mercoledì 13 febbraio 2013

Sanremo e le insidie del politically correct


Crozza, applausi e fischi all'Ariston.


Ieri si è dimesso il Papa, oggi è stato sconsacrato Sanremo. La contestazione a Crozza (per quanto fatta da un gruppo sparuto di militanti) è il segno di quanto sia difficile, anche se probabilmente inevitabile, l’operazione tentata da Fazio & C. sul Festival.
Crozza ha commesso un errore tattico (iniziare con l’imitazione di Berlusconi, forse per un problema di trucchi speciali, o forse perché la gag del chansonnier era la più contestualizzata alla situazione festivaliera); e le recenti esperienze a RaiTre e alla 7 gli avevano fatto scordare cosa significhi lavorare in un clima ostile. Crozza, che aveva un repertorio più adatto al pubblico di Ballarò che a quello di Sanremo, ha subìto, anche se è andato avanti. Domani qualcuno si lamenterà pesantemente, magari pregustando vantaggi elettorali della serie chiagni e fotti.
Certo a questo Sanremo non manca la notiziabilità. E non mancheranno neppure, nonostante le prevedibili polemiche, gli ascolti.
[UPDATE delle 10.00: La prima serata del festival ha fatto il 48% di share, previsioni confermate].
La realtà è che Fazio e i suoi hanno tentato di rinnovare con prudenza, misurandosi con i pochi soldi a disposizione per gli ospiti, rinfrescando abbastanza coraggiosamente il decor (l’immagine del festival 2013 è una delle più innovative viste finora). E soprattutto, lavorando con i mattoncini che sono loro più congeniali (mattoncini sempre politically correct, forse un po’ troppo). Probabilmente una nuotata meno rigorosa e più libera nel mare aperto del pubblico generalista avrebbe loro giovato. L’equilibrio lo troveranno per strada (la Littizzetto il suo l’ha già trovato dall’inizio, ma lei è la vera furbona del festival).
Effetto politico? Agenda abbastanza di centro-sinistra, con probabile contraccolpo di vittimismo di centro-destra. Risultato: palla al centro, aspettando Al Bano e i Ricchi e Poveri. E guardando Grillo (ma quello è nelle piazze).

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