Il primo numero di Linus. |
Volevo scrivere un post sul fatto che Mark Thompson, direttore generale
uscente della BBC, sia stato
nominato direttore generale del New York
Times. In pratica, l’opposto di quello che succede di solito dalle nostre
parti. Nel mondo anglosassone si ritiene che l’esperienza acquisita nella
gestione di un grande broadcaster pubblico e generalista sia fondamentale per
trovare nuove strade al publishing nell’era di internet. Poi però ho pensato
che oggi è il giorno dopo Ferragosto,
che avete sicuramente mangiato troppi dolci e non avete voglia di impegnarvi. E
così, ecco un’altra madeleine:
stavolta è situata nella notte dei tempi, gli anni sessanta del secolo scorso.
Madeleine. Se mi chiedete su cosa mi sono formato
(domanda che potrebbe agevolmente rientrare nel campo d'interessi del Grande
Capo Estiqaatsi) vi risponderò che mi sono formato sulla rivista Linus. Non sul primo numero, che ho
recuperato in seguito, né sul secondo. Linus
costava all'epoca 300 lire e la mia
paghetta, anche sommando nonni agiati e nonni meno agiati, si aggirava sulle
500: per ragioni di budget il capitolo di spesa sarebbe stato incongruo, considerando
nella spending review l'alto prezzo di
Il primo supplemento di Linus. |
un Camillino Eldorado. Il mio primo
acquisto fu un supplemento, uscito a novembre, e dedicato a un grandissimo
comic inglese di fantascienza, Jeff
Hawke. Il supplemento costava 150 lire ed era più abbordabile. Jeff Hawke è
un grandissimo novel di anticipazione, intelligente e pieno di humour
britannico. Secondo me, è da lì
che George Lucas rubò simpaticamente l'idea del bar di Star Wars. La storia si
chiamava Jeff Hawke contro Il Dominatore,
ed era ovviamente un capolavoro. Il villain,
protagonista assoluto della storia, era il mariuolo intergalattico Chalcedon. E tu stavi naturalmente
dalla sua parte.
Prima e dopo la storia di Sydney Jordan c’erano alcune
tavole domenicali di Charlie Brown e
di The Wizard of Oz, anch'essi dei
capolavori. Ecco, Linus pubblicava
solo capolavori. Fu amore a prima vista e anche se facendo la quinta elementare
capivo una parola su due, Linus fu il
mio romanzo di formazione.
Linus era
una sciccheria, era la quintessenza dell'intellighenzia
milanese di quegli anni. Lo avevano fondato i coniugi Gandini, titolari della
meravigliosa libreria in via Verdi, la Milano Libri. A dar loro manforte c'era il
notaio Cavallone, che si prese
l'impegno di tradurre le strisce di Schulz e coniò, per tradurre l'intraducibile
marshmallow, il neologismo toffolette. C’era anche l'elegante
illustratore Guido Crepax, che
avrebbe creato la saga di Valentina. E
poi c'era, ovviamente, Oreste del Buono,
che più tardi ne divenne direttore. Che bella Milano era quella di Linus.
Quanta cultura viva, quanta sprovincializzazione rispetto alla stampa
dell'epoca. Basta leggere il dibattito che aprì il primo numero: con Umberto Eco e Elio Vittorini a discutere di fumetti con odb (Oreste Del Buono, naturalmente). D’altronde era una Milano
straordinariamente viva e pulsante. Sono stato fortunato a trovare Linus sulla mia strada.
Tra le lettere dei lettori pubblicate da Linus (metà delle quali erano
meravigliosamente false) ne ho trovata una di uno studente di Roma. Si chiamava
Renato Nicolini. E qui,
naturalmente, il cerchio si chiude.
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