mercoledì 2 maggio 2012

The Hobbit, il cinema e l'effetto soap opera


Peter Jackson durante le riprese di The Hobbit.
La cosa più interessante della settimana cinematografica non sono stati i rumors sui film di Cannes (vedremo come sarà Reality, me ne dicono molto bene, chissà). La notizia (almeno per me) più stimolante viene dagli Stati Uniti: si tratta delle polemiche sul nuovo film di Peter Jackson, The Hobbit, girato a 48 fotogrammi al secondo, una scansione raddoppiata rispetto al solito. Il coro generale è il seguente: "effetto soap opera". Quello che gli americani chiamano soap opera effect è in pratica l'effetto "povero" dato da una ripresa troppo fluida, com'è quella tradizionalmente televisiva, fatta di 50 campi al secondo (in America sono addirittura 60, in omaggio alla frequenza elettrica di 60hz) rispetto al maestoso incedere dei 24 fotogrammi del cinema.
Il set di The Hobbit.
Di che diavolo sto parlando? Sto parlando dell'effetto spiacevole e indefinibile che proviamo quando rivediamo la scena che abbiamo amato in un film, ripresa però di sguincio dalla telecamera che ha girato il dietro le quinte. Tutto diventa banale, come dire? troppo vero per essere cinema. D'altronde questo è sempre stato il problema della tv dai tempi degli sceneggiati degli anni cinquanta e sessanta. Ho visto un pezzo di Roma città aperta su un televisore con l'interpolazione a 100 hz e sembrava una fiction di Chi l'ha visto. Un frame-rate raddoppiato rispetto al normale può essere utile in alcune situazioni ma per il resto, mah, forse non ci siamo abituati. Come dicono quelli di Studio Daily "c'è qualcosa di confortante e di larger-than-life nell'effetto scattoso dei film tradizionali a 24 fotogrammi". Non è estremamente realistico ma non è questo il punto, anzi. Al cinema, così come agli attori che lo interpretano, chiediamo di essere più affascinanti della realtà di ogni giorno, anche quando vogliono rappresentarla.
Anche nell'alta definizione non cerchiamo qualcosa che sia più vero, ma una storia più grande. Non a caso tutti i filmmaker indie e i videomaker cercano camere e ottiche con scarsa profondità di campo. Vogliamo qualcuno che ci racconti una bella storia, non qualcuno che ci faccia una lastra.

1 commento: