mercoledì 4 luglio 2012

Perché Newsroom non parla di noi (o forse sì)


Il cast di The Newsroom, la nuova serie HBO scritta da Aaron Sorkin.


Da qualche settimana, su quotidiani, settimanali e blog (americani e non) è nato un nuovo genere letterario: la recensione a The Newsroom, la nuova serie tv firmata da Aaron Sorkin. Come in una tesina universitaria, chi scrive su Sorkin deve esibire il lasciapassare dei propri strumenti culturali. Dalla mitologia alla tragedia, alle regole del witz. E la ragione è che Sorkin è un grande scrittore e non solo un grande showrunner. Un grande scrittore, peraltro, fissato con il dietro le quinte: della politica (The West Wing), dell'intrattenimento tv (Studio 60), del successo di un'idea (Social Network), di un programma sportivo (Sports Night) e ora di un telegiornale (The Newsroom). Sorkin ha capito da tempo (fino a farne un’ossessione) che lo squilibrio, la dialettica tra interessi e comunicazione, tra immagine percepita e realtà dei conflitti è centrale nella nostra epoca (o forse in tutte le epoche, con la differenza che nella società di massa questo squilibrio si chiama audience e target).
Commentando The Newsroom in un tweet, un detrattore di lusso come Bret Easton Ellis l’altro giorno ha definito Sorkin “un Neal Simon che ha preso il crack”. Il che se non altro dimostra che lo considera, a suo modo, un drammaturgo.
Aaron Sorkin.
Il plot di The Newsroom (Jeff Daniels è l’anchorman del telegiornale serale di una rete All News, Emily Mortimer è la sua Executive Producer, oltre che ex fidanzata amata/odiata, Jim e Don sono i due galletti nel pollaio, Maggie è la preda) non è davvero comprensibile se non si conosce (per lavoro o per frequentazione da spettatori televisivi) la storia dei telegiornali americani. Che sono (erano) l’esatto opposto dei nostri.
Nel teaser di The Newsroom appare per un attimo alle spalle di Will la gigantografia di Edward R. Murrow. Il mito (o perlomeno il mito newyorchese) del giornalismo televisivo americano. Un mestiere che si considerava a tutti gli effetti una missione, con tutto il corredo di princìpi che vi potete immaginare e che Sorkin fa vomitare (sempre nel suo stile) a Mackenzie/Emily Mortimer durante il suo incontro-scontro con Will. Informare l’opinione pubblica, renderla capace di fare delle scelte ecc. E in effetti, da Murrow nel suo epico scontro con McCarthy ai tempi della caccia alle streghe a Walter Cronkite che con una battuta manda in crisi la resistenza nixoniana durante la guerra del Vietnam, fino all’incidente con l’esercito americano che costò il posto a Dan Rather, il ruolo del telegiornalismo in America negli anni d'oro era considerato sacro e inviolabile. Al servizio della verità. (Con una buona dose di sicumera, va detto). Certo non passavano il tempo a rispondere al telefono ai segretari dei partiti.
Edward Murrow.
Ma l’altro elemento (spesso sottovalutato) della tradizione americana del telegiornalismo è la diarchia tra anchorman e producer. Qualcosa che è intraducibile in italiano, perché non esistono i sinonimi. In America non esiste l’ordine dei giornalisti, il producer non è il produttore o l’organizzatore ma il responsabile della messa in scena televisiva e del suo risultato (quindi è strategico sui contenuti), ha un competenza specifica (sul linguaggio televisivo specifico, sui suoi aspetti tecnici e produttivi ma anche sull’efficacia della comunicazione) Nelle news italiane non ha un equivalente. Come dice Mackenzie prima della messa in onda, “durante lo show sono io che comando”. E Mackenzie vuole rilanciare il giornalismo “al servizio della verità”.
Quanto di quella visione romantico-elitaria-newyorchese del “reparto notizie” (come veniva tradotta  nell’adattamento italiano di Quinto potere 36 anni fa) esista ancora è difficile dirlo. La CNN, unbiased (e noiosetta) è in profonda crisi, l’America è divisa tra Fox (repubblicana-tea party- un po’ Libero e un po’ Giornale) e Msnbc (democratica-liberal, filo Obama). E il non più giovane Will/Jeff Daniels va avanti a tranquillanti. 
Perché in questa crisi anche negli Stati Uniti l'antica formula del “sopra le parti” mostra ormai qualche crepa. In un’intervista Sorkin ha fatto un esempio: “Se tutto lo stato maggiore repubblicano un giorno si presentasse ad annunciare che la Terra è piatta, il titolo del New York Times del giorno dopo sarebbe ‘Democratici e Repubblicani hanno opinioni diverse sulla forma della Terra’”.

1 commento:

  1. beh, ho visto newsroom, l'ho trovato come west wing molto interessante e mi sono convinta che il giornalismo televisivo italiano non "c'azzecca" propio niente con quello made usa.
    Farlo vedere alle giovani generazioni che si formano per il mestiere della televisione, informazione o intrattenimento che sia, sarebbe formativo e come sempre Gregorio hai centrato il problema...devo dire che ho visto la prima puntata incuriosita dal tuo suggerimento su fb ( Patrizia Ammirati)

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