sabato 23 giugno 2012

La storia illuminante della Cinq



Il Post pubblica un capitolo del nuovo libro di Anaïs Ginori, Falsi amici. E' la storia della Cinq, il tentativo (fallito) di esportare la tv commerciale di Berlusconi in terra francese.
E' un racconto molto divertente e, per quanto possa ricordare, fedele. E' curioso che nessuno storico italiano dei media (storico italiano dei media? Su piazza?) abbia mai approfondito una storia come questa, che ha tutte le caratteristiche per essere definita paradigmatica. Perché dimostra tre cose: l'assoluta specificità della vicenda italiana della tv; il coraggio (perché, diciamocelo, di coraggio ne ha da vendere) ma anche i limiti strutturali di Berlusconi; e, last but not least, la complessità del personaggio Carlo Freccero.
Non basta certo un post su un blog per raccontare quella vicenda (il Post, invece, ha trascritto l'intero capitolo in 11 pagine web, non so se mi spiego). Rimandando a qualche scritto più pensato, mi limiterò ad aggiungere tre aneddoti, quelli che funzionano nelle interviste tv (quando in sala di montaggio tagli tutti i concetti e rimangono storielle e calambour).
Il primo riguarda Silvio Berlusconi. Berlusconi non si faceva vedere mai negli studi, ma per il lancio della Cinq fece un'eccezione. Arrivò una mattina in elicottero, e decise a sorpresa di piazzarsi a Cologno Monzese  occupando per vari giorni un grande ufficio di fronte allo studio 7. (Sì, perché il programma fu realizzato a Cologno, non a Parigi). Ne fecero le spese gli addetti alla portineria, perché la prima cosa che accadde il primo giorno furono le urla belluine di Berlusconi che entrando aveva sentito "puzza di sudore" e visto gente scravattata. Il giorno dopo la portineria all'ingresso degli studi era stata trasformata: tutti profumati e pettinati, la ragazza della reception esibiva una chioma perfettamente cotonata, alla moda del tempo. E una quantità industriale di ficus e vasi di fiori riempivano l'ingresso, quasi nascondendo i vigilantes alla vista di chi entrava. Berlusconi si aggirava tutto il giorno preoccupato tormentando il regista, Davide Rampello ("il nostro Fellini, anzi, Fellinì"). Faceva e disfaceva scalette e presentazioni, luci e costumi. Si avvicinava di soppiatto ai presentatori francesi e con un colpetto deciso faceva spuntare i polsini delle camicie dalle maniche delle loro giacche. Montare lo spettacolo era quasi impossibile, tanto che il povero Rampello dovette far partire un nastro Ampex con il programma, destinazione Parigi, due ore prima della messa in onda, mentre l'aereo di Berlusconi rullava da un giorno intero sulla pista.
L'idea di Berlusconi era semplice: prendere i programmi di maggiore successo di Canale 5 e rifarli in francese, per il grande pubblico popolare che riteneva annoiato dalla tv elitaria proposta tutti i giorni dall'emittente di Stato. Un'idea semplice. Così semplice che non poteva funzionare (almeno in Francia). Tra l'altro, non aveva fatto i conti con la fantasia italica. Collaboratori che si spacciavano di madre lingua francese scrissero i titoli di coda di Voila la Cinq!, inanellando una meravigliosa serie di "falsi amici" (ogni paese ha la sua terminologia per le professioni della tv, tradurre letteralmente quelli italiani in francese ebbe il disastroso effetto di destare l'ilarità d'oltralpe).
E Freccero? Freccero si mise con pazienza a correggere la linea editoriale di Berlusconi, tentando di costruirne una più adatta a un Paese molto diverso dall'Italia, un paese in cui il popolo ascolta le élites e viceversa. Insomma, un Paese che ha fatto la Rivoluzione e che ai tempi guardava anche Apostrophes. Ma era un'impresa pressoché impossibile. (Tra l'altro la provincia francese non riceveva, per molta parte, il segnale della Cinq, e il giudizio dei parigini divenne anche l' invalicabile clearance per l'operazione di Berlusconi). Anche se fu la politica a farle tirare giù la saracinesca, in Francia la Cinq non era mai passata fino in fondo. Comunque la Cinq diede una scossa alla tv francese e la rinnovò. Sembrerà un paradosso, ma senza la Cinq non sarebbe nata la 6 e neanche Arte. Ma l'effetto fu anche inverso: i tecnici della Fininvest, mandati in Francia come dei colonizzatori, scoprirono che la scelta dei francesi di non illuminare a giorno uno studio televisivo non era un errore, ma una scelta estetica.

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