mercoledì 12 settembre 2012

Cristina Parodi e le catene della 7



Cristina Parodi Live, su la 7.
Rimane, per ora, incatenato al 2% il lungo contenitore condotto -con indubbia eleganza- da Cristina Parodi sulla 7. E non è mia intenzione entrare nel dettaglio della struttura del programma, perché  sarebbe indelicato, visto che con Cristina abbiamo percorso un tratto di strada assieme, mettendo su la formula originaria di Verissimo, ormai sedici anni fa.
L’altro motivo per il quale non voglio entrare nel dettaglio del programma è il fatto che, anche con una diversa scaletta e magari con un conduttore meno noto e capace, sempre il 2% avrebbe fatto. Perlomeno all’avvio.
Per due buoni motivi: il primo è che la 7 post-Mentana altro non è che un’estensione della formula Mentana applicata al palinsesto. Una formula efficace nel raccogliere un pubblico maschile-borghese di una certa età, informato, lettore di giornali e probabilmente anche acquirente di automobili, meno efficace nell’espandersi su altre fasce, soprattutto femminili. Non è un caso che il primo segmento della prima puntata di Cristina Parodi Live, con quella specie di intervista doppia stile “Iene buone” a Feltri e, appunto, a Mentana, abbia fatto più ascolto di altre parti, più tradizionalmente femminili, del programma.
Un combattivo Pippo Baudo sul tavolo "organico"
di Cristina Parodi.
(Aggiungo un dubbio: e cioé che la formula che ha dato successo al Tg la 7 e che si è espansa sulla rete di Telecom non abbia in serbo, per l’autunno, i frutti che diede in pieno fallout berlusconiano. Perché la situazione è complicata, complicata, complicata e ansiogena, è più difficile distinguere i buoni e i cattivi –narrativamente parlando, sia chiaro- e l’altalena tra strizzatine d’occhio alla nouvelle vague renziana e attenzione al grillismo in espansione potrebbe avere effetti laceranti sulla linea editoriale della rete).
Il secondo buon motivo è che il pubblico femminile a cui sembra riferirsi Cristina non è pervenuto da un sacco di tempo, nel daytime della televisione generalista. La tv del contenitore della Parodi potremmo definirla middlebrow. Che non è affatto un insulto, anzi. Middlebrow, secondo i sociologi americani del secondo dopoguerra, erano quei media che proponevano un’elevazione culturale della piccola borghesia a suon di dischi di musica classica, romanzi condensati, visite ai musei, enciclopedie a dispense. Il mondo del vecchio Reader’s Digest, che si ritrova talvolta ancora riproposto nei periodici femminili di antica tradizione o nei supplementi dei quotidiani (foto di moda più algide che si può, seguite da servizio in bianco e nero sgranato dagli slum di una metropoli sudamericana, oppure da intervista ad architetto famoso). Ma questa tv filo di perle, che al contrario di Freccero non disdegneremmo (non siamo nemici di un po’ di compostezza dopo decenni di sguaiataggine) non ha più un referente preciso. Le donne giovani di quella che un tempo si chiamava borghesia, le stesse signore di Bergamo alta, oggi guardano Sky e se ne vantano con le amiche; le anziane dei piccoli centri sono fedeli a RaiUno; le incazzate con due telefonini, stirate dalla pressa di Monti mentre stavano per comperare la Smart, guardano Canale 5 e non disdegnano la versione populista-barricadera dell’abile professor Del Debbio, versione colta e rassicurante della D’Urso. In questo contesto di vischiosità delle abitudini televisive non sarà facile espandere il bacino d’ascolto di un salotto elegante, anche se a tratti un po’ lento, come quello di Cristina Parodi. E il commissario Cordier è dietro l’angolo. In bocca al lupo a Cristina, comunque.

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