venerdì 24 febbraio 2012

Mucchetti, Mediaset e il cavallo triste

Federica Panicucci a Domenica Cinque
Dopo l'editoriale di ieri sul Corriere della sera possiamo stabilire con discreta approssimazione che Massimo Mucchetti non è l'uomo più amato a Viale Mazzini, ma senza troppo azzardo possiamo supporre che non sia diventato il personaggio più popolare a Cologno Monzese.
Dalle parti di Cascina Gobba la temperatura delle gonadi dev'essere schizzata a livello di fusione del nocciolo, soprattutto quando Mucchetti ha evocato una flessione della raccolta di Publitalia attorno al 10% e il possibile arrivo di un manager esterno alla famiglia. Con chi ce l'avesse non è così difficile da capire, e non era il Cav, che Mucchetti descrive “costretto” ad occuparsi di nuovo della sua azienda. La risposta è arrivata a stretto giro d'etere, con un servizio flamboyant del Tg5 il cui tema era nientemeno che il sorpasso di vendite di Repubblica nei confronti, guarda un po', del Corriere. Se a Cologno arrivano a citare un successo dell'arcinemico De Benedetti, l'avviso ai navigati, come direbbe D'Agostino, non potrebbe essere più chiaro.
Il palazzo del Corriere 
Ma l'editoriale di Mucchetti (con qualche dettaglio trascurato, i tagli alla fiction li ha fatti la Rai ma ancor più, in proporzione, li ha fatti proprio Mediaset, che sta tosando a più non posso tutti i palinsesti, checché ne dica Mediobanca) ci rammenta, come si dice in questi casi, un problema reale: i soldi non ci sono. E quanto ancora possano tagliare Rai e Mediaset prima di entrare nella carne viva è difficile stabilirlo. Certo, Rai ha il doppio di dipendenti e tanti dirigenti. Ma Mediaset?
Incredibile ma vero, forse l'unica strada- puntando a un secondo semestre 2013 in cui forse si vedranno le prime luci non dico di una ripresina, ma almeno il superamento del fondo della recessione - potrebbe essere proprio quello di investire. In innovazione, certo. Con modelli produttivi più agili e meno costosi, certo. Con un'apertura editoriale che faccia entrare nei palinsesti di Cologno un po' dell'Italia di oggi e si scrolli di dosso un po' di anni ottanta, anche. Senza cercare di imitare modelli Rai ma sviluppandone di propri, soprattutto. E senza puntare tutto su una Rai in umido, perché non credo proprio che Monti possa consentirsi un servizio pubblico con i libri in tribunale. Tanto per dire:
intercettare con un'offerta rinnovata quella disponibilità alla tv generalista fatta balenare più occasioni  dal pubblico, nella situazione anche psicologica provocata dalla crisi economica, potrebbe anche essere la mossa del cavallo, un azzardo forse ma una carta per il futuro per la tv commerciale. Certo, sarebbe una rivoluzione. D'altronde, come dicono gli scacchisti, "A knight on the rim is grim", un cavallo al bordo della scacchiera è triste. E non va da nessuna parte.

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