lunedì 27 febbraio 2012

The show must go show




Ricchi, laureati, cinquantenni: secondo i dati Auditel sono gli spettatori più fedeli della Dandini in "The Show Must Go Off" sulla 7 (2,69% di share sabato 25 febbraio). Praticamente, lo zoccolo duro del canale di Telecom. E gli altri? Qualcuno è tornato a RaiTre (che ha portato a casa uno-due punti in più appena il programma di National Geographic è stato sostituito da un film, e questo non è un buon segnale per la divulgazione scientifica il sabato sera, perché il minimo che si potesse dire dall'esterno è che era un programma costruito con documentari di alta qualità). Gli altri spettatori si sono sparpagliati, in una serata segnata dalla predominanza di Italia's Got Talent, il quale anche se è sceso di 9 punti rispetto alla puntata scorsa mantiene stabilmente il primato.

I tre giudici di Italia's Got Talent
E' fin troppo scontato, a questo punto, sostenere che l'ondata "militante" dell'antiberlusconismo è finita, che dell'esito del processo Mills non glie ne frega niente a nessuno, e tantomeno del nuovo inno del Pdl. Capitolo chiuso. Il fatto è che una parte consistente del pubblico che era stato acquisito dalla 7 (non necessariamente di sinistra, più precisamente anti-berlusconiano) ritiene chiusa la partita con la nomina del nuovo amministratore del condominio. E al tempo stesso nell'era Monti il pubblico "di area" più tradizionalmente di sinistra (vicino cioé non tanto all'anti-politica ma al Pd) vive il dibattito politico "senza rete" di queste settimane e, conseguentemente, la stessa satira tradizionale come un ansiogeno navigare nella nebbia, privo di chiari punti di riferimento che non siano gli occhiali di Floris. Quindi, meglio occuparsi d'altro, guardare altro, magari un programma tradizionale. E chi può, le partite su Sky. E' vero che la 7 ha bisogno di tentare e di rischiare e i frutti non possono arrivare subito. Chi ha vissuto, ad esempio, il periodo in cui Italia 1 si affermò come rete "nuova" (metà anni 90) ricorderà che per un anno intero programmi come le Iene, Mai dire Gol, Zelig, Ciro (tanto per citarne qualcuno) andarono tutti male. Fu bravo Gori a resistere. Ma erano altri tempi. E comunque il programma della Dandini, pur essendo fatto con molto mestiere, ha più elementi di continuità che di discontinuità con la striscia di "Parla con me" che fu un successo della Raitre d'antan.

sabato 25 febbraio 2012

Santoro e Celentano in famiglia

Telecamera nascosta nel salotto della famiglia Rossi, Roma Tuscolano, giovedi 23 febbraio, ore 21 circa

Mario (marito): (buttando la borsa sulla poltrona dell'Ikea che ha la gamba che cloppa) Marì, Stasera nun me rompete li cojoni perché vojjo vedè Santoro.
Maria (moglie): A Mario, ma nun lo poi vedè in camera che stasera ce sta la prima puntata de Montalbano giovane?
Mauro (figlio): E che l'hanno ringiovanito a Zingaretti?
Mario: Tu lassame stà il fratello del sindaco!
Maria: Ma nun è presidente daa provincia?
Mario: Ma sarà sindaco de Roma. Ed è un bravissimo compagno!
Flavia (figlia): Madonna, papà. Ma 'ndo vivi? Lo fanno fa a Riondino!
Mario: Il sindaco? Ma che Veltroni s'è impazzito?
Flavia: E 'nnamo, papà, sto a parlà de Montalbano!
Papà: Vabbè... David Riondino... Era ora che je facevano fa qualcosa
Flavia : Ma quale Davide? Michele Riondino! Madonna se me fa sangue quello!
Mario: Comunque da Santoro stasera ce sta Celentano.
Mauro: Celentano? Ma che è, Sanremo due la vendetta?
Maria: Mario, vorrà dì che quando esce Celentano ce chiami, noi qua ce spizzamo Riondino. Ancora cò 'sto Santoro, mamma mia
Mario: Marì, in camera nostra T9 nun se prende.
Maria: E che sarebbe tinove?
Mauro: E' il canale dove fanno Goal di notte,
Flavia: 'Mazza è finito lì Il tuo Santoro?
Mario: Flavia, Sei l'unica della tua età che non sa che oggi i programmi possono andare con-tem-pora-nea-mente su più piattaforme
Flavia: E 'mo che sò 'ste piattaforme?
Mauro: Ma sì, va anche su Sky, ce sta Enrico al baretto che nun se ne perde uno
Flavia: (canterellando) Ma noi Sky nun ce l'avemo...
Mario: La Roma la vedemo al baretto... Sky sò 500 piotte all'anno, c'hai presente?
Flavia: A me me piace Fox Crime, Fox Crime è molto fico, Ester c'ha sempre Sky fissa su Fox crime
Mario: Vabbè io comunque giro... m'avete tartassato una settimana bbona co' Sanremo...

 Un'ora dopo

Flavia: Dio che palle
Mauro: Però Celentano è fico, te posso dì? Je ne frega un cazzo e mena de brutto!
Maria: A me me piace quel Freccero. Bell'uomo, co' quei capelli da pittore...  Ma l'hanno mandato via anche a lui?
Mario: Quasi, l'hanno messo a fa' Rai4. Uno come Freccero, poi immaginà. Rai4...
Flavia: Rai4 a me me piace, ce fanno Le streghe
Mario: E' l'unico che ce capisce de televisione... Eppoi m'è piaciuto quando ha parlato del comunismo, e vaffanculo, me sembrava de tornà nel sessantotto
Maria: Ma che faceva prima 'sto Freccero?
Mario: Stava a Raidue.
Maria: No, dico prima prima
Mario: Ma che c'entra, prima prima ha messo su Canale 5!
Flavia: Canale 5? 'Mazza!
Mario: Sì ma erano altri tempi.
Flavia: Posso girà su Riondino?

