Poiché la crisi non promette nulla di buono, la pubblicità
si volatilizza e non si vede ancora la fine del tunnel -e tutte le altre
metafore che vi vengono in mente vanno bene- l’ordine del giorno dei
broadcaster in Italia è tagliare tagliare
tagliare. Sì ma come? Per ora si sta tagliando sulla carne viva. Nell’ordine:
1. prima vengono i budget dei canali digitali, che fino a un
anno fa erano dipinti come il Sacro Graal della tv generalista, la soluzione di
tutti i mali (e soprattutto l’arma segreta contro Sky) e adesso stanno
diventando rapidamente, secondo gli stessi che li hanno voluti, un ingombrante
carrozzone. Raccolgono ascolto ma non raccolgono pubblicità in proporzione. (A
proposito, in che modo li vendete? Ma questo è un altro discorso).
2. Poi vengono le seconde serate: perché spendere soldi per
una seconda serata quando si può allungare la prima? Ed ecco zac un altro bel
taglione.
3. Al termine, si arriva ai “production values” delle prime
serate. Per production values gli
americani intendono il valore che viene speso nella produzione: qualità della
fotografia e delle riprese, scenografie, location, grafica, musica, logistica
ecc.
4. Al quarto punto ci sono i “compensi delle star” (che poi
di solito si traducono in tagli soprattutto sui compensi medi e bassi “a
scrittura”, cioé a tutti quelli che pur non essendo delle star vengono pagati
con contratti artistici).
Il Trio Medusa in Coast 2 Coast. |
Sul quarto punto naturalmente ci sarà una ola generale (è inutile dire che in
quel modo, ad esempio, un giovane autore, anche bravo, guadagnerà meno di un
segretario di produzione, perché non ha un vero salario, neppure a tempo
determinato). Ma quando c’è la crisi è come sventolare il drappo rosso, milioni
di italiani sono convinti che tagliando gli stipendi ai parlamentari si fa
ripartire l’economia quindi figuriamoci. Di anime belle è pieno il mondo.
Sugli altri tre invece un ragionamento andrebbe fatto. Andiamo per ordine:
a) I canali digitali “semigeneralisti” o tematici sono
davvero molti. Forse andrebbero razionalizzati: ma hanno costituito un
avamposto della tv generalista su terreni e verso pubblici che erano andati
persi o si stavano perdendo. Non sono stati mai veramente promossi per paura
che portassero via ascolti alle generaliste per cui alla fine non si è capito
se ci fosse veramente una strategia editoriale e industriale dietro o meno.
L’unica cosa che si è capita è che la Rai gestione Masi ha rinunciato a un
contratto di 50 milioni di euro l’anno (50-milioni-di-euro-l’anno) con Sky per
non dare una mano all’odiato Murdoch, con il risultato che oggi Mediaset Plus e
Tgcom24 stanno anche sul bouquet Sky e Rai4 e Rai5 no. Bel colpo.
b) Non a caso l’unico vero investimento fatto quest’anno da
un broadcaster italiano sul dtt, TgCom24, sta già dando i suoi frutti, regalando a Mediaset,
oltre che alcune soddisfazioni d’ascolto, nuovi conduttori e know-how che
stanno rafforzando testate storiche e programmi di rete. (Mentre Rai News viene
tenuta a poca biada).
Lo studio di TgCom24 (Mediaset). |
d) I production values
sono in continuo peggioramento sul daytime (già dal punto di vista dello
standard tecnico, escludendo alcune eccellenze, che pure ci sono). Il prodotto
medio dei principali broadcaster italiani è tecnicamente arretrato, per
mancanza di investimenti, povero visivamente (basta pensare ai Tg fatti per
metà con immagini prese da YouTube o con feed d’agenzia riprodotti con ratio
sbagliata) e anche nell’intrattenimento si cominciano a vedere scenografie da
tv locale.
Cartelli contro i tagli alla BBC. |
Sia chiaro: noi italiani saremmo in grado di fare cose molto
migliori di quelle che si vedono all’estero. A costo di sentirmi qualche
risatina dietro le spalle dirò che la mise
en scène di grandi spettacoli come Sanremo o Fiorello è talvolta migliore di quella di
eventi della tv americana o inglese, ma si tratta di eccezioni dovute a un
particolare sforzo produttivo.
Il problema però non è tanto il fatto di dover limitare i lustrini, i tagli arrivano in tutte le tv europee: è quello di restare indietro rispetto allo standard
mondiale e diventa anche molto difficile interagire nel mondo multipiattaforma
e soprattutto sulla rete (Web e App) perché il core della produzione è ancora
basato sul vecchio modello analogico, spesso ancora si va in giro con le
videocassette. E intanto a bordo campo si stanno scaldando Apple, Google e varie ed eventuali.
Quindi: non si può semplicemente tagliare tagliare tagliare.
E’ come dal parrucchiere. Se tagli devi inventarti un’acconciatura, altrimenti
vince il taglio militare. Occorre un modello produttivo diverso, che faccia i
conti con le nuove tecnologie e le usi per produrre meglio (non peggio) ad un
costo minore, e per più piattaforme e modelli di business. E la prima cosa, in
questa direzione, è chiedersi se il modo di impostare e calcolare i costi da
parte dei grandi broadcaster sia quello giusto. Forse dovrebbero diventare un
po’ più editori e un po’ meno officina.
Basterebbe che qualche dirigente iniziasse a ragionare così e si vedrebbero i primi frutti. Aggiungerei anche un quinto punto conseguente agli altri 4: ridimensionamento delle redazioni. Non viene permesso a molti giovani di poter lavorare e diffondere l'utilizzo dei nuovi media.
RispondiEliminamilioni di italiani NON sono convinti che tagliando gli stipendi ai parlamentari si fa ripartire l’economia. Milioni di italiani sono convinti che prima di tagliare tutto dovevano iniziare dai loro stipendi. Purtroppo è un'anima bella chi pensa il contrario
RispondiEliminaNon ci sono parlamentari tra noi, mi pare.
EliminaIl giorno dopo l'arrivo dei banchieri ci sarà la fila davanti alla loro anticamera. Saranno costretti ad ascoltare consigli (interessati), perchè non hanno competenza nè sono dell'ambiente, quindi non hanno "uomini di fiducia" [ricordo che così si faceva chiamare il re della paleotelevisione Ettore Bernabei].
RispondiEliminaTemo questi consigli dei valletti più dei banchieri stessi. Forse sarebbe meglio qualche esterno + audit internazionale.
Hello mate great bloog post
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