martedì 13 novembre 2012

Un punto per Sky, adesso tocca a viale Mazzini



Il Confronto tra i candidati alle Primarie del Centro-sinistra (hashtag #csxfactor ) ha raccolto, tra Sky e Cielo, oltre 1.800.000 spettatori medi (6,07%), cui vanno aggiunti quelli che hanno seguito lo streaming sul web. E' un ottimo risultato per Sky (anche confrontato con gli ascolti di Fiorello o di X Factor sulla stessa piattaforma). Adesso la parola passa alla Rai, il guanto di sfida è stato lanciato. Ripropongo qui l'intervento che ho postato sull'Huffingtonpost ieri notte.

La Rai avrà tempo per recuperare, ma certo il segnale (satellitare) dev'essere arrivato forte e chiaro a Viale Mazzini, visto che la scelta di Sky è stata fatta da chi, presumibilmente, governerà l'Italia tra sei mesi al massimo. Al di là dello share, che non sarà paragonabile a quello della tv generalista, la formula della tv di Murdoch per il confronto tra i candidati alle Primarie del centro-sinistra è una mezza rivoluzione rispetto ai dibattiti all'italiana. Come tutte le rivoluzioni vere ha in sè punte di giacobinismo (non possiamo diventare anglosassoni in una notte, 90 secondi a risposta sarebbero pochi anche per Obama); ma non c'è dubbio che dopo stasera non si potrà ricominciare a fare le tribune all'antica. I nostri bizantinismi, i pipponi a cui siamo abituati in molti talk show dovranno cedere il passo a risposte più semplici e brevi, più simili a ciò a cui abbiamo assistito stasera. Al netto della noia della prima mezz'ora, la cura da cavallo di Sky potrebbe fare del bene.
I candidati Democrats alle Primarie in uno Stato americano.
Ma andiamo per ordine:

Il format: il Confronto di SkyTg24 è iniziato con una voce off all'americana, che in realtà ricordava le presentazioni dei concorrenti di un talent, o peggio, del vecchio Gioco delle coppie. Il conduttore, Gianluca Semprini, è partito faticosamente; ma poi ha funzionato quando ha assunto un tono inflessibile, a metà tra quello del vigile urbano e quello del funzionario di Equitalia. Quando toglieva la parola a questo o a quello ci immaginavamo un suo omologo del servizio pubblico, costretto in una simile circostanza a calcolare a mente gli anni che lo separano dalla pensione.
Per l'inevitabile legnosità del suo rodaggio, il format di Sky (vicinissimo a quello dei dibattiti tra i diversi candidati alle nomination dei Democrats americani) non avrà sicuramente attirato frotte di pubblico giovane. Ma avrà dato una scossa di novità agli aficionados (e sono tanti, in Italia) del talk politico in tv.
Lo studio di X Factor in cui si è svolto il Confronto.
Le performance dei candidati: Bersani e Renzi riempiono lo schermo fin dall'inizio. Dei due, Bersani ha il passo del possibile premier. Nella prima parte si rompe un po' le balle: recupera sugli universitari e il lavoro e poi va via spedito. Una o due volte riesce persino a sorridere.
Ma Renzi si fa capire bene. E' il più a suo agio nello schema "americano" dei 90 secondi.
Va per slogan, slogan non tradizionalmente di sinistra e quindi più efficaci perché meno scontati.
Bersani lo placca con un abile "come diceva Matteo". Ma spesso Renzi si divincola. Renzi saltella sul ring come un peso piuma a confronto con un peso massimo. Più rapido nei tirare i colpi e nell'evitarli, ma più fragile nell'incassarli.
E Vendola: all'inizio i tempi contingentati non aiutano il lirismo vendoliano. In certi momenti sembra un cantante wagneriano costretto a produrre un jingle per un detersivo. Un incipit come "le ambizioni che erano nelle carte di Ventotene di Altiero Spinelli" è solo un recitativo che prepara l'aria che dovrà far venir giù il teatro. Ma se il tutto deve durare un minuto e mezzo l'acuto resta in gola. Vendola suda, al contrario degli altri due. A un certo punto Renzi tenta l'ammicco a Vendola per mettere all'angolo assieme Bersani. Renzi e Vendola si guardano, si sussurrano qualcosa all'orecchio. La regia, o il sorteggio, hanno dato a Renzi il posto del re, centrale sullo stage e sulle camere, e Renzi sa sfruttarlo. Ma Vendola, che è uomo di teatro, dopo la prima mezz'ora ha già capito come funziona il format e rapidamente si adegua (anche se con una certa fatica, da cui il copioso sudore).
Dibattito tv tra i Democrats americani.
Laura Puppato, aplomb merkelliano, sfora sempre con i tempi, ma si batte bene. Tabacci, nella parte del nonno saggio, dimostra che la vecchia dc produceva anche materiale di prima categoria (d'altronde, come dice Fedele Confalonieri, le uniche vere scuole di politica della Prima Repubblica sono state i salesiani e le Frattocchie, e qui ancora se ne sono sentiti gli echi, negli appelli finali).

Errori tecnici: quasi nessuno. Bersani ha azzeccato il look, con quella cravatta rossa su un vestito scuro molto rassicurante. Niente completino color cacca come Occhetto nel terribile faccia a faccia con Berlusconi che seppellì la "gioiosa macchina da guerra". Renzi con la cravatta violacea e la camicia alla Bob Kennedy era a suo agio, ed ha anche citato Lorenzo Cherubini, autodefinendosi "un ragazzo fortunato". Puppato come giovane maestra dai modi spicci e dalle idee chiare era "in parte". In un medio talent sarebbero passati tutti, almeno alla prima puntata: ognuno con i suoi supporter. Riprese e luci di Sky erano irreprensibili. Alla fine, Bersani è uscito come il padrone di casa, "assieme a tutti questi compagni di viaggio". Un po' di gente si sarà annoiata, ma al Pd questa serata non ha fatto male di sicuro. E tutto sommato, neanche alla televisione italiana.

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