venerdì 24 febbraio 2012

Mucchetti, Mediaset e il cavallo triste

Federica Panicucci a Domenica Cinque
Dopo l'editoriale di ieri sul Corriere della sera possiamo stabilire con discreta approssimazione che Massimo Mucchetti non è l'uomo più amato a Viale Mazzini, ma senza troppo azzardo possiamo supporre che non sia diventato il personaggio più popolare a Cologno Monzese.
Dalle parti di Cascina Gobba la temperatura delle gonadi dev'essere schizzata a livello di fusione del nocciolo, soprattutto quando Mucchetti ha evocato una flessione della raccolta di Publitalia attorno al 10% e il possibile arrivo di un manager esterno alla famiglia. Con chi ce l'avesse non è così difficile da capire, e non era il Cav, che Mucchetti descrive “costretto” ad occuparsi di nuovo della sua azienda. La risposta è arrivata a stretto giro d'etere, con un servizio flamboyant del Tg5 il cui tema era nientemeno che il sorpasso di vendite di Repubblica nei confronti, guarda un po', del Corriere. Se a Cologno arrivano a citare un successo dell'arcinemico De Benedetti, l'avviso ai navigati, come direbbe D'Agostino, non potrebbe essere più chiaro.
Il palazzo del Corriere 
Ma l'editoriale di Mucchetti (con qualche dettaglio trascurato, i tagli alla fiction li ha fatti la Rai ma ancor più, in proporzione, li ha fatti proprio Mediaset, che sta tosando a più non posso tutti i palinsesti, checché ne dica Mediobanca) ci rammenta, come si dice in questi casi, un problema reale: i soldi non ci sono. E quanto ancora possano tagliare Rai e Mediaset prima di entrare nella carne viva è difficile stabilirlo. Certo, Rai ha il doppio di dipendenti e tanti dirigenti. Ma Mediaset?
Incredibile ma vero, forse l'unica strada- puntando a un secondo semestre 2013 in cui forse si vedranno le prime luci non dico di una ripresina, ma almeno il superamento del fondo della recessione - potrebbe essere proprio quello di investire. In innovazione, certo. Con modelli produttivi più agili e meno costosi, certo. Con un'apertura editoriale che faccia entrare nei palinsesti di Cologno un po' dell'Italia di oggi e si scrolli di dosso un po' di anni ottanta, anche. Senza cercare di imitare modelli Rai ma sviluppandone di propri, soprattutto. E senza puntare tutto su una Rai in umido, perché non credo proprio che Monti possa consentirsi un servizio pubblico con i libri in tribunale. Tanto per dire:
intercettare con un'offerta rinnovata quella disponibilità alla tv generalista fatta balenare più occasioni  dal pubblico, nella situazione anche psicologica provocata dalla crisi economica, potrebbe anche essere la mossa del cavallo, un azzardo forse ma una carta per il futuro per la tv commerciale. Certo, sarebbe una rivoluzione. D'altronde, come dicono gli scacchisti, "A knight on the rim is grim", un cavallo al bordo della scacchiera è triste. E non va da nessuna parte.

giovedì 23 febbraio 2012

#citizen journalism: in America già conta

Appello ai citizen journalist in India

Non sono un fan del movimentismo, ma è fondamentale chiedersi quale sarà il ruolo del “citizen journalism” nei prossimi anni. Diventerà qualcosa di sempre più “pesante”? Conterà sempre di più? Io credo di sì. A occhio e croce, protagonista sarà soprattutto quello "militante". Oggi le “telecamere” (chiamiamole così per comodità) stanno spesso letteralmente in prima linea in uno scontro di piazza.
A New York è stato presentato #whilewewatch, un documentario di Kevin Breslin sull’uso dei media da parte del “movimento” di Occupy Wall Street (una specie di No-Tav al cubo, con le sue semplificazioni e i suoi rischi di violenza, ma che comunque, piaccia o no, è in crescita). Per raccontare quel movimento il “citizen journalism” ha usato i social media e il live-streaming in forme e con un’intensità mai viste prima, qualcosa che cambia sostanzialmente, come dire, le dinamiche dello scontro politico-sociale. (Faccio un po’ di fatica ad usare questo vocabolario sessantottino ma tant’è).

Ricordiamoci che è qualcosa che anche da noi ha sbocchi diretti sui media tradizionali, come dimostra l’uso che ne stanno facendo i talk politici.
In ogni caso, se tutto ciò che accade in piazza viene passato subito sui media, magari addirittura in diretta -basta uno smartphone- è evidente che cambiano molte cose. E nascono anche nuovi interrogativi per il citizen journalism. Bisogna essere trasparenti o tendenziosi? Come ha detto Quinn Norton di Wired “nel suo sforzo di creare uno spazio dove tutti possano avere una voce, spesso quello che ottieni è che quelli già abituati ad avere una voce alzino ulteriormente la voce”.

Manifestazione di OWS
In un incontro con il regista di #whilewewatch, Tim Pool di Timcast ha raccontato che durante la manifestazione di New York del 15 ottobre scorso un gruppo di manifestanti di Occupy Wall Street ha attaccato i veicoli della polizia sgonfiando loro tutte le ruote. Pool li ha ripresi e non si è autocensurato, anche a costo di dar fastidio al “movimento”. Ma è stato molto criticato per questo. Tim Pool fa live coverage nelle situazioni più calde: riprende le cose mentre succedono e le manda in onda in diretta, alimentando spesso Reuters, MSNBC e Al Jazeera English. E’ qualcosa che secondo me vedremo presto anche da noi. In fondo basta qualche iPhone e una buona connessione internet. Per cui porsi qualche interrogativo non fa male.

Ventimila visualizzazioni, grazie a tutti




Glenville ha superato le 20.000 visualizzazioni. Grazie per l'attenzione, come si dice. Adesso mi invento un regalo per chi segue il blog. Appena lo trovo.

mercoledì 22 febbraio 2012

Rai e canone ai PC. No, non è la BBC

Avviso della BBC (2012)

