere contemporaneamente a progetti e media storati in un Raid XSan. Quindi FCPX per ora non è utilizzabile da case di produzione con storage centralizzato (cioé tutte, tranne i super-indies). E la seconda issue è ancora più seria: da 3 anni in pratica la torre professionale di Apple, Mac Pro, non viene sotanzialmente aggiornata. Oggi come oggi è un bel pezzo di modernariato. Chiunque voglia perdere mezza giornata e 1200 euro costruendo un hackintosh con pezzi di pc comperati su internet si ritroverà una torre molto più veloce di un medio Mac Pro. Certo, non si troverà un Mac. Ma fino a poco tempo fa il dubbio era che Apple non li costruisse nemmeno più, i Mac Pro. In Europa quelli attuali non si possono neanche comperare perché non corrispondono più agli standard di sicurezza europei. E quindi? Che succede a Cupertino? Qualcuno tira da una parte e qualcuno dall’altra?  E non diciamo “non c’è più Steve Jobs”. Questo casino, purtroppo, l’aveva combinato lui. (A proposito, che ne è del mitico televisore Apple?).