lunedì 9 aprile 2012

Mike Wallace e la lezione dei grandi vecchi


Mike Wallace e Harry Reasoner (1968)
L’altro ieri è morto Mike Wallace, l’ultimo dei grandi vecchi del giornalismo televisivo americano. Wallace era l’anima di 60 Minutes, che è da 44 anni il portabandiera dell’inchiesta televisiva “hard” alla tv americana.  Trasmesso dalla CBS (la più newyorchese e liberal delle tre network storiche), sulla scia della lezione giornalistica di Edward Murrow, 60 minutes è sempre stato un programma di successo: vinceva quasi sempre la serata rispetto alla concorrenza, un segno di solidità e di credibilità conquistata sul campo. Del news magazine alla Time o Newsweek 60 Minutes aveva mutuato anche lo stile di presentazione. In giornalista che firmava il “pezzo” lo lanciava avendo dietro di sè, in chromakey, l’immaginaria copertina del servizio stesso, come se avessimo aperto una pagina di un settimanale. E i contenuti? Peli sulla lingua, zero. Come disse una volta Mike Wallace “facciamo le domande che vorreste fare voi”.
A cosa assomiglia 60 Minutes? Direi al primo Tv7. Che iniziò molto prima, nel 1963, e fu il fiore all’occhiello della gestione Bernabei della Rai. Il primo segno del centro-sinistra in tv. Tanto il Tg1 era stretto nelle maglie di un’informazione istituzionalmente reticente e governativa, quanto il suo settimanale si prendeva libertà importanti, non senza conseguenze politiche: per il giornalista che aveva firmato il pezzo (uno per tutti Sergio Zavoli per la sua storica inchiesta sul Codice Rocco), e per il responsabile ultimo del programma (Fabiano Fabiani si dimise da direttore del Telegiornale dopo un durissimo servizio di Furio Colombo sulla guerra nel Vietnam).
Il logo attuale di 60 Minutes (CBS)
60 Minutes, come Tv7, non era un talk show. Niente chiacchiere in studio tra i soliti noti. Quelle di 60 Minutes e di Tv7 erano vere inchieste giornalistiche, girate benissimo (in pellicola), e montate con asciutto pathos televisivo. Erano televisione, appunto, non radio. Diciamo che erano prodotti fuori dalla portata del raccomandato medio. Assomigliavano molto più al lavoro di Milena Gabanelli che a quello di Augusto Minzolini (parlandone da direttore).
Sì, Tv7 era nato prima di 60 Minutes. E giornalisti come Sergio Zavoli, Andrea Barbato, Gianni Bisiach. Furio Colombo, Beppe Fiori, Arrigo Levi, Piero Angela, Piero Pratesi, Ennio Mastrostefano, Emilio Ravel e molti altri avrebbero potuto agevolmente condurre 60 Minutes come qui fecero con Tv7.
Mike Wallace pagò anche lui duramente, per un servizio sull’esercito americano che per poco non gli costò la carriera e che lo gettò per anni in una profonda depressione. Chi ripete l’antico detto sul mestiere del giornalista (“sempre meglio che lavorare”) evidentemente non ha mai conosciuto Mike Wallace, o Andrea Barbato, o tanti altri che la Rai, ogni tanto, dovrebbe ricordare.
[Ho saputo adesso che è morta Miriam Mafai, un'altra bruttissima notizia.]

La sigla di TV7 (1963). La musica è Intermission Riff di Stan Kenton. Niente conduttore, niente studio, solo grafica. Una lezione di stile che andrebbe rimeditata.

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