Ogni volta che si tocca il canone Rai è un casino. E non perché la Rai abbia sempre torto. Ma perché finisce per avere torto anche quando ha ragione.
Io pago un canone per casa e uno speciale per la mia società (molto più alto). Ok, sarebbe curioso che una società che produce programmi televisivi non avesse un televisore negli uffici. E va bene così. Inutile dire che molti locali pubblici, bar, alberghi, aziende non pagano il canone speciale. Mentre magari pagano Sky. Allora cosa fa la Rai? Stabilisce che tutte le aziende che hanno una connessione internet, in quanto in grado di vedere www.rai.tv, devono pagare il canone. Anche se non hanno neppure un televisore. E’ una mossa efficace? Indovina. Certo non è una mossa popolare. E non ha retto, perché populisti e demagoghi si sono fusi con il popolo della rete per dire che non si deve pagare. Così invece di far pagare quelli che evadono si coalizza un fronte dentro al quale ci sono quelli che non dovrebbero pagare e quelli che dovrebbero pagare. E si fa la figura dei nemici di internet, per avendo un sito (www.rai.tv) che viene visualizzato da milioni di persone. Un successone.
Sono andato a vedere per curiosità cosa succede in Inghilterra, la patria della BBC, servizio pubblico modello (squillo di tromba).
Il Television Detector della BBC
Ovviamente anche in Inghilterra c‘è un movimento contro il canone. Basta leggere BBCresistance.com: “In an age of virtually infinite digital choice, the BBC licence fee is unfair and cruel”.
Ma la BBC è la BBC. La sua spendibilità sociale è più alta, e così riesce tra mille mugugni a farsi pagare 145 sterline di licence fee (più di 170 euro). Dal 2004 ad oggi il canone BBC è aumentato di 30 Euro (da 121 sterline a 145) mentre il canone Rai è aumentato di 12 euro e 40 centesimi. Ma è la BBC, avete presente quanto produce e la qualità di ciò che produce? E la BBC non trasmette pubblicità.
Ma sull’online? Come si regolano gli inglesi? Dice la BBC: ”Chiunque nel Regno Unito guardi o registri la televisione mentre viene trasmessa dev’essere coperto dal canone (tv licence). Ciò include la tv sui computer, i cellulari, registratori di cassette e di dvd, le consolle dei giochi  e altri apparecchi".  Ma nel concreto? Nel concreto non è il possesso di un pc o di un iPad che fa scattare l’obbligo della licence fee, ma il fatto di usarli per guardare (o registrare) la tv mentre viene trasmessa.  (Immaginatevi da noi: lei guarda la tv sul pc? E quando mai). Comunque l’uso di  iPlayer (l’equivalente della possibilità di vedere i programmi in differita data dal sito www.rai.tv) per ora non viene considerato ragione sufficiente per pagare il canone. Anche se il governo ne sta discutendo.
Sarà dura anche per gli inglesi, magari però la gestiranno meglio. E l'immagine esterna della BBC li aiuterà. Quando vuoi far pagare ci sono due metodi per farlo: quello alla Tremonti (e del governo Berlusconi) e quello di Monti. Indovinate quale non ha funzionato. 

martedì 21 febbraio 2012

La mossa di Apple verso i geek?

Dicono che qualcosa si stia muovendo a Cupertino. Dicono. Come sapete nei mesi scorsi tutti i blog del mondo (compreso questo) hanno enfatizzato la nuova tendenza di Apple a “mollare” sul bagnasciuga i suoi leali “early adopters” a vantaggio del ben più lucrativo mercato consumer (iPad, iPhone ecc.). In questo quadro rientrava la totale revisione del programma di montaggio Apple, Final Cut, trasformato in una App (Final Cut X) che sembra più mirata al mercato “prosumer” e consumer, e l'abolizione della linea di prodotti professionali (MacPro ecc.).
Molti osservatori hanno anche, come dire, ammonito Apple perché, tagliandosi i ponti con i suoi “evangelisti” la casa di Cupertino faceva un passo magari razionale per la cassa ma forse poco lungimirante nel medio periodo. Insomma, professionisti, grafici, musicisti, creativi sono sempre stati la locomotiva della “diversità” Apple e deluderli non sembra una buona politica.
Oggi, nel consueto modo felpato e sottotraccia tipico di Infinite Loop, arrivano i segni (tutti da dimostrare) di una cauta svolta.
Tim Cook Steve Jobs e Phil Schiller in una foto di qualche anno fa

1. Primo segno: Apple ha rilasciato la settimana scorsa un update di Final Cut Pro X che accoglie e risolve alcune delle lamentele più forti da parte dei clienti professionali, prima fra tutte la possibilità del multicam (non mi dilungo perché è veramente un discorso da nerd che altri possono sviluppare meglio di me, andate su www.creativecow.com o su www.studiodaily.com).

Multicam in FCPX 10.0.3
2. Secondo segno: Apple ha organizzato una serie di incontri one to one con vari esperti e blogger americani, mandandoci addirittura Phil Schiller (come racconta uno stupefatto John Gruber nel suo blog “Ehi, sembrava un keynote ma era stato fatto solo per me!”), in cui si presenta la beta del prossimo sistema operativo (Mac)OsX, Mountain Lion. Molto vicino all’iOs dei vari device portatili (iPad, iPhone ecc.) ma distinto. Lo hanno addirittura scritto nero su bianco per chiarire che il sistema operativo del mac sarà sempre più interoperabile con i devices Apple ma rimarrà distinto. "Prendiamo alcune ispirazioni" da iPhone e iPad. 
3. Terzo segno: Dopo un anno intero in cui sembrava sempre più chiaro che Apple non avrebbe più fabbricato torri desktop professionali (i famosi Mac Pro) cominciano a filtrare le voci, sempre più decise, del possibile rinnovo della gamma dei Mac Pro in corrispondenza con l’uscita dei nuovi processori Intel Ivy Bridge. E per le schede grafiche forse Apple tornerà a Nvidia, per la felicità degli utenti Adobe (tra aprile e maggio dovrebbero uscire le nuove schede video Nvidia Keplero, una specie di festa per chi usa CUDA). E se questo non è un post per nerd, non so cos’altro posso fare.

P.S.: A proposito, com’è finita la vicenda della Foxcomm e delle condizioni di lavoro degli operai cinesi che costruiscono iPad e Mac? Stasera (lunedi 21 febbraio) alle 23:35, ora della costa orientale, le telecamere della ABC entreranno per la prima volta nelle fabbriche cinesi che producono prodotti Apple.  Fra qualche ora qui troverete il teaser video. (Ricordatevi però che ABC è di proprietà della Disney, e che Apple ha un bel po’ di azioni Disney. Staremo a vedere).  

lunedì 20 febbraio 2012

San Remo in singalese

Un amico dello Sri Lanka che ho ospitato a Roma nei giorni del festival mi ha scritto una gentile letterina di commiato, che qui riporto.
Caro Gregorio innanzitutto grazie per l'ospitalità. E stato molto divertente passare tante serate a casa tua anche se eri molto impegnato a vedere in tv quella gara un po' turbolenta di comici e di cantanti che veniva trasmessa da quella specie di dagobah in Liguria. Ho visto che al tasto 1 del telecomando avete un canale televisivo dedicato interamente alla gara, la trasmette ogni giorno fino a notte fonda. 
Purtroppo non si sentiva tanto bene un po' a causa dei microfoni, un po' perché nel salone c'era tuo figlio che guardava i dvd di Ben 10 a tutto volume, compreso Ultimate Alien e  allora un po' mi confondevo tra i vostri Luca & Paolo e Ben & Kevin, poi c'era nonno Max che mi ricordava quel vostro religioso con pochi capelli che fa anche il cantante, Adriano. 
Mi sono molto piaciute le tre comiche giovani che fingevano di fare le ballerine, soprattutto quella che non mette le mutande, ma credo che fosse una gag, comunque era divertente anche quella alta alta che fingeva di essere ignorante e diceva Morricione al posto del maestro Morricone che è molto conosciuto anche da noi singalesi.

