domenica 7 luglio 2013

Freccero in pensione?

Carlo Freccero.

Segnate questa data: 31 agosto. Il 31 agosto 2013 la Rai manderà in pensione Carlo Freccero.

Nell'ottica della spending review Freccero non è certo l'unico dei dirigenti Rai che, raggiunta l'età, saranno pensionati. La Rai calcola così di realizzare legittimamente un sostanzioso risparmio sul costo del lavoro.

Mettiamo che tutto questo abbia un senso. E che il costume di far seguire al pensionamento qualche anno di consulenza sia da abbandonare, perché è una consuetudine solitamente molto più vantaggiosa per chi la consulenza la fa che per l'azienda che la riceve. Mettiamo anche che la classe di dirigenti Rai che si avvia alla pensione in queste settimane (e che costituiva l'anima degli uomini di prodotto dentro l'azienda pubblica) sia stata un tappo verso il rinnovamento del management e della creatività. Mettiamo. Mettiamo infine che tutti i difetti che vengono attribuiti a Carlo Freccero siano reali: è egoriferito, non sa tenere i conti, è imprevedibile, non è aziendalista, “mi ha creato un sacco di casini”, non ha spirito gregario, ecc. E allora?

L'idea di fondo di tanti che si sono accinti a mettere mano all'azienda pubblica televisiva è che fare tv sia qualcosa di non molto diverso dall'occuparsi di autostrade, o linee aeree o provider telefonici. C'è una greppia che bisogna disboscare, ecc. Qua tutti mangiano, ecc. (Discorso che neanche il più spericolato polemista potrebbe fare su Freccero, comunque). Quindi: riportiamo tutto a una sana gestione aziendale e le cose torneranno a posto.

Peccato che questo non basti. Basta affacciarsi in Europa e vedere la situazione della altre aziende pubbliche per rendersene conto. La tv, anche nell'era di internet, è tuttora protagonista della comunicazione. E' presente ormai su tutti i mezzi, telefoni e tablet compresi, puoi vederti un programma il giorno dopo sul computer, ecc. Ma è sempre televisione. Quindi il contenuto è ancora una volta sovrano. Ancora più di prima. Il contenuto, il brand, l'ispirazione editoriale. Serve un po' di “ingenuity” - che non significa ingenuità. Servono visionari. Allora, se la televisione è della stessa materia di cui son fatti i sogni, ad onta dei giri di soldi (in verità sempre meno) e della pubblicità, rinunciare a uno come Freccero non sembra un'operazione lungimirante. Proprio perché è impossibile ricondurre Carlo Freccero allo schema e ai ruoli di un “funzionario” tv.

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