martedì 24 aprile 2012

A parte gli Scherzi


Luca e Paolo a Scherzi a parte.

Fatma Ruffini è una produttrice di grande esperienza. L'intrattenimento Fininvest degli anni ’80 e ’90, nel bene e nel male, è in buona parte farina del suo sacco, così come la customizzazione di molti format internazionali, prima che società come Endemol le gestissero direttamente a livello planetario. Scherzi a parte è un format in gran parte suo, per lo meno a livello industriale.
La tv di Fatma Ruffini ha avuto sempre il suo punto di forza nell’essere totalmente indifferente al giudizio delle élites, di cui non si è mai curata. Come direbbe Mark Twain, è sempre andata “a caccia di una selvaggina più grossa: le masse”.  Ma tutto si logora, come si è logorato il modello anni 90 di Canale 5 (ancora forte nel target commerciale, dal quale però sono fuggite verso il satellite e il web le punte forse più interessanti dal punto di vista degli inserzionisti, così come l’alea mediatica, che pure conta).
Non so se sia venuta a lei o ai capi di Cologno l’idea di mettere assieme Luca e Paolo con il format di Scherzi a parte. Sulla carta tutto si sarebbe potuto risolvere in una colossale implosione, un flop come piace dire ai giornali. Invece l’operazione sta comunque tenendo (18-20% di share vuol dire attestarsi sopra la media di rete, in una giornata in cui Rai 1 spara le fiction, cioé la sua carta migliore sul pubblico anziano).
Fatma Ruffini.
E’ chiaro che Luca e Paolo si rivolgono al pubblico delle Iene (peraltro un pubblico super appetibile, come vi confermerebbe qualunque venditore di Publitalia), magari con qualche strizzatina d’occhio verso quel pubblico Rai in versione alta (leggi: Raitre) oggi istituzionalmente diffidente all’offerta mediaset (come si vede anche dalle difficoltà di Fabio Volo ad essere “accettato in società” sulla rete che fu della Dandini). Mentre lo spettatore tipo di Scherzi a parte corrisponde allo zoccolo duro della tv berlusconiana, detesta le “doppie letture”, ritiene che le avventure del “Cavaliere Mascarato” narrate da Ricci e dai suoi su Striscia la notizia siano al massimo un episodio di insider trading su cui si può chiudere un occhio. E’ un pubblico che vuole scherzi, scherzi, scherzi. Il problema è che quel pubblico non basta più a Canale 5 per risalire come un salmone le rapide della tv post internet e multipiattaforma.
D’altra parte quella tv era una tv molto costosa. Una serie di scherzi ben congegnati a veri vip ignari di tutto costano molto, sia in termini produttivi che di compenso “postumo” a favore delle vittime degli scherzi. E con questi chiari di luna molto significa troppo. Per cui tra scherzo vero e scherzo “sintetico” c’è ormai una gamma infinita di combinazioni, che vanno dallo scherzo in cui il vip mangia la foglia subito e interrompe la registrazione (e allora va convinto a suon di danari), a quello in cui, se il protagonista è un famosillo -come dicono in Spagna- accetterà di buon grado le vessazioni fingendo stupefazione e incazzature posticce anche se non è stato avvertito in anticipo dell’assalto a camere nascoste. In ogni caso, difficile mantenere per tanti scherzi a puntata il livello (oneroso) di quelli di dieci anni orsono. Costa meno il varietà. Anche se autoironico e borderline. Ecco allora che la strada della difficile convivenza tra due tipi di televisione (quella di Fatma Ruffini e quella, più ambiziosa verso le élites, di Luca e Paolo) risulta un impasto obbligato.  Che non ha ancora trovato, però, un completo amalgama. Perché la chiave di lettura la dà il palinsesto nel suo complesso.

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