Volevo dirti che a Fiumicino ho comprato un giornale italiano per portarlo a mio fratello che fa collezione di cose strane, non ci crederai ma in prima pagina parlavano proprio di questa gara e criticavano molto questo Padre Adriano che invece a me è piaciuto molto, anche perché parlava lentamente e usava sempre le stesse parole per cui riuscivo un po' a seguire. Ma li trattate così i religiosi in Italia? 
Mi è dispiaciuto che l'hanno fischiato perché secondo me ci è rimasto male e per fortuna c'era quell'altro vecchio signore gentile quello con le mani grandi che l'ha sostenuto e alla fine si sono messi a cantare insieme. 
Il Tempio d'oro di Dambulla, Sri Lanka
Quando ti sei addormentato nel tinello e tua moglie si è messa a vedere i divx di Downton Abbey ho continuato a guardare la gara, sono arrivati due cantanti giovani vestiti da clown tristi ma lì non ho capito tanto. Poi finalmente è entrata la presentatrice del programma, quella ragazza brava un po' robusta ma si è messa anche anche lei a fare un po' la comica e tutti applaudivano.  Alla fine però il signore anziano l'ha mandata via e si è messo lui a dire che tra poco avremmo saputo chi vinceva la gara dei cantanti. (Invece non ha più parlato di quella dei comici ma forse mi è sfuggito qualcosa). Deve aver vinto una ragazza ma non saprei dirti quale, erano in tre abbastanza simili tranne che una aveva i capelli rossi, in tv dicevano che vinceva una poi un'altra molto complicato e poi mi sono addormentato anch’io.

Comunque mi sono molto divertito e ho anche pensato al vostro Paradiso che dev'essere un posto molto bello dove si beve sempre caffé. Al mio paese questi programmi non li fanno mai e neanche negli Stati Uniti li ho mai visti. Ho capito che è il vostro modo di pregare. L'unica cosa che non ho capito è perché tutte le sere quel signore anziano con le mani grandi cercava di vendere un'automobile tedesca. 

sabato 18 febbraio 2012

iPad3, alta definizione, Rai e Mediaset

Televisore Panasonic 4K (150 pollici)

Popolo del chiacchiericcio televisivo, voi che state vivisezionando la scaletta di Sanremo e i movimenti sopraccigliari di Mazzi e Mazza: volevo dirvi che ormai sicuramente ai primi di marzo sarà presentato il nuovo iPad 3. E a questo punto è sempre più sicuro che avrà un display Retina da 2048x1536 pixel. 
E uno potrebbe dire chissenefrega, ma dimostrerebbe solo un po' di ignoranza passatista. Invece si tratta di una scelta che avrà conseguenze serie su tutto il mercato dell'intrattenimento. Vediamo di spiegarci.
Lo schermo del nuovo iPad avrà una definizione che eccede le misure classiche dell'Hd (i cosiddetti 1080, che significa uno schermo di 1920 x 1080 pixel). Poiché la tendenza dell'industria dell'hardware è quella di andare rapidamente verso il 4k (cioé 4096×2304 pixel, una risoluzione che rende l’immagine digitale indistinguibile da quella della pellicola), per ovvii motivi di marketing (altrimenti tra poco cosa venderanno?) è chiaro che Apple vuole intercettare il trend. Anche perché uno schermo così definito rende, ad esempio, una pagina di libro visualizzata sul display nitida come una pagina stampata. Ed è la stessa Apple che fino a qualche tempo fa giustificava la sua scelta di limitare i film su iTunes alla risoluzione di 720p, con la scusa che "tanto la gente non percepisce la differenza". Poiché mi rendo conto che questo turbinare di cifre può risultare piuttosto ostico ecco un disegnino che spiegare di cosa stiamo parlando (potete cliccarci sopra per ingrandirlo):

Oggi se uno vuol vedere Sanremo in HD può andare sul canale 501 del Digitale Terrestre. Che è l’unico canale HD, per quanto abbastanza clandestino, della Rai (anche se molto spesso si limita a mandare in onda programmi in definizione standard gonfiati a 1080i). A differenza di Sky, i principali network italiani (a parte la 7 che è tecnologicamente più avanti) trasmettono tuttora solo in 576i, cioè in quella che gli americani chiamano la Standard Definition. Solo il prodotto fiction e una serie di eventi e di varietà sono già prodotti in Hd,  ma vengono trasmessi in Sd. 
Per la Rai non è strano: chi ha una certa età ricorda l’interminabile periodo delle  “prove tecniche di trasmissione” prima dell’introduzione del colore, così come alla radio l’onnipresente annuncio “in stereofonia solo per le zone raggiunte da questo servizio”. 

Ma il monopolio non c’è più da oltre trent’anni. Quindi bisognerebbe evitare di trovarsi nella condizione in cui si trovò la radio a onde medie quando tutte le radio private trasmettevano in stereo a modulazione di frequenza. Tra l’altro i nuovi televisori a LCD hanno il pessimo vizio di trasmettere molto male la definizione standard, perché devono “gonfiarla” per riempire uno schermo fatto di molti pixel. Fate un esperimento: guardate un programma Rai su un vecchio tv a tubo Sony, o perfino Mivar: si vedrà molto meglio. Stesso problema ha Mediaset. Solo che senza la disponibilità di nuove frequenze né Rai né Mediaset potranno convertirsi all’HD, perché dove passano 4 canali SD ne passa uno solo in HD. E qui Monti e Passera avranno molto da dire, visto che hanno stabilito che la cessione delle nuove frequenze dovrà essere “onerosa”. Giusto, col problema però che quest’anno la Rai sta come sta e Mediaset a occhio e croce ha un -7% di raccolta pubblicitaria rispetto all’anno scorso.
E quindi il rischio è che nel medio periodo l’arretratezza tecnologica della trasmissione in SD cominci a pesare in modo sostanziale, soprattutto sulle fasce di pubblico giovani e “centrali” (insomma, quelli che riescono a usare contemporaneamente due telecomandi senza andare in deliquio).
Ecco perché ho la vaga impressione che prima poi gli insormontabili ostacoli posti dal Pdl a qualunque cambiamento, tanto per fare un esempio, nella governance Rai, troveranno magicamente composizione in un “accordo più ampio”. In cui anche la questione delle frequenze, come molte altre, troverà in qualche modo una strada.
Quante cose può fare un iPad.

