mercoledì 15 febbraio 2012

Sanremo, Celentano e l'effetto ammuina


Al discorso di Celentano mancavano solo il governo delle banche e la sparizione delle mezze stagioni, ma Adriano potrebbe essersi conservato questi topic per le prossime apparizioni (a meno che la task force planata da Viale Mazzini e capitanata da Antonio Marano non abbia effetti imprevedibili sul Molleggiato).
La verità è quella spiegata lucidamente all'inizio (forse con qualche minchia di troppo) da Luca e Paolo: con la fine dell'effetto Berlusconi non si può più far passare qualsiasi fregnaccia populista-antimoderna-noTav-noPreti-e-perfino-noGrasso per un contributo allo "scuotimento dell'albero" del Cav, e quindi cosa buona e giusta.
E i teatrini parrocchiali a cui Celentano, grandissimo interprete della canzone popolare italiana ma anche Pasolini dei poveri, ci aveva da tempo abituato rischiano di apparire per quello che sono: non uno strappo rivoluzionario al lessico televisivo ma una goffa rifrittura passatista di temi e linguaggi, affastellati e tenuti assieme da un luogocomunismo sostanzialmente afono.
La domanda è: si era scelto di puntare su un festival-evento? In cui la musica, come l’intendance, suivra? Sul facìte ammuina?
L'ammuina era lo schema tattico che nell’annedotica ottocentesca veniva attribuito al Regolamento della Real Marina borbonica. In caso di minaccia, per salvare la pelle fare casino:

All'ordine Facite Ammuina: tutti chilli che stanno a prora vann' a poppa
e chilli che stann' a poppa vann' a prora:
(...) chi nun tene nient' a ffà, s' aremeni a 'cca e a 'lla. 


Il risultato immediato di questa tattica può anche essere (nella fame di eventi generalisti provocata dalla crisi) una significativa lievitazione dell'ascolto. E così è stato per la prima serata di Sanremo 2012. E diciamo pure che la giustificazione di questa scelta può essere nella penuria di risorse che ha portato alla virtuale sparizione degli ospiti stranieri e a una serie di clamorosi incidenti tecnici. In quel quadro l'effetto bordello potrebbe essere una brillante via d'uscita tattica. Evidentemente lo è stata. Ma l'effetto sul medio periodo è la distruzione del festival come gara di canzoni e di interpreti. Venti minuti di Luca e Paolo (bravi), poi qualche canzone (ma senza alcuna star femminile a condurre); poi un incidente tecnico; poi un’ora di Celentano; poi altre canzoni senza gara; poi la coppia femminile dell’anno scorso, poi poi poi. E’ un Sanremo slapstick con un po’ di hellzapoppin’. Ma con la poetica delle torte in faccia c’è sempre il rischio che qualcuno concluda: l'operazione è riuscita, il paziente è morto.

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