Il promo dedicato alla giuria di X Factor (Sky, agosto 2012). |
Il primo lavoro che ho fatto in televisione è stato quello del promoter. Lavoro molto istruttivo (devi essere un po' copy, un po' regista, un po' grafico, un po' produttore ecc.). Ai tempi nessuno sapeva neanche cosa fosse un promoter e cosa fossero
i promo (cioé i filmati autopromozionali). Alla Rai li chiamavano “gli spot” e
li facevano ritagliando una sequenza di un film o chiedendo al conduttore di
presentare il suo programma in modo cortese e accogliente. Quando arrivai a
Retequattro, che all’epoca era di proprietà della famiglia Mondadori-Formenton,
scoprii un mondo completamente diverso. La Mondadori aveva avviato una
collaborazione con l’americana ABC. Arrivò un vecchio producer americano e ci
spiegò che c’erano delle regole di comunicazione per fare dei buoni promo,
anzi, come la chiamava lui, un’efficace on-air
promotion. Ci lasciò un libro, una specie di vademecum introvabile in Italia, che riproducemmo
clandestinamente come un samizdat e mandammo a memoria. Ci
inventammo anche un pay-off: “naturalmente su Retequattro”. I mezzi di
Retequattro però erano molto limitati: quando ci arrivò il vhs con una copia
della presentazione dei programmi dell’autunno della ABC ci venne quasi un
capogiro. Alla Fininvest invece avevano mezzi molto più sofisticati, c’erano lo
squeezoom e Valerio Lazarov (ci vorrebbero una dozzina di post solo per
spiegare i due concetti), quella che spesso mancava era la voglia di andare
oltre l’imbonimento (che è sempre stata l’idea che della pubblicità aveva ed ha
tuttora, credo, il fondatore: la comunicazione come fatto più quantitativo che
qualitativo).
Di acqua sotto i ponti ne è passata molta, da allora. Ma io
continuo a pensare che la salute e la modernità di una televisione (o se
volete, di un broadcaster) si misurino molto dallo sforzo che impiega nei promo
e nell’impaginazione di rete. E nella creatività che ci mette. Quando ho visto
(incuriosito da uno scambio di tweet tra Scrosati e Gori) il promo per la nuova
edizione di X Factor, mi sono detto: beh, hanno una marcia in più. Non
significa magari niente sull’immediato, ma sicuramente frutterà loro per il
futuro. Come i promo della 7, sono più avanti degli altri. E ci mettono sopra anche
più soldi. Insomma, distinguono tra investimento per il programma e investimento
per la promozione, il che è fondamentale se vuoi imporre un brand. Sì, lo so che c’è gente
bravissima che lavora ai promo in Rai e a Mediaset. Ma quanto sono ascoltati
dai piani alti? I promo oggi sono più importanti di ieri, perché se sono belli
prendono la strada virale e vengono rimbalzati per tutto il web. Dare importanza
ai promo significa dare importanza all’aspetto specificamente televisivo del
tuo lavoro di broadcaster. In qualche modo, significa anche avere un’idea
precisa di quello che è la tua televisione. Il che, di questi tempi, non è poco.
E non è da tutti.
C'è solo una controindicazione ai promo perfetti: talvolta sono così accattivanti che poi fanno sembrare il prodotto "reale" deludente. Capita abbastanza spesso, soprattutto con i film: il trailer è ben ritmato, divertente, lascia intuire chissà che... e poi al confronto il film sembra sciapo e piatto, comunque al di sotto delle aspettative. Mi rendo conto che d'altra parte non si può che fare così. Attentissimo ai promo, ai tempi d'oro, è sempre stato Freccero, sia per i promo in sè e sia per l'idea di presentarli in sequenza, una specie di "programmino" che non mi sembra di avere più rivisto.
RispondiElimina