martedì 20 dicembre 2011

Facebook e il diritto all'oblìo

"Domani è un altro giorno" (Via col vento). Sicuri?

Quando vivevamo nella Galassia Gutenberg una delle battute più ovvie era “i giornali il giorno dopo servono per incartare il pesce”. Come dire: quello che è stato scritto oggi domani sarà dimenticato. Poi è arrivata la televisione, e anche lì valeva la regola “tanto domani se lo dimenticano”. Poi sono arrivati i videoregistratori, ma era roba per maniaci o per l’Eco della stampa. Poi è arrivata Internet, con quei server che non buttano mai via niente, ma uno deve avere la pazienza di consultare tutta la ricerca di Google. Poi Youtube, ch ti incatena a vita a qualche apparizione tv più o meno imbarazzante. Adesso è arrivata Timeline (Il tuo diario) di Zuck e soci.  In pratica, da quello che ho capito, fra tre giorni tutte le bacheche di fb saranno trasformate manu militari dai server in una specie di MySpace in cui tutta la storia facebookara di ognuno sarà a disposizione.
Personalmente tutta la questione della privacy, vissuta in modo un po’ isterico dalla cultura politically correct, mi ha sempre annoiato (tanto quando le istituzioni vogliono veramente sapere una cosa se ne sbattono delle regolette e dei garanti vari). Ma qui la questione è un po’ diversa: è quella che si chiama del “diritto all’oblìo”.  Se io considero pubbliche le cose che dico e faccio in questo momento, non significa che mi faccia piacere che ognuno abbia l’istantanea possibilità di scorrere tutta la mia linea temporale. (E qui non parlo di un personaggio pubblico ma di noi privati cittadini). L’animale che siamo è settato per ricordare ma anche per dimenticare, ricordare troppo non fa bene e non fa vivere bene. Diranno Zuck e soci: anche con Timeline potrete decidere da soli cosa va ricordato e cosa no, cosa deve rimanere e cosa no. D’accordo ma qui è come la storia delle clausole scritte in piccolo dagli assicuratori: come ha scritto oggi David John Walker su Social Barrel “il fatto che Facebook cambi continuamente le sue politiche di privacy crea confusione nell’esperienza dell’utilizzatore ogniqualvolta viene lanciata una nuova feature” . In altre parole: non è che uno può perdere le giornate a controllare cos’era pubblico e cosa no, quali fossero messaggi privati e quali statement fossero pubblici, chi può leggere cosa ecc. Alla fine mandi tutti in mona e te ne freghi.  Quindi, nei fatti, mentre i giornali il giorno dopo servivano per incartare il pesce, facebook dell’anno dopo incarta te. Basta saperlo. (E comunque: cosa cavolo metterò nella copertina del mio Diario?).
UPDATE (9/1/2012): Elisabetta Curzel mi segnala questo articolo, appena uscito su New Scientist, che vi consiglio.

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