sabato 14 luglio 2012

E' sempre obbligatoria la messa cantata?


L'Isola dei famosi ai tempi della Ventura.

Uno dei problemi che hanno i commercializzatori di format quando devono “localizzare”, cioé adattare un programma di successo al mercato italiano (bello, brutto od orrendo che sia) è che in origine si tratta quasi sempre di programmi che durano un’ora, e che sempre più spesso, non prevedono uno studio. Lo schema classico del programma di primetime italiano invece prevede la “messa cantata”: e cioé una durata monstre (fino a tre ore, e se dura più di tre ore, tanto meglio) e uno studio centrale, grande, magari grandissimo, riempito di pubblico. Non è che all’estero non ci siano programmi fatti in studio e con una live audience, naturalmente: ma sono sempre meno. 
Celebrity Survivor, versione filippina.
Non solo per una sorta di “spending review” naturale, ma anche perché il pubblico post-televisivo, al contrario di quello anziano e più tradizionale, non sente così fortemente il bisogno dello studio. A fare casa e brand ci pensano una buona grafica, il montaggio, la musica, persino la fotografia.
Lo studio di Report.
Se qualcun altro che non è la Rai si fosse preso L’isola dei famosi/Celebrity Survivor! (che nella crisi dei reality rimane ancora uno dei formati più modulabili, fanno bene a tenerselo) avrebbe potuto pensare di abolire lo studio. E magicamente tutto sarebbe costato molto meno. Ma sulla Rai, come fai? Se devi durare tre ore e raccogliere anche lo zoccolo del pubblico più tradizionale non c'è altra strada dello studio: un luogo rassicurante dove si parla, si parla e con le talking heads si fa minutaggio.  Naturalmente, ci sono vistose eccezioni. Quando un programma (qui siamo in una zona molto lontana da quella dei reality) ha un'identità forte, allo studio si può rinunciare. Report spesso batte il varietà di RaiUno. Con servizi fatti bene e con uno studiolo francescano che serve solo a lanciare i "filmati".
E’ anche un problema di cultura televisiva. I grandi broadcaster italiani, particolarmente quello pubblico, tendono a vedere i programmi come “studi con ospiti”.  Ma come avrebbe detto il bardo immortale, ci sono più cose tra cielo e terra di quante ne possa contenere un teatro di posa.

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