mercoledì 11 luglio 2012

Quinta Colonna e il dilemma di Mediaset


Francesco Schettino a Quinta colonna (Canale 5).
Non era uno scandalo fare un'intervista a Francesco Schettino, perché le interviste non si fanno solo ai bravi ragazzi (anzi, le interviste migliori sono quelle fatte ai villain); e poi, perché di interviste pagate fior di quattrini da televisioni, newsmagazine, rotocalchi e quotidiani ce ne sono state millanta, nel nostro Paese, anche se se adesso tutti fanno finta di non ricordarselo. Ilaria Cavo secondo me ha fatto un serio lavoro giornalistico e (a parte le musichette messe in montaggio) adesso so qualcosa di più su Schettino, sulla sua personalità, sul fatto che l'orrido vigliaccone è stato il frontman di una catena di comando che non stava in piedi.
Ma neanche Schettino è servito a risollevare gli ascolti di Quinta colonna. Canale 5 ieri è passato dal 21% dell'ultimo minuto di Veline al 15% della fascia pubblicitaria, per poi scendere all'11-12% all'inizio dell'intervista a Schettino.
Il paradosso sta nel fatto che la media d'ascolto sarebbe stata un po' più alta se non ci fosse stato il crollo al 9% della seconda parte, quella dedicata agli orrori della Diaz. Una lunga pagina di critica (cauta) all'operato della polizia che non ha incontrato il suo pubblico di riferimento. Un pubblico che l'ha rifiutata perché "era su Canale 5". [Mentre lo zoccolo Mediaset è andato tutto sulla coda di Mammoni, che ha fatto il picco]. La scorsa settimana la fascia di seconda serata del programma aveva chiuso al 15%.
Con Quinta colonna si conferma il fatto che Mediaset ha un problema di identità e di brand, che paga soprattutto sul pubblico interessato all'informazione (che è un pubblico, volenti o nolenti, di sinistra o di centro-sinistra o grillinabile). Ogni suo spostamento, sia pur felpato e "molecolare" rispetto a questo vissuto dà qualche risultato soltanto quando è lungamente iterato (com'è nel caso di Tgcom24 o del nuovo Tg4).
Il problema è pesante come un macigno ed è politico, e ha il nome del suo fondatore. La prossima campagna elettorale potrebbe aggravarlo. Stavolta gli interessi di Silvio Berlusconi e della sua azienda divergono, visto che comunque non è prevedibile una vittoria della destra. Certo, potrebbe dire il fondatore: sostenetemi e avrò una pattuglia parlamentare che impedirà ogni incursione contro Mediaset. Ma è una tattica difensiva che non ha respiro. Una grande azienda di comunicazione, in una situazione di grandi cambiamenti com'è quella che stiamo vivendo, o parla a tutto il Paese o non è. E lo "spirito del tempo" oggi va da un'altra parte. Come si è già detto, hic Rhodus, hic salta.

2 commenti:

  1. Sarà che complimentarsi per il giornalismo della Cavo mi fa un po' rizzare i peli (sono di Genova, ricordo il G8 e altri suoi servizi in TV locali) ma dire che non bisogna scandalizzarsi per i soldi a Schettino perché li hanno dati anche ad altri mi suona un po' come la difesa Craxiana del "sono tutti ladri, e allora?"

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  2. Che un editore privato paghi un'intervista (di solito a un imputato, che probabilmente le userà per gli anticipi agli avvocati) è pratica diffusa in tutto il mondo e anche in tutti i gruppi editoriali italiani, nessuno escluso. E' solo un problema di soldi. Non conosco i servizi della Cavo a cui ti riferisci, giudicavo questa intervista. L'importante è non essere ricattati sui contenuti. Se sei libero di fare qualunque domanda, la cosa mi sembra meno censurabile di altri ricatti a cui il mondo dell'informazione è sottoposto quotidianamente.

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