giovedì 5 aprile 2012

Nero ci piace anche a cazzo di cane


Sullo scorso Venerdì di Repubblica ho scritto un intervento a proposito del nuovo Nero Wolfe interpretato dalla coppia di Boris, Pannofino/Sermonti. Poiché stasera Nero Wolfe va in onda, ho una scusa per ripostarlo qui. (Avevo potuto visionare la prima puntata in dvd, quindi è un pezzo "informato").
Pannofino (Wolfe), Luotto (il cuoco), Giulia Bevilacqua (la femme fatale) e Sermonti (Archie Goodwin)

Il problema non è la presenza del Nero Wolfe “a cazzo di cane” interpretato da Pannofino. Che è un’idea parodistica e divertente. Il problema è l’assenza di Romolo Grano. Se non sapete chi è Romolo Grano, visto che neanche Wikipedia ci ha pensato, ecco un breve ripassino: Grano è stato il musicista che ha sonorizzato gran parte dei programmi Rai del post-1968. Aveva studiato il folk, introiettato le orchestrazioni alla Morricone ma voleva anche sperimentare con la musica elettronica (erano gli anni di Stockhausen, Berio e Luigi Nono). E sonorizzò il vecchio Nero Wolfe di Belisario Randone e Giuliana Berlinguer a colpi di musica elettronica e di ardite dissonanze (ci pensate adesso, una fiction Rai immersa nella dodecafonia?). Eppure Grano aveva anche scritto la sigla del Segno del comando ("Cento campane stanno a dì de no").
Tino Buazzelli in Nero Wolfe (1969)
Ma quella era la Rai del 1969. Ecco: se pensate di ritrovare quel Nero Wolfe scoprirete qualcosa di totalmente diverso: un’idea furba (trasportarlo nella Roma dell’immediato dopoguerra) e una soluzione intelligente (Pannofino che imita Buazzelli, Sermonti che riporta a fumetto il teatro leggero di Paolo Ferrari), che potrebbero anche funzionare. Ma le musiche elettroniche piazzate a sottofondo delle elucubrazioni di Nero Wolfe, no, quelle non le troverete.
Perché il Nero Wolfe di Giuliana Berlinguer era uno “sceneggiato” sperimentale. Anche se Manhattan si vedeva solo nella sigla di testa e di coda, l'effetto era quello di trasportarci a distanze siderali dagli spaghetti e dall’idrolitina della tavola italiana. Orchidee, piatti spesso indigeribili per noi latini, un’estetica cool. Quella del Linus di Giovanni Gandini e di Oreste del Buono, della Olivetti Valentine, delle pubblicità dei whisky. Insomma, la New York del Wolfe del 1969 era Milano, la modernità sconosciuta e le sue nuove insidie.
Invece la Roma del Wolfe di Casanova Multimedia è, appunto, Roma. Nero Wolfe e Archie Goodwin assistono a risse in romanesco e lo sguardo di Wolfe/Pannofino sembra dire "Non entro nella rissa perché sto a ffà Nero Wolfe, ma me ce vedrei".
C’è qualcosa di curiosamente iconoclasta in questa riscrittura. E sicuramente la femme fatale Giulia Bevilacqua, sopra le righe come una figurina femminile in un fumetto degli Aristocratici sul Corriere dei ragazzi, vale la puntata. Rex Stout invece non è pervenuto. Poco male, sia chiaro, va bene tradire i personaggi, non prendetevela con Luca Barbareschi (ogni volta che fa una fiction, da Le ragazze dello swing a Il campione e la miss giù tutti a dargli addosso perché è Barbareschi, invece si nota un inconsueto amore per il prodotto che, immagino, lo costringa a ogni nefandezza pur di portarlo in porto).
Ma non cercate l'effetto nostalgia di quando vi sentivate intelligenti a guardare Nero Wolfe alla tv. Il vecchio Nero serviva a sperimentare, il nuovo a rassicurare. Una volta la Rai stabiliva lo standard, oggi ospita le repliche di Boris. Comunque, sempre meglio dell'ennesima storia di santi ciclisti e navigatori.

