martedì 9 luglio 2013

Photoshop solo a noleggio: la proprietà è un furto



Adobe Photoshop, creato nel 1990 da Thomas Knoll.
La proprietà è un furto”. Quello che era il vecchio slogan del socialismo utopistico ottocentesco ha avuto un improvviso revival, ma dalla parte dei “capitalisti”. La tendenza generale delle grandi aziende commercializzatrici di software (dove per software si intendono tutti i beni immateriali distribuibili via rete: musica, video, programmi e applicazioni) viene dagli Stati Uniti ed è assolutamente univoca: abolire il diritto di proprietà. Prima comperavi un disco (magari di vinile); un dvd (o una cassetta vhs); una copia di Word (e dopo 15 anni continuavi ad installarla sui pc o mac che nel frattempo cambiavi). Adesso non comprerai più niente: pagherai per una licenza d’uso. Musica, film, serie tv e programmi per computer saranno come l’acqua o l’energia elettrica; qualcuno ha in mano il sistema di distribuzione e anche i rubinetti che decidono l’erogazione.
L’ultimo clamoroso esempio è quello di Adobe. Adobe (leggi, per favore, Adobi) è l’azienda di software di San Jose per la quale 23 anni fa Thomas Knoll inventò Photoshop, un programma che è diventato un verbo (“photoshoppare”). Negli anni, Adobe, facendo shopping tra le varie aziendine in crisi della Silicon Valley, si è comperata anche After Effects (quasi uno standard per il compositing di fascia media e gli effetti speciali); Flash (l’applicazione per il web considerata mangia-Ram e per questo tanto odiata dalla buonanima di Steve Jobs). Per non parlare di tanti altri programmi, tra cui l’ubiquo Adobe Acrobat (quello dei pdf), e varie altre applicazioni per il montaggio (Premiere) per la musica, per i siti web ecc. Oggi Adobe, dirimpettaia amata/odiata di Apple, produce i software più usati dai creativi di tutto il mondo.

Cos’ha deciso adesso Adobe? Ha deciso che dalla sua prossima release (Adobe CC, cioé Creative Cloud) l’intero pacchetto dei propri programmi sarà distribuito soltanto in “renting” digitale, cioè sarà soltanto noleggiato. Pagherai un tanto al mese (60 dollari, che diventano 30 come promozione iniziale), in cambio riceverai gratuitamente ogni aggiornamento del software ecc. ecc. Ma Adobe CC non sarà tuo. Se non paghi l’affitto, fuori. E tutto torna sulla nuvola. Un sistema interessante per le aziende che annualmente aggiornavano tutti i software (in Italia, quasi nessuna). Molto punitivo per chi aggiornava una volta ogni morte di Papa.
E-Book in streaming nelle scuole americane.

L’idea è probabilmente anche quella di sconfiggere la pirateria, che nel caso del software da noi è quasi la regola, anche per le aziende. Un giorno chiamai quelli di Microsoft per controllare se il sistema operativo di una delle macchine fosse originale e dall’altro capo del filo quasi si commossero. Non parliamo dei paesi dell’Est Europa. Quindi la scelta di Adobe è: puntiamo a mungere fino in fondo la fascia di mercato che non può fare a meno dei nostri software. E stronchiamo, in questo modo, chi si serviva delle copie pirata. Se la scelta sarà lungimirante lo vedremo.

Ma nel frattempo, se ci pensate, è tutta la filosofia del software che si sta spostando in questa direzione: Microsoft ci sta provando con Office 365; iTunes è quella meravigliosa libreria musicale di Apple per la quale avete speso un sacco di soldi e che non potrete tramandare ai vostri figli come avreste fatto con una paccata di vecchi cd (sono licenze, non contratti d’acquisto). E oggi lo stesso iTunes subisce la concorrenza di Spotify, che punta tutto sullo streaming, tanto da costringere Apple a correre ai ripari con iTunes Radio. Con Spotify non hai neanche l’illusione di possedere le canzoni conservandole sul tuo hard disk: tutto arriva in tempo reale dalla rete e lì rifluisce, un juke box gigantesco e inafferrabile. Ma in fondo Hulu e Netflix cosa sono se non un modello di fruizione di film e serie tv che non ti lascia la possibilità di “possedere” neanche la pellicola che hai nel tuo cuore (nel mio caso, 2001)?
WWDC 2013: Apple presenta iTunes Radio.

Tutto questo avrà pure un senso. In fondo anche per i libri si aprono interrogativi simili: e se dall’e-book si passasse, come molti già sostengono, allo streaming dei libri? Certo, saremmo tutti più leggeri. Niente più quel meraviglioso effetto feticista delle proprie librerie e discoteche (meraviglioso per noi quattro gatti, sia chiaro, gli altri ti dicono “ma li hai letti tutti?”). Non pagherai più i libri. Pagherai il diritto d'accesso a un libreria digitale. Niente più diritto di proprietà. Per venderci il comunismo ci voleva il capitalismo.

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