giovedì 16 febbraio 2012

Belen, le mutande e i giornali

La sala stampa del Festival di Sanremo

Dialogo telefonico immaginario tra un direttore di giornale e il suo inviato a Sanremo. 
15 febbraio 2012, Sanremo-Roma.
DIR.: Allora come te la passi nella Riviera dei fiori?
INV.: Ciao Direttore! Eh cosa vuoi che ti dica... a parte lo spacco di Belen qua è una palla
DIR: Sì ma mi serve un’apertura... non posso mica aprire in prima sulle mutande... Ma in sala stampa cosa dicono di Marano, Mazza & C.?
INV.: Ma, guarda, niente, qua Marano non si è proprio visto, mi ha detto un collega che stava giù alla stanza verde ma qui non pervenuto.
DIR.: Cosa cazzo è la stanza verde?
INV.: Ma no, niente, Direttore, a proposito scusami ma qui è già la seconda telefonata dell’Amministrazione per gli extra... ma se io offro un aperitivo a un cantante cosa minchia devo dirgli, che facciamo alla romana?
DIR.: Non parlare a me de ‘ste cose per favore, eh? Non ne so un cazzo e non me frega un cazzo. E poi scusa a quanti cantanti hai offerto un aperitivo?
INV.: Vabbé Direttore era un esempio... Senti qui potrei avere un’intervista a ‘sto gruppo inglese...  Una botta di culo, Castaldo se stà già a magnà i gomiti... Con un bel fotocolor...
DIR.: Ma sai quanto cazzo gliene frega ai nostri lettori del tuo gruppo inglese, dài, su. (Pausa) Senti ma ‘sta Belen c’aveva ancora Corona dietro?
INV.: Mah Corona l’ho visto ieri di passaggio non ho idea penso di sì, sai non vogliono che si faccia troppo notare, comunque se vuoi
DIR.: Ma che me frega a me di Corona, no, dico un pezzo di gnocca come la Belen, ancora sta con ‘sto scemo, ma che ci troverà, potrebbe essere una star...
INV.: Senti Direttore vuoi l’intervista doppia Belen-Canalis?

DIR.: Ma a me della sarda non me ne frega un cazzo, semmai la modella quella lì col collo rotto, ahò ma quanto c’ha messo a guarire, mezz’ora
INV.: Eh ma c’è tutta una storia dietro Direttore
DIR.: E tu scrivila, no?
INV.: E no, è un casino, poi so’ cose riferite, evitiamo grane capito
DIR.: Vabbé senti ma cosa mi dici di Celentano?
INV.: Guarda non si sa un cazzo, qua tutte bocche cucite, non so come va a finire, comunque sabato non so se riescono a rinunciare, già so’ scesi d’ascolto...
DIR.: Ma non sai proprio un cazzo su niente! Ma che state a 'ffà lì in sala stampa, sempre a cazzeggiare con quelle due sgallettate di Oggi? Ma dimme un po’
INV.: Direttore senti se vuoi un pezzo su Finardi, sai il ritorno della grande musica
DIR.: Vabbé senti ma lo still di Belen ce l’abbiamo no? E tu famme un pezzo
INV.: Tono?
DIR.: Sdegnato, dài, sdegnato. Com’è finita la Rai, speriamo che Monti ecc. ecc.
INV.: 3000 battute?
DIR.: 2500, mi raccomando la farfallina di Belen
INV.: In prima?
DIR.: In prima.

La tv è (Coco)nuda?


Nel mare di polemiche post Celentano, tra un pezzo su ciò che accadeva nelle segrete stanze di Viale Mazzini, uno dedicato alla divinazione dei prossimi (augurabili) interventi di Monti e un'esplosione di still frame per chiarire la querelle sulle mutande di Belen nessuno si è accorto della cartina di tornasole più significativa dei sottotesti di questa televisione. Mi riferisco alla pubblicità Coconuda, probabilmente la cosa più brutta che mente umana abbia concepito dopo il nuovo taglio di capelli di Flavia Cercato.
Presente in entrambe le due prime serate di Sanremo 2012 (e quindi, si suppone, ospite fisso), lo spot Coconuda è il mirabile esempio di un'Italia seconda repubblica style che tiene tuttora banco in tv, tra una farfallina esibita e una cross promotion rai-mediaset surrettiziamente presente in qualche ospitata.

Proviamo a descrivere: un party di sole donne, agghindate in stile Palazzo Grazioli versione festoso-partenopea (tubino nero, occhi bistrati di nero, capello piastrato, apparentemente ripassate da un'unica mano chirurgica) assistono un po' goffamente all'ingresso teatrale di un gruppetto di tre (due ragazze, una vestita di verde e una di rosso, al centro un modello da reality vestito di bianco, a formare la bandiera del belpaese). Alla presenza del trio, passata la stupefazione iniziale (con tanto di caduta di flûte di champagne) si scatena un folto gruppo di paparazze, tutte di sesso femminile, pronte a scattare all'unisono con compiaciuta aggressività, naturalmente provviste di flash, tanto per mimare il mood dolce vita. Lo stile italiano vince sul nero-party. Ad ovviare a una fotografia così così qualche filtrazzo di after effects, quasi la versione trash di un video di mtv rielaborato oniricamente da Fabrizio Corona.

