Discorso sul metodo tra Silvio Berlusconi e Massimo Giletti a Domenica In/L'arena. |
Cari candidati alle elezioni,
commentatori assai stimabili come Beppe Severgnini e Filippo Sensi (@nomfup) vogliono consigliarvi come utilizzare twitter. Sappiate che qualche mese fa sono venuti a Roma, al FictionFest, un po' di ragazzi della Bbc a spiegarci cos'hanno capito loro dopo due anni di lavoro su twitter per la tv britannica. Udite udite, hanno capito che se un programma, un argomento, un personaggio fa discutere se ne discuterà anche su twitter. Altrimenti, nisba. Anche i consulenti più abili non ce la faranno a farlo vivere nei tweet. Bella scoperta, eh? Oddio, i misteri della tastiera ios, quelli magari ve li potranno spiegare. Ad esempio, come si fa ad ottenere una i accentata, Senatore. Il resto appartiene alla capacità di comprendere cosa vuol dire "social".
Ma, almeno in Italia, paese per vecchi, il mezzo determinante sarà anche stavolta la televisione (magari commentata sui social network). E quindi eccovi un decalogo semiserio sull'uso del vecchio tubo.
1. La tv è la tomba degli illuministi. Sappiatelo, voi che andate in tv a parlare di politica. Il discorso lucido e razionale rappresenta una curiosa novità e una boccata d'aria, dopo tante chiacchiere a vuoto: ma alla fine qualche frase rassicurante e un po' di empatia sono necessarie.
2. Non pensate ai commenti dei giornali. Gli editorialisti dei grandi quotidiani rappresentano meno di 1/1.000.000 degli elettori, e probabilmente si limitano a spostare l'opinione di un certo numero di stagiste.
Pierluigi Bersani si commuove a Porta a porta. |
3. Churchill promise lacrime e sangue, ma l'alternativa era di andar tutti a servire birre in qualche bar di Berlino. Sì, lo so: il paragone potrebbe essere calzante. Ma Churchill parlava a un pubblico di protestanti, non di cattolici.
4. Non stupitevi per gli ascolti di B. Egli riesce a catalizzare, sui canali più generalisti, sia il suo zoccolo duro che i milioni di antipatizzanti, e il risultato d'ascolto è quasi sempre lusinghiero. Dopo vent'anni di "grandi comunicatori" il pubblico più semplice apprezza ancora l'abilità dell'eloquio più o meno travolgente, o straripante, di un pluripresidente del consiglio. Ma una parte di esso lo vive come l'ultima performance di un grande venditore.
5. In generale più ascolto non significa automaticamente più voti. La cosa più importante è centrare il bersaglio, cioè parlare a chi è disponibile ad essere convinto o vacilla tra il disimpegno e l'endorsement. Nessuno è passato da destra a sinistra, o da sinistra a destra, semplicemente guardando un programma alla tv. Più facile che lo abbia fatto guardando il portafoglio.
6. I consulenti d'immagine più improvvisati, quelli che ancora credono che Kennedy abbia vinto perché Nixon in tv era sudato, si preoccuperanno di come siete vestiti. A meno che non vi mettiate la tragica giacca color cacca di Achille Occhetto nel faccia a faccia con B. del 1994, dei vestiti potete anche fottervene. Non sbagliate la camicia, però. La cosa più utile che Mity Simonetto ha spiegato negli anni a B. (e daje) è stata quella di fargli mettere la camicia azzurra. Fondamentale per non avere la faccia troppo scura in tv, difetto a cui è sopravvissuto solo Carlo Conti.
7. L'intervista sdraiata non è un gran favore per l'intervistato. B. Invece ne è convinto, ma è ora che vi convinciate che lui non possiede nessuna scienza della comunicazione, solo arte. (Anche la commedia dell'arte è arte, come dice la parola stessa).
8. Lo schema di qualunque discorso in tv è la forma sonata (allegro, andante, allegro). Non partite mosci. Umanizzatevi, scoprite un lato del vostro carattere e della vostra sensibilità. Ma non subito. Fatelo a metà strada, dopo che si saranno convinti che avete qualcosa di interessante da dire. E chiudete con una punch line efficace.
9. Il pubblico studia come vi muovete, dove guardate, si picca di capire la vostra personalità. E' come quando arriva in casa il nuovo fidanzato di vostra figlia: la nonna non ascolterà i suoi discorsi ma lo guarderà negli occhi, gli studierà le mani, si accorgerà se sorride e soprattutto noterà ciò che fa quando pensa di non essere scrutato. Ecco: la tv è uguale.
10. Alla base di qualunque discorso retorico ci dev'essere un fondo di verità. Se raccontate balle a profusione, in meno di vent'anni rischia che vi beccano.