Cristina Parodi Live, su la 7. |
Rimane, per ora, incatenato al 2% il lungo contenitore
condotto -con indubbia eleganza- da Cristina Parodi sulla 7. E non è mia
intenzione entrare nel dettaglio della struttura del programma, perché sarebbe indelicato, visto che con
Cristina abbiamo percorso un tratto di strada assieme, mettendo su la formula
originaria di Verissimo, ormai
sedici anni fa.
L’altro motivo per il quale non voglio entrare nel dettaglio
del programma è il fatto che, anche con una diversa scaletta e magari con un conduttore meno noto e capace, sempre il 2% avrebbe
fatto. Perlomeno all’avvio.
Per due buoni motivi: il primo è che la 7 post-Mentana altro
non è che un’estensione della formula Mentana applicata al palinsesto. Una
formula efficace nel raccogliere un pubblico maschile-borghese di una certa
età, informato, lettore di giornali e probabilmente anche acquirente di
automobili, meno efficace nell’espandersi su altre fasce, soprattutto
femminili. Non è un caso che il primo segmento della prima puntata di Cristina
Parodi Live, con quella specie di intervista doppia stile “Iene buone” a Feltri
e, appunto, a Mentana, abbia fatto più ascolto di altre parti, più
tradizionalmente femminili, del programma.
Un combattivo Pippo Baudo sul tavolo "organico" di Cristina Parodi. |
(Aggiungo un dubbio: e cioé che la formula che ha dato
successo al Tg la 7 e che si è espansa sulla rete di Telecom non abbia in
serbo, per l’autunno, i frutti che diede in pieno fallout berlusconiano. Perché
la situazione è complicata, complicata, complicata e ansiogena, è più difficile
distinguere i buoni e i cattivi –narrativamente parlando, sia chiaro- e
l’altalena tra strizzatine d’occhio alla nouvelle vague renziana e attenzione
al grillismo in espansione potrebbe avere effetti laceranti sulla linea
editoriale della rete).
Il secondo buon motivo è che il pubblico femminile a cui
sembra riferirsi Cristina non è pervenuto da un sacco di tempo, nel daytime della
televisione generalista. La tv del contenitore della Parodi potremmo definirla middlebrow. Che non è affatto un
insulto, anzi. Middlebrow, secondo i sociologi americani del secondo
dopoguerra, erano quei media che proponevano un’elevazione culturale della
piccola borghesia a suon di dischi di musica classica, romanzi condensati, visite
ai musei, enciclopedie a dispense. Il mondo del vecchio Reader’s Digest, che si ritrova talvolta ancora riproposto nei
periodici femminili di antica tradizione o nei supplementi dei quotidiani (foto
di moda più algide che si può, seguite da servizio in bianco e nero sgranato dagli
slum di una metropoli sudamericana, oppure da intervista ad architetto famoso).
Ma questa tv filo di perle, che al contrario di Freccero non disdegneremmo (non
siamo nemici di un po’ di compostezza dopo decenni di sguaiataggine) non ha più
un referente preciso. Le donne giovani di quella che un tempo si chiamava
borghesia, le stesse signore di Bergamo alta, oggi guardano Sky e se ne vantano
con le amiche; le anziane dei piccoli centri sono fedeli a RaiUno; le incazzate
con due telefonini, stirate dalla pressa di Monti mentre stavano per comperare
la Smart, guardano Canale 5 e non disdegnano la versione populista-barricadera
dell’abile professor Del Debbio, versione colta e rassicurante della D’Urso. In
questo contesto di vischiosità delle abitudini televisive non sarà facile
espandere il bacino d’ascolto di un salotto elegante, anche se a tratti un po’
lento, come quello di Cristina Parodi. E il commissario Cordier è dietro
l’angolo. In bocca al lupo a Cristina, comunque.
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