Ecco, come insegnavano i maestri, quando vuoi capire un mondo, uno stile e un linguaggio studia la versione bassa. Lo spot è andato in onda la prima volta subito dopo la fine del sermone di Celentano. E poi se la pigliano con Francesco Mandelli.

mercoledì 15 febbraio 2012

Sanremo, Celentano e l'effetto ammuina


Al discorso di Celentano mancavano solo il governo delle banche e la sparizione delle mezze stagioni, ma Adriano potrebbe essersi conservato questi topic per le prossime apparizioni (a meno che la task force planata da Viale Mazzini e capitanata da Antonio Marano non abbia effetti imprevedibili sul Molleggiato).
La verità è quella spiegata lucidamente all'inizio (forse con qualche minchia di troppo) da Luca e Paolo: con la fine dell'effetto Berlusconi non si può più far passare qualsiasi fregnaccia populista-antimoderna-noTav-noPreti-e-perfino-noGrasso per un contributo allo "scuotimento dell'albero" del Cav, e quindi cosa buona e giusta.
E i teatrini parrocchiali a cui Celentano, grandissimo interprete della canzone popolare italiana ma anche Pasolini dei poveri, ci aveva da tempo abituato rischiano di apparire per quello che sono: non uno strappo rivoluzionario al lessico televisivo ma una goffa rifrittura passatista di temi e linguaggi, affastellati e tenuti assieme da un luogocomunismo sostanzialmente afono.
La domanda è: si era scelto di puntare su un festival-evento? In cui la musica, come l’intendance, suivra? Sul facìte ammuina?
L'ammuina era lo schema tattico che nell’annedotica ottocentesca veniva attribuito al Regolamento della Real Marina borbonica. In caso di minaccia, per salvare la pelle fare casino:

All'ordine Facite Ammuina: tutti chilli che stanno a prora vann' a poppa
e chilli che stann' a poppa vann' a prora:
(...) chi nun tene nient' a ffà, s' aremeni a 'cca e a 'lla. 


Il risultato immediato di questa tattica può anche essere (nella fame di eventi generalisti provocata dalla crisi) una significativa lievitazione dell'ascolto. E così è stato per la prima serata di Sanremo 2012. E diciamo pure che la giustificazione di questa scelta può essere nella penuria di risorse che ha portato alla virtuale sparizione degli ospiti stranieri e a una serie di clamorosi incidenti tecnici. In quel quadro l'effetto bordello potrebbe essere una brillante via d'uscita tattica. Evidentemente lo è stata. Ma l'effetto sul medio periodo è la distruzione del festival come gara di canzoni e di interpreti. Venti minuti di Luca e Paolo (bravi), poi qualche canzone (ma senza alcuna star femminile a condurre); poi un incidente tecnico; poi un’ora di Celentano; poi altre canzoni senza gara; poi la coppia femminile dell’anno scorso, poi poi poi. E’ un Sanremo slapstick con un po’ di hellzapoppin’. Ma con la poetica delle torte in faccia c’è sempre il rischio che qualcuno concluda: l'operazione è riuscita, il paziente è morto.

lunedì 13 febbraio 2012

Ritornano i grandi ascolti?


Il Superbowl 2012, l’evento televisivo più importante d’America, ha raccolto sulla NBC, secondo Nielsen, 111 milioni e 300mila spettatori, l’ascolto più alto degli ultimi anni (nel 2011: 111 milioni, nel 2010: 107 milioni).
Sabato Italia’s Got Talent ha portato a casa quasi 9 milioni di telespettatori (34,53%).
Il paragone è incongruo ma fa capire come le ipotesi che avevamo paventato qualche mese fa su un ritorno di fiamma della tv generalista di fronte alla crisi economica (per favore, non spiegate tutto con la neve!) sembrerebbero confermarsi. D’altronde Fiorello non ha avuto bisogno di alcun blizzard per raccogliere 12 milioni di spettatori.
E’ un segnale positivo per Sanremo? Potrebbe, visto che tra l’altro Mediaset gli ha asfaltato la strada  (niente Zelig e niente Maria questa settimana). Potrebbe ma non è certo, perché la ciofeca è sempre in agguato.

Adriano Celentano
Perché quello che si può capire da questo ritorno di fiamma (tendenziale? Strutturale? Congiunturale?)  dell’ascolto generalista è che chi torna ai tasti 1 e 5 del telecomando si aspetta ciò che nella sua memoria era il grande intrattenimento generalista: qualcosa di anticiclico, antidepressivo e rassicurante, ma anche qualcosa che è in grado di costituire un piccolo o grande evento. Oggi quindi i grandi canali generalisti hanno una carta da giocarsi per l’immediato e anche per il futuro: ma i tagli nei costi fanno fatica a convivere con questa opportunità, che significa investimenti: oculati, sì, ma investimenti. Oppure innovazione geniale. Non è una sfida facile, vedremo come se la caveranno gli strateghi dei grandi broadcaster.

venerdì 10 febbraio 2012

Sanremo for Dummies (guida alla sopravvivenza)


Sanremo. Il Venerdi di Repubblica mi ha chiesto un intervento sul festival (che comincia martedi) e la televisione. Mi è sembrato giusto convertirlo in una letterina di consigli ad una giornalista in erba che deve scrivere il fatidico pezzo su Sanremo e i media. Ve lo ripropongo qui.
Cara Allegra, prima di tutto scrivi due articoli, anzi meglio tre. Che non ti sembri il triplo di fatica. Anzi, questo escamotage ti renderà tutto più semplice. Nel primo punta tutto sul successo mediatico del festival. L'evento tv vince sulla musica. Potresti partire alla lontana, ricordare che una delle prime intuizioni di un Festival della canzone italiana la ebbe Angelo Nizza, quello del duo Nizza e Morbelli, gli inventori dei Quattro moschettieri ai tempi dell’Eiar (e in quanto tali, creatori: delle parodie televisive, del varietà Rai, tutte cose che, come la sigla del Tg1, derivano dalle loro invenzioni).

Benigni a Sanremo (2011)
Spiegherai con dovizia di particolari che Sanremo vince quando è prima di tutto una grande “messa cantata” televisiva, un evento che sostituisce altri momenti di unità nazionale di cui la nostra Nazione è notoriamente scarsina. Sanremo non si ricorda per il vincitore ma per l'esibizione di Beppe Grillo o l' inno nazionale di Benigni o anche per il bacio della Littizzetto a Pippo Baudo; per lo stesso Baudo che salva l'aspirante suicida o invita sul palco gli operai dell'Italsider, per Fazio che presenta Gorbaciov e signora al cinema Ariston oppure per le gaffe, le scivolate dalle scale, le mise della Clerici, le ironie di Bonolis, i friccichi provocati da Luca e Paolo nelle salmerie del Pdl, i litigi e nel caso peggiore i suicidi.  
Adriano Celentano
Se per caso gli ascolti vanno bene benché non sia successo niente userai il secondo pezzo: nel quale avrai spiegato che  il festival vince quando mette al primo posto la musica. Dirai che “bisogna smettere di guardare a Sanremo come alla terza Camera dello Stato”. Ci butterei dentro anche Gramsci, sostenendo che "se non era giusto per Gramsci snobbare Carolina Invernizio, perché dovrebbe essere giusto pensare a Celentano solo come a un tribuno del popolo e non prima di tutto come a uno straordinario interprete musicale di una nazione?” E aggiungerei: d'altronde, spente le luminarie, smontate le scenografie e gli effetti speciali, dimenticate le polemiche rimarrà, perché rimarrà, qualche canzone da fischiettare e un respiro di novità dai giovani interpreti. “Ecco, probabilmente è quello il Sanremo da conservare”. (Non superare le 3000 battute).

