Servizio pubblico, su La7. |
Facciamo un passo indietro, a poche ore prima del big bang.
C’è una foto che esprime meglio di
ogni altra un problema. E’ la foto (o il video, se preferite) dell’incontro,
nell’aula di Montecitorio, tra Bersani
e Alfano. Si incontrano, si sorridono, manata sulla spalla. “Ecco l’inciucio”
ecc. Com’è possibile che uno come Bersani non c’abbia pensato?
Bersani e Alfano a Montecitorio. |
In realtà cose di questo tipo avvenivano quotidianamente ai
tempi del vecchio partito comunista (lo dico per chi ha meno di trent’anni).
Non significava necessariamente “collusione col nemico”: era una consuetudine
tra avversari politici che si consideravano comunque figli della Repubblica
ecc. Il Pci, negli anni, riuscì a far digerire cose come l’elezione di Cossiga
a Presidente, per capirci.
Cosa c’era nella prima repubblica, qual è il tassello che
manca ai dirigenti del centrosinistra che vengono dalla cultura politica del
vecchio Pci? In quella cultura politica c’era (e in qualche misura c’è ancora)
l’idea che tra “le masse” (leggi: gli elettori) e il Partito (leggi: quella
curiosa joint-venture tra ceppi culturali e gruppi di pressione chiamata fino
ad ora Pd) potesse ancora agire quella cosa che ai tempi di Antonio Gramsci (80
anni fa) veniva definita l’intellettuale
collettivo. Traduzione in italiano: il Pci poteva fare le piroette
politico-tattiche più spericolate per due motivi: il primo è che comunque
“erano comunisti”, quindi nei militanti c’era l’idea che “se il partito ha
fatto così, ci sarà sotto qualcosa di buono”. E questa la consideriamo risolta
con la caduta del muro e dei fideismi politici.
Il confronto a Sky News sulle Primarie del Pd: quattro mesi che sembrano un'eternità. |
Ma il secondo è ancora più importante:
era l’idea che “il Partito” fosse un
medium in grado di effettuare la “necessaria mediazione” tra le decisioni
dei capi e i militanti. Enrico Berlinguer lanciava il “compromesso storico”
(1973), che implicava un accordo con la Dc, le sezioni si riempivano di mugugni
e proteste, e subito iniziava un defatigante –ma efficace- lavorìo per
convincere, smussare, troncare, sopire, in qualche caso anche per spiegare una
strategia o una tattica. Questo lavorìo si espandeva a una parte della stampa,
al sindacato, ai circoli ricreativi ecc. Cose oggi impossibili. Per capirci: proposto
oggi, ai tempi di twitter il
“compromesso storico” come linea politica sarebbe saltato come un tappo di
champagne in mezz’ora, ed Enrico Berlinguer sarebbe stato rottamato. Ma non c’è
solo twitter. Durante l’ultima campagna elettorale a un certo punto il Pd, come
la ragazza che si considerava la bella della festa, vede svuotarsi
progressivamente il carnet. (Nell’immaginario da anni Sessanta dei leader
storici del Partito Democratico si invitano ancora le ragazze a ballare).
Enrico Berlinguer. |
Cosa mai era successo? Era successo che il Pd non era più
centrale nell’agenda mediatica. Era successo che tutti i media, un trenino che
parte dalla tv e soprattutto dai talk show, esaurita la “notiziabilità” delle Primarie, si erano rimessi a cavalcare il tema
della casta, dei costi della
politica, ecc., perché era (ed è tuttora) la chiave di lettura più facile, più generalista, più efficace a raccogliere ascolti e
consenso nel pieno di questa spaventosa crisi economica. La locomotiva era la
tv, i giornali venivano dietro, il “second screen” di twitter e facebook faceva
e fa da coro greco, permettendosi in finale di partita anche dei robusti assolo. In quella fase cos’hanno fatto
i dirigenti del Pd? Si sono lamentati per l’atteggiamento dei giornalisti
(“invece di parlare del lavoro ecc. corrono dietro a Grillo”).
Beppe Grillo a Rona: "Arrendetevi!". |
Ma i media non corrono dietro a Grillo, corrono dietro
alla issue più semplice,
generalizzabile, personalizzabile. Vogliono un buono e un cattivo, la vittima e
‘o malamente. Lamentarsi di questo è come lamentarsi
della pioggia.
Chi saprà fare i conti con questo mutato rapporto tra
cittadini e politica si salverà, gli altri verranno travolti dall’ondata dei
populismi. L’altro giorno sono entrato in palestra e c’erano quaranta persone
davanti alla tv nell’atrio. Di solito avviene solo per la Formula 1 o per il
MotoGP. Invece stavano seguendo Rai News. Avevano appena eletto Napolitano. Uno
di loro, che sfoggiava un’invidiabile tuta Dainese, ha esclamato: “è un colpo
di Stato”. In che senso? Beh, la frase era appena passata nel crawl del canale
all news che stavano seguendo. L’aveva detta Grillo. E suonava molto bene. Alla
salute del catoblepismo.
Complimenti! la migliore analisi finora letta. Incredibile, ahimè, l'arretratezza di tanta parte della classe politica del PD in proposito. Temo dipenda non tanto da ignoranza quanto da arroganza condita con un filo di snobismo. Speriamo bene...
RispondiEliminaSi salverà "Chi saprà fare i conti con questo mutato rapporto tra cittadini e politica". Sicuramente vero ma a condizione che la situazione economica si risani o almeno non peggiori. Se prosegue come pare l problema, ahimè, sarà che il tipo con la tuta Dainese la tuta, tra un po', non potrà permettersela e allora comincerà a incazzarsi anche con Grillo e con i futuri guru che sapranno usare benissimo i media ma non salvare il paese.
RispondiElimina