martedì 27 dicembre 2011

Perché non possiamo non dirci fan di Ben 10


Gli alieni di Ben 10.

Visto che nel mondo multipiattaforma “content is the king”, parliamo di Ben 10. Se avete più di 12 anni e sapete chi è Ben 10 (e l’importanza che ha oggi nel mondo) i casi sono due: o avete figli (maschi) o avete qualche nipote. Avendo un figlio che va per i 5 anni so tutto di Ben Tennyson, del nonno Max, di Kevin Levin e della cugina Gwen, e so anche distinguere tra Fango Fiammante e Ultra Fango Fiammante. Ben 10 (con spin-off e crossover vari) è la franchise di maggior successo in questo momento a livello mondiale (con un colossale fatturato in merchandising) ed è la manna dal cielo per Cartooon Network, di proprietà Turner/TimeWarner. In Italia è anche la vera hit di Boing, e lo sta programmando anche Italia Uno. Il game show ispirato a Ben 10 è già in onda in 8 paesi, Italia compresa, Bandai e giocattolai vari ci campano ecc.
Ben 10 decenne (2005) e Ben 10 versione quindicenne (2008)
Ho provato a guardarci dentro. Non foss’altro perché mio figlio mi chiede in continuazione di inventargli storie nuove di Ben 10, il che si presentava come un esercizio di fronte al quale il Premio Solinas è una passeggiata. La cosa strana è che ho scoperto quasi subito che mi veniva facile inventare nuove storie di Ben 10 (distinguendo tra il Ben 10 decenne, quello quindicenne di Alien Force e di Ultimate Alien, e sapendo riconoscere, alla bisogna, Ben 10.000, Ben TenThousand, il suo barbuto alter-ego che viene dal futuro).
Per i non addetti ai lavori (o alle storie): Ben Tennyson è un normale ragazzino di 10 anni (e nelle serie successive, di 15) che durante una vacanza con il nonno Max ottiene un orologio speciale (l’Omnitrix, che poi diventerà Ultimatrix, felicità dei giocattolai di tutto il mondo) grazie al quale riesce a trasformarsi istantaneamente in una serie di mostruosi alieni (a loro modo, buoni). Se ne servirà, naturalmente, per combattere gli alieni cattivi. Ritrasformato in teen, Ben ha tutti i problemi (compresa una insopportabile arroganza) tipici dei suoi coetanei di oggi. E forse anche di ieri.
Dopo qualche lettura più approfondita ho capito perché mi veniva facile entrare nei suoi meccanismi narrativi (che non sono neanche tanto banali):  Ben 10 è figlio diretto dei comic-books degli anni Settanta.
Joe Casey  (uno dei quattro del gruppo Man of Action, che hanno sviluppato il personaggio e il concept della serie per CN) ha lavorato vari anni per la Marvel, ha scritto sceneggiature per Superman, X Men, Avengers, Fantastic Four, Flash ecc. Joe Kelly, l’altro socio del gruppo, ha fatto anche lui la gavetta alla Marvel e poi è passato alla DC Comics (quella di Superman) ed è un figlio dello Stan-hattan Project, il corso per sceneggiatori di comics messo su quindici anni fa dalla NYU (in omaggio a Stan Lee, il mitico inventore di Spiderman, Hulk, Thor ecc.).
Casey poi è uno che, pur pieno di soldi grazie ai diritti di Ben 10, contina a inventare fumetti acclamati dalla critica e pochissimo dal pubblico (e ha scritto Automatic Kafka, disegnato da Ashley Wood, nel 2002). Se il giro è questo, è l’ennesima conferma che i comic books, spazzati via dalla televisione (e rinati come graphic novel, per una nicchia che regge da vent’anni) continuano a costituire la riserva creativa di Hollywood e della tv.
Il DNA è quello, il linguaggio è frutto della contaminazione con gli Anime e i Manga. Curiosa nemesi. Il mondo dei supereroi è l’unica koiné semi-generalista che riesce ancora a tenere assieme le famiglie. Sì, lascerò che mio figlio continui a guardare Ben 10. Sempre meglio dei Fantagenitori.

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