mercoledì 10 ottobre 2012

Celentano: chi vince con il guru

Adriano Celentano durante RockEconomy, trasmesso da Canale 5.


Ripropongo qui il post pubblicato ieri sull'Huffington Post. Mi pare che i risultati di martedì (32% di media, oltre i 9 milioni) confermino le impressioni della prima serata. A conti fatti, Celentano si è divertito e adesso è un padre della patria; dentro Mediaset, Alessandro Salem guadagna un punto; Lucio Presta mette in saccoccia un altro successo (aspettando Benigni su RaiUno); e Mazzi si prende la rivincita rispetto al dopo-Sanremo. La scelta della ex dirigenza Rai- rifiutare il concerto, che era stato proposto a costo zero tranne le riprese, almeno a quanto sostiene la Mori- non sembra sia stata lungimirante. Per Mediaset, invece, è un segnale (per ora effimero): può riacquistare centralità se rottama un po' del passato prossimo, si rinnova e allunga la strada per Arcore (sì, lo so, rottamare è un verbo che andrebbe evitato. Comunque ci siamo capiti).

Il vecchio leone ce l'ha fatta. Abbiamo passato la serata di domenica a ironizzare sui temi della decrescita e del consumismo, agitati nel suo show tra uno spot e l'altro di Canale 5 (pochi spot, in verità: faceva parte dell'accordo) ed ecco che Adriano Celentano si conferma come il vero guru della televisione italiana.
Celentano: il 34% di share sui 25-34 anni.
I dubbi c'erano tutti: potrà fare evento lo show di Celentano se, invece di invadere Raiuno andrà in onda dalle antenne di Mediaset? Rinunciando così a tutta la filiera del bouncing ball politico-mediatico legato all'emittente pubblica? E per di più, a casa del Cavaliere? E poi: il pubblico di Canale 5 accetterà la grammatica sfacciatamente anti-televisiva delle sue scalette, i suoi silenzi alla John Cage lowbrow, il puntiglioso spazio dato ai temi che lui ha più a cuore, le riflessioni conviviali con economisti e giornalisti anti-casta? E lui, intanto, vinceva la sfida.
 Poi dicono la potenza di un brand. Celentano è la nostra Apple. Nel senso che impone il prodotto. Ha un'aura che gli altri si sognano. Può anche stonare qui e là, può subire gli errori di qualche microfonista, può ripetersi e talvolta confondersi, ma unisce gli italiani. E quando canta, non ce n'è per nessuno. E' l'esponente più efficace di quell'ideologia italiana che, nei momenti decisivi, si ritrova attorno ad un pensiero unico. Che oggi non è più quello berlusconiano ma e' quello spiegato da Fitoussi, con il suo impagabile italiano da ispettore Closeau. E poco importa che gli spettatori paganti (poco) dell'Arena di Verona si permettano qualche intemperanza durante l'interminabile chiacchiera sulla crisi. Morandi, animale da palcoscenico, entra, fa il duetto e poi ammonisce l'amico: meglio tornare a cantare.
Morandi e Celentano a RockEconomy.
Ma il Pifferaio magico ne sa una più di Morandi. Perché, mentre nell'Arena qualcuno fischia, di fronte ai televisori accesi la platea continua ad aumentare: e alla fine della prima parte della chiacchiera sulla crisi sale fino al 34%. Un italiano su tre. Neanche uno spettatore, stando ai dati, è andato via durante la tavola quadrata con Rizzo, Stella e l'economista francese. Questo sì che è carisma.
Sbaglia Dagospia a dire che l'hanno visto 9 milioni di pensionati [Dagospia ha in seguito corretto il sommario]: dei giovani tra i 25 e i 34 anni, uno su tre (il 34%) ieri sera ha guardato Celentano. Renzi ancora piange (anche se Fazio è riuscito a tenere benissimo gli ascolti). Ma Celentano che canta e che predica e' un avversario impossibile da battere, altro che primarie. Perché Celentano conosce, come sapienza innata, le regole del bouncing ball: il comportamento dei sistemi basati sul caos. E cioé l'Italia di ieri e di oggi. E probabilmente anche di domani.

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