[P.S.: Dopo l'uscita dell'articolo ho ricevuto una gentile telefonata dal maestro Grano. Mi ha anche raccontato di aver effettivamente seguito il lavoro di Luigi Nono al mitico Studio di fonologia della Rai di Milano, molto atttivo in quegli anni.  Sono contento che sia in buona salute.]

4 commenti:

  1. Cos'è il Nero Wolfe televisivo del periodo 1969-1971 con Tino Buazzelli e Paolo Ferrari oggi? Soprattutto attuale salvo, che per le tecniche di registrazione.

    Vi sono molte scene riprese per la città americana. Forse New York. Dovrebbe. In certi istanti è proprio New York nel 1970. Si vede gente, ripresa per caso. S'imagina per caso. Attimi fuggenti. Molti, dovrebbero esser morti, per ragioni anagrafiche.

    Alcuni, potrebbero essere ancora vivi. Soprattutto certe ragazze in minigonna. In b/n. Sono riprese di un giorno qualunque "rubate" per la strada.

    Chissà che effetto potrebbe far loro, riscorprirsi ora, più di 40 anni dopo, in quei fotogrammi. L'avranno mai saputo? Ne dubito! La legge sulla privacy era decisamente in nuce allora...

    La colonna sonora della serie è sconvolgente. Non solo la sigla iniziale e finale che più jazz di così non si può! Fa venire i tic nervosi, quella musica. Sassofono e sintetizzatore ante-litteram! E' più jazz delle colonne sonore jazz concepite nella cultura nordamericana nera. Ma quella musica è firmata da un italiano, Romolo Grano.

    E' la metropoli che parla. Schizzata. Inquietante. Densa di malessere. Si sente il passato che si fa presente. Non è cambiato niente; solo che allora, la rai riprendeva in pessimo, evocativo b/n!

    Non è cambiato niente, per il malessere della gente, che quella musica esprime sinesteticamente, anche se magari oggi, lo si racconterebbe con strumenti diversi. Non è cambiata l'estetica.

    Il b/n rai è diverso dal full hd odierno, ma conserva l'idea che non sia cambiato nulla. Anche se le automobili sono datate. Pure se si vede ch'era un altro mondo, quello. Quel ch'è rimasto invariato è la mente umana, che Buazzelli e Ferrari incarnano attraverso Nero Wolfe, fuori dal tempo e dallo spazio!

    Come vorrei dire di persona, a Paolo Ferrari (classe 1929): "Complimenti per esser ancora in vita in questo videogame ch'è la vita! Siamo contemporanei, nel 2012! Che bello pensarlo!".

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  2. Non andiamo fuori tema ... il Wolfe di Buazzelli è storia, ma non è certo obbligatorio ricalcarlo. Anzi, una nuova caratterizzazione poteva anche essere opportuna. Il punto della questione è invece il fatto che, oltre a Buazzelli, manca anche Rex Stout, in una seriosa involontaria parodia che, invece di prenderle in giro, stravolge le figure dei protagonisti senza nemmeno divertire.
    Rimpiango sempre più di aver pagato il canone anche quest' anno

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  3. E' una vita che sto impazzendo per cercare di scoprire il titolo di una musica che era la sigla di un vecchio programma della RAI, dedicato agli aerei, e che si intitolava "MACH 5". Solo recentemente, ho scoperto che quella musica è stata composta da Romolo Grano. Ma nessuno finora ha saputo dirmi il titolo di quella sigla. C'è qualcuno fra di voi che lo sa? Grazie!

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    1. NOn vorrei deludervi, ma le musiche dei titoli di testa e coda del Nero Wolfe Rai 1969/1971 sono di Nunzio Rotondo, altro grande maestro. Di Romolo Grano sono gli interludi elettronici.

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