domenica 18 marzo 2012

Aboliamo i convegni (e i luoghi comuni) sulla tv



Il Venerdì di Repubblica mi ha chiesto un intervento per "Zona critica", che è stato pubblicato l'altroieri. Per la serie <non si butta via niente> lo ripropongo qui in versione extended. 
Tra i piccoli e grandi tagli frutto della spending review attuata dal governo Monti ne propongo uno che farebbe utilmente risparmiare un po' di soldi agli Enti Locali. Si tratterebbe di una leggina fatta di un solo articolo, dai contenuti solo apparentemente liberticidi.
Qualcosa del tipo: “Art.1: E' fatto divieto alle Amministrazioni locali di finanziare, promuovere, propagandare, diffondere convegni pubblici sulla televisione.”
Pensiamoci: dall’inizio degli anni ’90 i convegni sulla tv si abbattono come slavine su comunità montane, località termali, sedi universitarie disagiate, spiagge demodé. Nei primi tempi il tema era quasi sempre "Tv e cultura". Era come andare a vedere un giallo in cui il nome dell'assassino fosse già svelato nel titolo (almeno nell'opinione della maggioranza degli oratori). Di solito il consesso (oggi si direbbe il panel) era così composto: un professore di larghe vedute a cui piaceva Colpo grosso; un educatore- meglio donna- che evocava i pericoli della tv soprattutto per i bambini, bombardati dai cartoni giapponesi (non ho mai capito perché i cartoon americani venissero trasmessi mentre quelli giapponesi lanciati tipo napalm da qualche entità tipo drone). Poi c'era un sociologo, il quale dati alla mano dimostrava che gli italiani leggevano poco e male e soprattutto mai i suoi libri.
Dopo il 1994 e' arrivata la –per forza di cose lunghissima- fase dei convegni su "Tv e politica", che si sarebbe utilmente potuta condensare in un telegramma, il cui testo peraltro era già nella mente dei presenti ("Berlusconi-rovinato-Italia-con-televisioni-stop"). Raffinata analisi per la quale un sms sarebbe stato più che sufficiente.
Da qualche tempo la nuova hit è invece la convegnistica su "Tv e internet" (a cui i più spericolati aggiungono "quale futuro?"). Nelle sue ultime evoluzioni si trova anche nei gusti "Tv e social network". Questa versione, più aggiornata, comprende à la carte: lamento straziante sul digital divide, fatto di solito davanti a un pubblico che non sa aprire le email; considerazioni miste sul futuro della tv generalista (durerà, non durerà, puah!). E conclusione con accenti lirici per le prossime sorti, come al solito magnifiche e progressive, di una tv interattiva grazie alla Rete (qui il telegramma è "nei-paesi-arabi-la-rivoluzione-l'hanno-fatta-internet-e-al-jazeera”).
Come si può notare dalle vicende di questo ventennio niente hanno fatto i convegni sulla tv, la storia è andata per conto suo e anche quando ha compiuto una svolta, la gente più che al telecomando aveva guardato ai portafogli.
E con i soldi risparmiati grazie alla nuova legge? Un'idea un po' retrò: regalare dei bei libri alle scuole. Ma non agli studenti, agli insegnanti. Visto che con quello che guadagnano non possono neanche mettere piede in libreria. Chissà che non torni di moda il vecchio cavallo di battaglia per i convegni degli anni settanta: "Scuola e società italiana". Non erano mica brutti convegni, quelli.

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