Se poi non funzionasse niente, e gli ascolti facessero cilecca (ma non è detto, sai, con questa crisi) cara Allegra prova con l'arma-fine-di-mondo. Trenta righe sul fatto che questo festival "non piaceva a Berlusconi". Sai, Celentano, i casini nella Rai, ecc. Il che spiegherebbe tutto, poi a dettagli e punteggiatura pensaci tu. In fondo vieni dal politico. In ogni caso se volevi quegli indirizzi per la cena di pesce ti raccomando, se ti va una deviazione, Le Chaudron a Bordighera. Tanto con tre pezzi già scritti stai in una botte di ferro.

martedì 7 febbraio 2012

Rocco, l'ospite perfetto di Chiambretti


Chiambretti ha risalito la china grazie a una giornata leggermente meno ardua e soprattutto grazie a ospiti più centrati sul pubblico della prima serata di Italia Uno. Altro che Ducklage (5-6%), altro che Scilipoti (6%), altro che Balestra (6%) e Alan Friedman (5%). Qua si gioca pesante: con Tamara Ecclestone e soprattutto con Rocco Siffredi. E in tarda serata con la tenzone Platinette-Giovanardi, degna di Cronache marziane.
Con gli ospiti di ieri Chiambretti è potuto ritornare ad essere Pierino: niente defatiganti doppie letture, che passano sopra il pubblico d’elezione di Italia Uno come droni; niente toni da “bravo presentatore”, che non gli si addicono. E invece finalmente ospiti che per quel pubblico sono super-generalisti, con i quali Chiambretti può lavorare di spada e di fioretto.
Tamara Ecclestone

Rocco Siffredi è l’ospite ideale per Italia Uno. Prima di tutto per ragioni anagrafiche. Rocco Tano sta al pubblico di 20-30enni di oggi come Bonolis (quello di Bim Bum Bam) stava a quello che oggi ne ha quaranta. Rocco ha svezzato un’intera generazione (molto più dell’home video hanno fatto internet e il file sharing, anche se sono stati la rovina economica del “settore”) e lo ha fatto con il suo tono da bullo bonario, quello che non ti prende per i fondelli facendoti notare la sua certificata maggiorataggine e i suoi skill ma anzi, ti sussurra un consiglio d’amico. Rocco non ti sfotte, Rocco fa il suo e indica la strada. Per questo Rocco Siffredi, con tutte le sue nostalgie berlusconiane d’antan, è un personaggio rassicurante. Sembra dire al suo pubblico: “anche per me quei tempi sono passati, sì certo che scopo ancora ma la vita è più difficile di quanto pensassi, tasse rogne e rotture di palle, ragazzi una volta sì che ci si divertiva, sì sono un maschilista ma chissenefrega, non sono mica cattivo, anzi sono un po’ disincantato. Lo faccio per celia e un po’ per non morire. E alla fine, come Petrolini, alla tipa in questione potrei chiedere: Ti è piaciato?”.
Ecco, Siffredi è lo spleen di questa generazione. E poi li prendiamo anche per il culo con la storia del posto fisso.

Glenville oltre le16000 visualizzazioni

Glenville ha superato ieri le 16mila visualizzazioni complessive, grazie a tutti.

lunedì 6 febbraio 2012

Obbligatorio: vedere Black Mirror

Qualche tempo fa avevo pubblicato un post sul diritto all'oblio (dopo gli ultimi cambiamenti di Facebook). Ma non avevo ancora visto (e non era ancora andata in onda su Channel 4) la terza -e purtroppo ultima- puntata di Black Mirror, la mini-serie inglese che costituisce un intervento assolutamente definitivo sull'argomento. Oltre a essere un oggettivo capolavoro.
E' impressionante come gli inglesi siano diventati, a due anni scarsi dalla fine di Lost, il nuovo faro della serialità televisiva, mentre l'età dell'oro della fiction americana sembra diventare un ricordo del passato. Invito tutti a rintracciare, con ogni mezzo lecito e illecito, questa gemma della tv inglese. Per capirci, Black Mirror è un Ai confini della realtà in versione consapevole e adulta, un racconto sugli effetti collaterali della tecnologia che ha metabolizzato Swift, Orwell e Kubrick.

Charlie Brooker
E già che ci siete date una riguardata a Downton Abbey, che in quanto
soap di prima serata sta a Centovetrine come Modigliani sta all'ingenua ritrattistica alla Teomondo Scrofalo. Comunque, tornando a Black Mirror, una  cosa è certa: che Charlie Brooker (ideatore, sceneggiatore, giornalista, conduttore televisivo, producer) è un genio. E una è pazzesca: che Centovetrine sia prodotta da Endemol Italia mentre Black Mirror è prodotta per la prima serata di Channel 4 da Endemol inglese. Cosa se ne deduce? Che il problema siamo noi pubblico italiano? Charlie Brooker saprebbe certamente trovare una risposta a questa domanda.

P.S.: Devo a Francesco Agostini la mia personale scoperta di Black Mirror. Così non dirà che non l'avevo scritto.

domenica 5 febbraio 2012

Hugo, Scorsese e gli effetti speciali sdoganati



Parliamo della governance Rai? Dei programmi della 7? Dei problemi di Publitalia? Del Tg1? Ma chi se ne frega, parliamo invece di Hugo, anzi Hugo Cabret, il nuovo film di Scorsese in 3D.

