mercoledì 14 dicembre 2011

Mediaset, il "target commerciale" e TvBlog

Marika Fruscio a "Uomini e donne"

A bilancio dei risultati d’ascolto della garanzia autunnale Mediaset ha rivendicato il fatto che, anche se non è arrivata prima sul totale degli ascoltatori, è comunque leader sul “target commerciale”. Esiste il “target commerciale”? Ha ragione TvBlog a parlare di “favola del target commerciale”? O ha ragione Mediaset a rilevarlo?
Poiché ogni discussione che si svolga nel nostro Paese non può prescindere dalla questione Berlusconi, proviamo a spostare il problema in un ipotetico paese normale.
In questo ipotetico paese normale, dove c’è un servizio pubblico e alcuni broadcaster privati, il servizio pubblico, finanziato da un canone (pagato da tutti), sottolinea tutti i giorni i propri risultati in termini di milioni di telespettatori, indifferenziati e considerati non come consumatori ma come cittadini. A cui in cambio del canone offrirà un servizio che sia utile al progresso della collettività. (E qui mi fermo sennò ci vorrebbe un megabyte di testo per approfondire).

C'è posta per te
I broadcaster commerciali invece cercheranno di convincere tutti i giorni i propri clienti, cioé le aziende che investono comprando spazi pubblicitari, che i loro soldi sono ben spesi: grazie ai suoi programmi il network offrirà ai propri clienti la platea interessata ai loro prodotti. Se pubblicizzo un’automobile vorrei parlare a qualcuno che abbia intenzione o possibilità di comperare un’automobile e così via. Fin qui ci siamo? Ok.
In questo “paese normale” ai broadcaster privati non interessa quanti milioni di telespettatori indifferenziati raccoglieranno, ma quale efficacia di bersaglio pubblicitario riusciranno a garantire ai propri clienti. Pare brutto? Non piace la pubblicità? C’è sempre la Corea del Nord come modello alternativo. Ma non mi sembra un’opportunità.
Prendiamo il caso degli Stati Uniti (poi parlare di paese normale in questo momento storico fa un po’ ridere ma visto che non possiamo fare esempi riferiti ad altre galassie accontentiamoci). Negli Usa i network quando pubblicizzano i dati d’ascolto considerano quasi unicamente quelle che chiamano le “key demographics”, che nel loro caso tranciano il pubblico già a 49 anni. Nel modello americano (che non gode in questo momento di una fantastica immagine) o fai i soldi da giovane o ti fotti. A 49 i giochi sono già fatti. Quindi il pubblico tradizionalmente da catturare è quello con un po’ di soldi e che sta sopra i 20 e sotto i 50. Poi sei finito.
Lost (Disney/ABC, 2004-2010)

Se volete capire la ragione reale per cui le serie tv americane sono tanto osannate dai critici di tutto il mondo la spiegazione è molto semplice: perché l’indicazione che hanno avuto da più di un decennio è quello di fregarsene altamente del pubblico anziano e più indifeso e di conquistare quel target centrale che altrimenti guarderebbe (a pagamento) l’HBO. Per cui mentre il cinema americano (che invece deve correre dietro al pubblico di ragazzini che comperano i videogiochi) è in gran parte una serie di spottoni per i videogiochi stessi, le tematiche più mature si ritrovano invece in quelli che una volta erano considerati i  “telefilm”.
(D’altronde anche la Rai degli anni ’50-’60 cos’era se non una televisione che si rivolgeva principalmente a un target in grado di parlare italiano e di comperarsi un televisore, quando mezza Italia non aveva ancora il bagno in casa? E’ così che ha costretto il resto del Paese a correrle dietro e imparare una lingua nazionale).
Le gemelle Kessler a Studio Uno (1965)
Parliamo adesso di un paese anormale: l’Italia di oggi. Che non è solo il paese di Berlusconi. E’ anche un paese per vecchi, dove uno su 5 ha più di 65 anni, un paese alla frutta che se si salverà sarà per merito della seconda generazione degli immigrati e non certo per i figli e nipoti dei rentier che campano perché i loro nonni gli hanno lasciato la casa in proprietà. In questo paese per vecchi i soldi da spendere non li hai a 30 anni (è già tanto se a 30 hai un lavoro) ma a 50. Quindi il “target commerciale” si sposta fino a poco prima dell’età della pensione (e a quella che era l’età della pensione prima della mannaia di Monti).
Quindi da questo punto di vista Mediaset ha tutto il diritto di “vendersi” i dati di quello che considera il suo “target commerciale” (primi tra i 15 e i 64 anni). Ma. Sì perché ovviamente ci sono non uno ma due “ma” grossi quanto una casa:
1) il target oggi non può essere definito solo in base a criteri demografici. Lo dicono in coro gli esperti di marketing. Non è solo un fatto di età, bisogna vedere chi sei, in che comunità sei inserito, in che rapporto con il mondo, con i consumi ecc. Diciamo che oggi il target è in qualche modo “culturale”. E comunque il target di Mediaset oggi non centra del tutto il target centrale per i pubblicitari: pubblico affluente (per quanto si possa essere affluenti oggi), medi e grandi centri, maschile e femminile, in grado di influenzare le abitudini di vita e di spesa di un’area più ampia della popolazione. 
Fiorello e Baudo a #ilpiùgrandespettacolodopoilweekend (2011)
Lo zoccolo del pubblico di Mediaset oggi è sicuramente più giovane di quello dei “telemorenti”: ma è una nicchiona, importantissima, abbastanza femminile, abbastanza giovane, talvolta estranea allo "spirito del tempo", non abbastanza centrale per essere un baricentro della vita economica, sociale e politica di questo Paese. Perché una parte importante di quello che era il suo target è stato eroso negli anni da Sky.

Luca Di Tolla e Erica Saraniti al Grande Fratello
2) In questo paese “anormale”, in cui il mercato è sempre stato un di cui di equilibri politici e  culturali più complessi, non basta essere bravi commercianti. Gira gira è –quasi- altrettanto importante conquistare una centralità nella vita del Pese stesso. Ciò che né la Mediaset di oggi né la presenza berlusconiana dentro al Rai è in grado di attuare: basta vedere la parabola di Minzolini, espulso come un corpo estraneo da un’azienda che ha sempre visto il suo principale telegiornale come un notiziario governativo quanto si vuole ma ecumenico, qualcosa che deve unire e non dividere (leggi Fiorello), qualcosa che comunque deve parlare a tutto il Paese e non solo ad una parte. Quindi ha ragione Mediaset quando parla di “target commerciale”? Quanto è più propinquo l'uomo a uno suo desiderio più lo desidera, e non lo avendo, maggiore dolore sente. (Machiavelli).
UPDATE: Sull'argomento interviene anche il sito di LINK riproponendo un interessante articolo di Domenico Ioppolo, che consiglio di leggere.

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