Mike Wallace e Harry Reasoner (1968) |
L’altro ieri è morto Mike
Wallace, l’ultimo dei grandi vecchi del giornalismo televisivo americano.
Wallace era l’anima di 60 Minutes,
che è da 44 anni il portabandiera
dell’inchiesta televisiva “hard” alla tv americana. Trasmesso dalla CBS (la più newyorchese e liberal delle tre
network storiche), sulla scia della lezione giornalistica di Edward Murrow, 60 minutes è sempre stato un
programma di successo: vinceva quasi sempre la serata rispetto alla concorrenza, un
segno di solidità e di credibilità conquistata sul campo. Del news magazine
alla Time o Newsweek 60 Minutes aveva
mutuato anche lo stile di presentazione. In giornalista che firmava il “pezzo”
lo lanciava avendo dietro di sè, in chromakey, l’immaginaria copertina del
servizio stesso, come se avessimo aperto una pagina di un settimanale. E i
contenuti? Peli sulla lingua, zero. Come disse una volta Mike Wallace “facciamo
le domande che vorreste fare voi”.
A cosa assomiglia 60
Minutes? Direi al primo Tv7. Che
iniziò molto prima, nel 1963, e fu il fiore all’occhiello della gestione
Bernabei della Rai. Il primo segno del centro-sinistra in tv. Tanto il Tg1 era
stretto nelle maglie di un’informazione istituzionalmente reticente e governativa,
quanto il suo settimanale si prendeva libertà importanti, non senza conseguenze
politiche: per il giornalista che aveva firmato il pezzo (uno per tutti Sergio
Zavoli per la sua storica inchiesta sul Codice Rocco), e per il responsabile
ultimo del programma (Fabiano Fabiani si dimise da direttore del Telegiornale
dopo un durissimo servizio di Furio Colombo sulla guerra nel Vietnam).
Il logo attuale di 60 Minutes (CBS) |
Sì, Tv7 era nato
prima di 60 Minutes. E giornalisti
come Sergio Zavoli, Andrea Barbato, Gianni Bisiach. Furio Colombo, Beppe Fiori,
Arrigo Levi, Piero Angela, Piero Pratesi, Ennio Mastrostefano, Emilio Ravel e molti altri avrebbero potuto agevolmente condurre 60
Minutes come qui fecero con Tv7.
Mike Wallace pagò anche lui duramente, per un servizio
sull’esercito americano che per poco non gli costò la carriera e che lo gettò
per anni in una profonda depressione. Chi ripete l’antico detto sul mestiere
del giornalista (“sempre meglio che lavorare”) evidentemente non ha mai
conosciuto Mike Wallace, o Andrea Barbato, o tanti altri che la Rai, ogni
tanto, dovrebbe ricordare.
[Ho saputo adesso che è morta Miriam Mafai, un'altra bruttissima notizia.]
[Ho saputo adesso che è morta Miriam Mafai, un'altra bruttissima notizia.]
La sigla di TV7 (1963). La musica è Intermission Riff di Stan Kenton. Niente conduttore, niente studio, solo grafica. Una lezione di stile che andrebbe rimeditata.
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