Hugo è uno di quei film che devono essere visti. Non è detto che vi piacerà e magari contiene qualche didascalismo di troppo (viva-il-cinema-che-è-sogno-infatti-altroché Lumière-il-cinema-è-Méliès-è-un-racconto-fantastico-una-magia-con-una-sua-techné-che-non-va-sottaciuta-ma-messa-sull'altare, a questo allude Scorsese anzi più che accennartelo te lo urla nelle orecchie e te lo schiaffa sugli occhi. Anche per merito di Dante Ferretti che ci racconta un Méliès molto Fellini).
Ma come ce lo comunica visivamente Scorsese? Con gli effetti speciali digitali, la cosiddetta CGI, la computer-generated imagery. Da Casino a Gangs of New York Scorsese ha sempre amato ricostruire mondi e città ma dev'essergli piaciuta tanto l'esperienza di Boardwalk Empire, con la sua promenade di Atlantic City ricostruita con i greenscreen.

La cosa veramente importante soprattutto per il mondo del cinema italiano (e quindi anche della fiction, che da sempre si vive, non so perché, come sorella sfigata di Cinecittà) è che l'auteur Scorsese sdogana definitivamente il cinema degli effetti speciali. Ovviamente in Hugo gli effetti sono usati bene e non da parvenu, a differenza di quello che accade in molte megaproduzioni hollywoodiane. Ma per quanto si possa dire che sono usati bene sono soprattutto tanti. Tantissimi. Più di ottocento shot. Secondo i produttori se una sola scena (il carrello virtuale della stazione) fosse stata renderizzata da una sola workstation, quel computer ci avrebbe messo 170.000 ore. La stazione di Hugo è fatta di 35.000.000 di poligoni. Per realizzare tutta la CGI in un anno Scorsese di è dovuto affidare a Pixomondo. Qual è la peculiarità di Pixomondo? Il fatto di non essere una società di effetti computer generated di Los Angeles o di Londra o di New York. Pixomondo è una società che impiega artisti negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Cina, in Tailandia e in Germania. In pratica Pixomondo globalizza gli effetti, che è il solo modo per farcela con una deadline così stretta.

Hugo: il dietro le quinte degli effetti visivi
Nel video che ho linkato si vede il lavoro enorme che è stato fatto. Ancora più impegnativo perché doveva essere tutto stereo3d. Scorsese ci dice che l'uso della CGI non può più essere più considerato di per sé il marchio di un prodotto "da multisala", un preludio a un videogame, ma è ormai un tool della narrazione. Produce una realtà aumentata, che è quella che chiediamo. Chissà se tante società italiane di CGI che potrebbero fare molto ma che vivono di stenti e di cartoni seriali potranno avere qualche possibilità di esprimersi sul mercato dopo il segno tracciato da Scorsese. Certo i costi di Hugo sono proibitivi, altro che Méliès.

giovedì 2 febbraio 2012

La fine dell'Home Video, e non solo



Vi ricordate quando c'era Blockbuster? Videocassetta, pizza e coca cola? E la trattativa sulla cassetta restituita dopo un mese? Beh, secondo i dati del convegno organizzato oggi dalla Fondazione Rosselli (IX Summit sull'Industria della comunicazione, Accademia dei Lincei, con il patrocinio di Sky, Telecom e Mediaset, APT, ATDI, RCS e Rai, insomma tutti), il comparto dell'home video è crollato in Italia, dal 2006 al 2010, del 43,1%. D'altronde basta sentire i distributori per capire che far comperare un DVD (o un CD) è ormai un'impresa (il comparto della musica registrata è calato, nel corrispondente periodo di tempo, del 44%). Ovviamente il flusso di risorse destinate alla pubblicità su internet e sul mobile è cresciuto nello stesso periodo del 111,9%, e crescerà ancora.

Dei dati elaborati come trend dalla Fondazione Rosselli si potrebbe parlare a lungo (anche il fatto che Sky sia diventata, per fatturato, la prima azienda di comunicazione in Italia, superando sia Rai che Mediaset, non è cosa da poco). Ma il vero problema- poiché i trend analizzati sono la foto di un cavallo che corre ma sta rallentando- è che i dati del 2012 saranno molto più critici, soprattutto per la raccolta pubblicitaria, con un -5% previsto da Mediaset che è un'assoluta novità.

La mia impressione è che, quando la crisi finirà (sì lo so, ma prima o poi finirà) dobbiamo scordarci l'illusione di poter ritrovare, soltanto un po' ammaccato, un modello di business basato soltanto
1. sulla pubblicità lineare (quindi in tv)
2. sulla vendita di prodotti di intrattenimento attraverso i canali tradizionali (cinema, home video ecc.) 
perché la crisi si innesta in un'enorme trasformazione del panorama mediatico determinata dalla Rete. 

La crisi da una parte assottiglia le risorse dei "compratori di audience" (le aziende), dall'altra aumenta la domanda di intrattenimento da parte dei "consumatori". I quali però
-hanno imparato a usare il file sharing e ancora non ho visto una legge nel mondo che possa bloccare questo trend, perché è un trend che si blocca solo con i micropagamenti;
-non rifiutano la tv generalista ma per generalista intendono un grande appuntamento unificante della famiglia, un evento che ha un costo al minuto oggi fuori standard;
-sono incuriositi dal DTT gratuito ma lo considerano ancora una commodity (e allora meglio meno canali ma più caratterizzati);
-fanno fatica a pagare il canone Rai anche perché per vent'anni gli è stato detto che avevano ragione a non pagarlo;
-apprezzano Sky anche se la considerano costosa;
-non hanno ben capito cos'è Mediaset Premium al di là delle partite, anche perché a differenza di Sky fa fatica a rappresentarsi come un brand premium (anche come effetto di status);
-stanno cominciando a percepire- man mano che il parco televisori si va a rinnovare proprio a causa del DTT- le opportunità date dagli aggregatori (Youtube e possibili nuove App).

Quindi la mia opinione resta la seguente: cari broadcaster, non potete continuare a tagliare sulla carne viva all'infinito (riduzioni drastiche sui budget della fiction, riduzioni drastiche sull'intrattenimento ecc.). Potrete senz'altro andare verso un modello ideativo-produttivo lower cost, ma comunque sempre cost è. Non potrete campare di barter. Quindi dovete trovare nuovi modi per farvi pagare. Non solo dagli inserzionisti, ma soprattutto dai consumatori del vostro prodotto. Cominciare a pensare a internet, all'IP television, al mobile come ad un'opportunità per guadagnare e produrre contenuto. Da portare poi su tutte le piattaforme. Far pagare poco ma far pagare tutti. Oppure aspettate che tornino i tempi di Premiatissima. Campa cavallo.