Secondo i dati aggregati, ieri Piazza pulita (la 7) ha battuto Santoro. Il panorama dei talk nel dopo-Berlusconi sta cambiando rapidamente. Le vecchie contrapposizioni ideologiche funzionano meno e quelle nuove (tecnocrati contro popolo) per ora non convincono, mentre c'è fame di capire di che morte moriremo noi e tutta l'Europa. Una decina di giorni fa ho scritto un intervento per il Venerdì di Repubblica, che è uscito oggi. Lo ripubblico anche qui con qualche aggiornamento.
Il più lucido era stato Santoro, di cui su Twitter dieci giorni fa era uscito il seguente cinguettio: #Santoro "talk come calcio: momenti di noia, melina, poi all'improvviso si trova il centro. noi dobbiamo trovarlo presto". Sì ma quale centro? Purtroppo il format del futuro non può essere quello di Lerner, un nobile e ovattato dopoteatro per la buona borghesia milanese che ha assistito a un concerto della Scala. Siamo il paese del melodramma e della commedia, meglio ancora se le due cose vanno assieme (“shaken, not stirren”). Santoro lo sa bene perché ogni sua puntata è una perfetta macchina teatrale. Non c’è niente di male, è l’antica tradizione dell’oratoria civile. Però ci devono essere i buoni, l’interrogativo angoscioso e “o malamente”. Se al posto de “o malamente” ci sono una serie di problemi complessi e difficilmente districabili la tensione cala e ci si ritrova improvvisamente nel salotto di Lerner, con conseguente fuga delle tifoserie. Si potrebbe tentare lo schema vecchio ma anche nuovo “ecco il governo delle banche e della Trilateral che ci espropria della democrazia”, tema sicuramente pop dopo i provvedimenti di Monti. Oppure prendersela con l’euro brutto e cattivo. Ma si rischia di andare a braccetto (tipo convergenze parallele) con attacchi politici che arriveranno dal lato opposto della barricata. Quindi, che fare?
Uno dice: ma perché non è possibile augurarsi un Paese in cui al posto delle risse verbali e dei luoghi comuni ci sia un approfondimento reale dei problemi, per cui uno esca da due ore di televisione avendo capito qualcosa in più? Certo, così come sarebbero augurabili una scuola seria, cittadini educati e niente auto in doppia fila. Ma questi vent’anni ci hanno drogato ai toni forti della personalizzazione della politica. D’altronde, in quale altro Paese un talk politico fa stabilmente il 20 per cento di share?
Forse l’unica strada percorribile oggi per i talk politici è quella di riscoprire un racconto della società. Dare qualche chiave per capire. Formigli, inizialmente snobbato da molti, ha avuto il coraggio di andare per quella via ed è una scelta che gli sta pagando. E’ una cosa che viene meglio con i servizi filmati piuttosto che con il frusto schema “piazza in diretta contro ospite in studio”. Nel servizi filmati Santoro è maestro (ma anche nel programma di Formigli ne abbiamo visti di mica male). Ecco, con i servizi puoi anche manipolare ma comunque racconti in profondità.
Non vedo altra strada nell’immediato, visto che per i talk politici oggi c’è un drammatico problema di cast. Negli scorsi vent’anni il più bravo direttore casting della politica italiana è stato proprio Michele (nessuno ormai se lo ricorda, ma la Lega, La Russa e tanti altri li ha “inventati” lui come personaggi televisivi e quindi, politici). Adesso però, andando in onda sulle tv locali e su Sky Santoro non ha la stessa potenza di fuoco nell’imporre nuovi characters. Vespa non è in grado di produrli, questi nuovi protagonisti, la sua è una prestigiosa camera di compensazione dell’Ancient régime, ci arrivi perché rappresenti già qualcosa altrimenti non funzioni. Ma i servizi alla Report possono essere la panacea dei dolori d’ascolto di tutti i talk? Ho il sospetto che molti a mezza bocca sospirino pensando al Cavaliere. Quando c’era lui caro lei sì che tutti con sdegno democratico ci seguivano. Il problema è che il Cavaliere ci sta pensando, eccome.
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