Topolino n.3000. © Disney |
La storia d’apertura, firmata appunto da Faraci
(sceneggiatura) e Cavazzano (disegni) vale da sola l’acquisto, ed è un crudelissimo
colpo al cuore per chiunque sia cresciuto leggendo Topolino.
Sono tutte storie italiane,appunto: perché Topolino e Paperino,
da tempo, sono quasi soltanto italiani. Nel senso che l’Accademia Disney, e il know-how della lunga tradizione del
fumetto disneyano, è sopravvissuta pressoché solo in Italia ( e un po’ nel
paesi dell’Europa del nord). Le storie italiane vengono tradotte “in tutto il
mondo” (dove questo worldwide non comprende più, da tempo, gli Stati Uniti,
patria disneyana dove il comic è scomparso come abitudine di lettura di massa).
Giogio Cavazzano. |
Un tempo questo gap tra Italia e Stati Uniti veniva spigato
in termini di arretratezza (nel senso che la tv, i videogiochi e internet erano
arrivati negli Usa prima che in Italia, quindi le abitudini di consumo e di
impiego del tempo libero si erano trasformate molto prima oltreoceano). Quindi
noi leggeremmo ancora Topolino (molto
meno di prima, stando ai dati di diffusione) soltanto perché la rivoluzione
digitale da noi è arrivata dopo. Ma questa –per fortuna- è una spiegazione
semplicistica. In realtà le storie disneyane scritte e disegnate in Italia
hanno tuttora una loro vitalità perché provengono da un ceppo letterario più
robusto rispetto a quello della madrepatria. In California il fumetto disneyano
venne sempre considerato dalla casa madre di Burbank come uno dei tanti
prodotti “ancillari”, che si trovavano in fondo alle relazioni di bilancio, e
le gemme che nacquero (da Floyd Gottfredson al più grande di tutti, Carl Barks)
furono casi isolati ed irripetibili, totalmente decentrati rispetto alla
filosofia e alla pratica quotidiana della major di Buena Vista Avenue. Mentre
in Italia la rivista Topolino rinacque nel dopoguerra in Via Corridoni e poi in
via Bianca di Savoia, a Milano, in quattro stanze della Mondadori che dividevano il
palazzo con le redazioni giornalistiche di Epoca prima e di Panorama poi, e con
le redazioni letterarie da cui uscivano i romanzi e i saggi che hanno riempito
le librerie italiane per cinquant’anni. Era la Mondadori di Enzo Biagi e di
Vittorio Sereni, di Lamberto Sechi e di Oreste del Buono, quella casa editrice
sospesa “tra Quasimodo e Topolino”, come si disse allora.
I numeri 1, 500, 1000, 1500, 2000 e 2500 del settimanale Topolino. |
Quella contaminazione
giornalistica e letteraria (avvenuta in gran parte inconsapevolmente) ha
generato il Topolino di Mario Gentilini (che fu raccomandato ad Arnoldo
Mondadori da Cesare Zavattini) e poi quello di Gaudenzio Capelli, di Elisa
Penna, di Massimo Marconi e di tanti altri che provenivano da quel robusto
ceppo. Poi la Disney italiana ha preso la sua strada (ed è stato meglio così,
perché la Mondadori considerava ormai la franchise disney come una commodity) ma
ha mantenuto il know-how originale, costruendo l’Accademia Disney, la scuola di
fumetto più importante del mondo.
E’ per questo che, anche di fronte alla rivoluzione digitale, le idee
nuove per il publishing Disney, cartaceo ed elettronico, potranno arrivare più
facilmente dall’Italia che da qualche altro Paese. In bocca al lupo per il
numero 4000.
io mi ricordo ancora il numero 500...
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