mercoledì 4 novembre 2015

Netflix e l’Italia: sarà vero amore?



Netflix è bellissimo appena compare davanti ai tuoi occhi, è come quelle ragazze conosciute al bar che all’improvviso ti incantano magicamente, di cui sarebbe facile innamorarsi, ma quando si siedono al tuo stesso tavolo capisci che tu e lei appartenete a due mondi ancora troppo lontani per capirvi, per avere qualcosa in comune nel tempo. Così torni a casa davanti al televisore ultra hd e non ti resta altro da fare che iscriverti a Netflix. 

Da pochi giorni la piattaforma americana che trasmette e produce film, documentari e serie tv on demand, al costo di un abbonamento mensile tra gli 8 e i 12 euro, è sbarcata in Italia. Tutti si aspettano e profetizzano che sarà Netflix l’angelo sterminatore della vecchia tv generalista, l’arma che vendicherà la tv di qualità contro il generalismo, che piegherà Rai e Mediaset entrando nel cuore degli italiani. Come con i colpi di fulmine con le persone appena conosciute anche qui molte aspettative sono un po’ sopravvalutate. Innanzitutto c’è la banda larga che anche quando è davvero larga (tipo 100 mega a casa) non è sufficiente: la mia prima volta con Netflix c’è il sync tra il film e i sottotitoli che non funziona, rendendo tutto molto frustrante. 

Netflix si mette in competizione con la televisione, proprio come quei colpi di fulmine che vorrebbero farci dimenticare le vecchie abitudini ma in realtà ambiscono solo ad appropriarsene: arriva sul televisore, che ormai per molti è già smart tv, ma si presenta con una piattaforma simile a quella di iTunes o di Spotify. Fa sempre scuola l’intuizione di Steve Jobs che già vari anni fa aveva sostenuto che i supporti fisici (cd, dvd, perfino Bluray) non avessero futuro. Non c’è bisogno di possedere quello che importa è vedere, in fondo un ritorno agli albori della televisione. Ma mentre, con qualche sacrificio, in molti hanno finito per accettare l’idea di affidare la propria musica a Apple o la propria libreria ad Amazon, il rapporto degli italiani con la televisione è diverso. Non è un colpo di fulmine, ma è un affidarsi a un volto, a un’idea, a una storia riconoscibile. I colpi di fulmine vanno bene per le nicchie di mercato, ma per conquistare il pubblico televisivo italiano bisogna offrire un codice chiaro, una chiave che permetta di entrare nelle case del pubblico. Testimonial, prodotti, in un certo senso “ideologie” riconoscibili. 

La sfida decisiva per Netflix in Italia sarà quella delle produzioni nazionali: una serialità che non sono solo possa parlare in italiano ma soprattutto che sia pensata in italiano, e con queste sue caratteristiche possa poi trovare vita anche sui mercati esteri (in fondo la stessa sfida che tocca alla Rai, che però appartiene alla categoria delle zie un po’ amate e un po’ odiate, non purtroppo a quella dei nuovi colpi di fulmine). L’algida libreria virtuale è il futuro ma dentro bisogna portarci ancora le persone. Anche Sky c’è riuscita. E servirà un po’ di tempo, e un po’ di teste pensanti, per sapere se Netflix ce la farà. E mi raccomando, occhio alle connessioni.