domenica 2 dicembre 2012

Renzi-Bersani: al fotofinish

Il faccia a faccia tra Bersani e Renzi su Raiuno, dallo studio 4 della Dear
(grande ascolto, 6 milioni e mezzo di telespettatori, oltre il 22% di share).
Riporto qui il post che è apparso su Huffington Post giovedì notte. Il commento più o meno mediologico sul confronto Renzi-Bersani sembra già provenire da un altro secolo, visto tutto quello che è avvenuto dopo (e oggi si vota, quindi lunedì questa pagina sarà definitivamente archiviata). Però la fotografia dei due cavalli in corsa ci può essere ancora utile per capire cosa ci aspetta nell'immediato futuro, per cui riposto anche qui il mio intervento.

Stavolta nel primo tempo Renzi ha dominato, perché ha colto un punto di debolezza di Bersani: il segretario del Pd si deprime quando il sindaco di Firenze tira fuori dal cappello le sue soluzioni “one-line”, da una riga, ai problemi. E allora si annoia, sbuffa e si mette sulla difensiva. Ma lo svolgimento del secondo tempo ha cambiato il risultato. E lo ha trasformato in un sostanziale pareggio. Stavolta la metafora calcistica che piace tanto al sindaco di Firenze è d’obbligo.
Terreno di gioco: Lo studio di Raiuno e la sua poetica dell’horror vacui. Per cui al posto dell’asciuttezza quasi teutonica delle riprese Sky c’erano stacchi su totali squintati, controcampi sul pubblico in controluce azzurro, vidiwall riempiti con immagini di repertorio. Insomma, tutto il corredo dell’estetica tradizionale della tv pubblica. E poi collegamenti, vox populi eccetera. Un grande affollamento di stimoli visivi che ha tolto un po' di liturgia all'evento, come ha rilevato un'acuta commentatrice su twitter.
L’arbitro: forse la cosa migliore della serata. Monica Maggioni ne è uscita benissimo: non è mai stata pedante, non ha favorito nessuna squadra, ha fluidificato il gioco e nessuno ha potuto fischiare dagli spalti.
L’illuminazione del campo: costretto dal rifulgere fuoriscala della camicia bianca di Renzi il direttore della fotografia ha talmente chiuso il diaframma da far prendere alla faccia del sindaco di Firenze un tono a metà tra la carnagione di Obama (stracitato) e quella di Carlo Conti. Per le stesse ragioni la grisaglia di Bersani ha preso un color marrone mortaccino che ricordava pericolosamente quello della giacca di Occhetto del ’94.
Il pubblico sugli spalti: inutile come gli applausi delle distinte tifoserie, non ha aggiunto né tolto niente.
E veniamo alle fasi di gioco.

Primo tempo: lo schema di Renzi è quello del figlio impertinente che entra in casa scamiciato e, trovandosi di fronte il padre intento a riparare un elettrodomestico, gli toglie il cacciavite di mano dicendo “papà, faccio io se non ti dispiace”. Il padre allora si scoccia e diventa scuro in volto. Il figlio impertinente infierisce e si gioca il golazo dei comunicatori: l’abolizione del finanziamento pubblico. La replica di Bersani arriva, ma dopo la pubblicità (e quindi, come insegnano le regole della tv, non arriva).

Secondo tempo: Renzi, sempre all’attacco, mantiene lo stesso schema di gioco: lanciare soluzioni nuove, da dieci parole, a problemi complessi. Fino al punto in cui Bersani-figura paterna si incazza e cambia registro, abbandona il catenaccio e contrattacca alle argomentazioni del figlio scamiciato.

Risultato: Avrà sicuramente fatto breccia sul pubblico giovane, Renzi, con il suo presentarsi come l’uomo nuovo dalle soluzioni inedite e non ideologiche. Ma il campo è quello di Raiuno e l’elettorato ha un baricentro più “maturo”. Per cui alla lunga quella tattica di gioco si logora da sola. Come nel celebre dialogo della serie tv West Wing (una frase che Guia Soncini mi ha citato cento volte) in cui l’immaginario presidente Bartlet commenta così l’intervento del suo avversario: “Hai trovato le risposte di dieci parole che il mio staff ha cercato per due settimane, quelle che possono farti vincere o perdere un dibattito. Ma ci sono questioni troppo complesse per essere risolte con dieci parole”.

Ognuno si sarà convinto che ha vinto il suo beniamino, e Renzi si è battuto ancora meglio che a Sky. Ma eravamo su Raiuno, che è un enclave della Prima Repubblica in cui ancora vivono, come ectoplasmi, gli stereotipi di Peppone e Don Camillo. E Bersani è riuscito, alla fine, ad interpretarli entrambi, cosa che gli riesce perfettamente. E che lo rende autorevole e rassicurante sul pubblico over quaranta. Vedremo domani, anzi vedremo lunedì.

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